Non sono sola.

Nei miei stessi panni ci sono milioni di donne e di uomini che non riescono ad accettare questa piaga. Il punto non è neanche più la prova costume, ma la continua ricerca dell’accettabilità sociale ovvero, un peso decente, un aspetto gradevole, uno status rispettabile.

Così alla fine ho deciso di denunciare questo flagello dopo che una mia conoscente è morta di Zumba.
Avevo scambiato questa disciplina estrema per una pericolosa malattia tropicale, invece è solo un supplizio molto in voga che propone ai propri adepti la combustione di circa diciottomila calorie l’ora attraverso un mix di danze e movimenti letali.

Vi scongiuro, se amate la fantascienza, fatevi un giretto su Goop, il blog di Gwyneth Paltrow. Gwyn pesa 40 chili al netto del perizoma in cotone organico e mangia bacche, semi e sussurri di soia. Inoltre, dopo aver spacciato candele all’aroma del sua patata sacra, si consacra alla taglia 36 per i duecento anni che le restano da vivere in purezza.

Adesso mi spiegate come potrebbe essere emulata da una comune casalinga in odore di anzianità che a fatica entra in un penoso costume intero con illusioni ottiche nella vana speranza di essere semplicemente ignorata?

Vengo quindi a stigmatizzare l’orribile dicotomia: come potete, o gestori dell’era moderna, produrre tali incongruenze?

Perché obbligate le masse a nutrirsi di ignominiosi agglomerati di grassi idrogenati e a spalmarsi improponibili creme da discount per pelli da cinghialesse?
E perché contingentate cibi biologici e creme al siero di diamante grezzo rendendole non disponibili ai diversamente abbienti. 

Beh, decidetevi.
Se sono una casalinga costretta alle Olimpiadi del dindarolo perché il piatto piange anche a causa di casse integrazioni non pervenute o sopraggiunte difficoltà, quando poi mi spoglio, ammesso che possa beneficiare di una sacra settimana in un qualsiasi litorale sovraffollato della benedetta penisola, mi fate l’applauso. 

Esigo una Ola per le mie chiappe defunte e per le stimmate da depilazione farlocca. Pretendo che si renda il doveroso omaggio anche alle mie zampone bianche griffate da cellulite doverosa.

Provo a spiegarmi in lingua universale: ho una tale sovrabbondanza di spaccamenti di palle che non voglio più chiedere scusa a nessuno se risulto poco adeguata ai chioschetti da spiaggia o se, in luogo di un utopico addome a tartaruga, esibisco un bauletto ammaccato da motorino.

Siccome però non voglio lamentarmi senza proporre io stessa una soluzione, eccovi la mia idea: dividiamoci ufficialmente in caste. 

Da una parte i dannati dello Zumba, gli alfieri dell’integratore proteico, gli sbandieratori del culo tosto.

Dall’altra, i precari della carbonara, i desperados del Somatoline, i Paria della coscia moscia.

Semplicemente, ci ignoreremo e rispetteremo a vicenda.
Frequenteremo anche posti diversi.
Anzi, sapete che vi dico?
Con grande slancio democratico da parte di noi inferiori, ci ritroveremo magari negli stessi luoghi, ma ben consci e ossequiosi delle rispettive, orribili differenze.

Condividi: