La vita emozionale degli animali rimane un argomento centrale nelle scienze evoluzionistiche, lo dimostra il fatto che fu proprio Charles Darwin a introdurne il significato comparativo attraverso un saggio che può essere considerato antesignano dell’etologia. Mi riferisco al celebre L’espressione delle emozioni nell’uomo e negli animali, pubblicato nel 1872.

Il naturalista inglese si rese immediatamente conto che anche il comportamento si prestava alla comparazione, esattamente come la conformazione del corpo. In particolare, quando un animale era preso dalla rabbia o dalla paura, si potevano individuare delle sovrapposizioni espressive, come: l’innalzamento del pelo in determinate zone del mantello, le espressioni facciali, le posture. Tali manifestazioni erano significativamente simili soprattutto tra i mammiferi, dimostrando la presenza di progenitori comuni.

Darwin, peraltro, fu il primo a porre in rilievo l’importanza comunicativa delle emozioni, il fatto cioè che l’espressione della condizione psicologica dell’individuo avesse anche un significato sociale, sia nel confronto tra individui sia come onda osmotica in grado d’influenzare l’intero gruppo. Si pensi al caso della reazione di paura che, sorta in un individuo, ha un effetto di contagio.

Gli animali e le emozioni

Il fatto che anche gli animali provassero emozioni e non fossero quelle macchine insensibili rette esclusivamente da automatismi, come voleva il filosofo francese René Descartes, trovò proprio in Konrad Lorenz un convinto assertore. Lo scienziato austriaco, infatti, descrisse la condizione di profonda tristezza di un’oca alla morte di un compagno e non esitò a illustrare in modo dettagliato, com’era il suo stile, le reazioni emotive riscontrate.

Oggi sappiamo che le emozioni sono stati psicologici con basi ben precise all’interno del sistema nervoso centrale e che si sono evolute perché funzionali alla sopravvivenza dell’individuo. Innanzitutto, le emozioni presiedono a risposte fisiologiche e comportamentali atte a mettere il corpo nella migliore condizione per affrontare una certa tipologia di situazione. La paura, per esempio, attiva il sistema di allerta, concentrando tutta l’attenzione su eventuali pericoli o rischi presenti, e così facendo innesca il sistema dello stress, accelera il battito cardiaco e la vasocostrizione periferica, svuota gli sfinteri e in definitiva prepara il corpo alla fuga. Al contrario, la rabbia, che insorge di fronte a un ostacolo o a seguito di una frustrazione, alimenta l’aggressività del soggetto e lo prepara alla reazione di resistenza o di lotta.

Esistono emozioni di base, quelle che non richiedono condizioni sociali per attivarsi – oltre a quelle già citate, abbiamo: la gioia, il disgusto e la tristezza – ed emozioni che, al contrario, si verificano solo in un contesto relazionale, come la gelosia, la vergogna, l’orgoglio. In genere, si tende ad accettare che anche gli animali siano dotati di emozioni di base, mentre non tutti gli scienziati concordano nell’attribuire loro emozioni sociali.

Un etologo che, viceversa, da sempre si è battuto per dimostrare che anche gli animali fossero dotati di complesse emozioni sociali è Marc Bekoff, che ha pubblicato al riguardo La vita emozionale degli animali (Haqihana, 2014). Nel libro l’autore si sofferma sulla ricchezza dell’esperienza emozionale nell’universo non-umano e parimenti ne sottolinea il significato evoluzionistico. La vita sociale di molti animali è regolata dalle emozioni, per cui spesso un animale vive emozioni negative, come la tristezza o l’angoscia, quando viene distaccato dai suoi consimili, come un cucciolo separato dalla madre o un individuo dal suo gruppo di appartenenza, quando un genitore perde il suo piccolo o si verifica un lutto.

L’attivazione emozionale

Le emozioni svolgono un’importante funzione anche nei processi di apprendimento, poiché è risaputo che l’attivazione emozionale aumenta l’attenzione e la concentrazione su un particolare evento, ne accresce la memorizzazione momentanea, ma soprattutto facilita la rievocazione onirica dell’esperienza e il consolidamento dell’apprendimento, come ci suggerisce il neurobiologo Stanislas Dehaene nel saggio Imparare (Raffaello Cortina, 2019). Per questo parliamo di marcatura emozionale di un’esperienza e di coloritura emozionale di un ricordo. Si tratta di qualcosa che tutti abbiamo provato, quando di colpo un odore o un suono ci evoca dei sentimenti, come Marcel Proust ha magnificamente tratteggiato nella sua
Recherche.

Di certo, nell’educazione cinofila il professionista sa bene che per far accettare qualcosa al cane, sia l’introduzione in un kennel o l’imposizione di una museruola, il segreto sta nell’utilizzo di un bocconcino o di quant’altro renda l’occasione piacevole. D’altro canto, l’autore che non si può non ricordare quando si parla di vita emozionale del mondo animale è il primatologo olandese Frans de Waal, purtroppo venuto a mancare proprio in questi giorni. Tantissimi sono i libri che potrei consigliare di questo autore, che ci ha regalato delle vere e proprie perle nella descrizione della complessità psicologica degli animali. Ma voglio concentrarmi su un testo che considero un vero e proprio capolavoro, quasi un testamento spirituale di questo etologo, L’ultimo abbraccio (Raffaello Cortina, 2020), il cui sottotitolo, Cosa dicono di noi le emozioni degli animali, è particolarmente significativo.


La tesi di de Waal è che le emozioni sono come i nostri organi: gli esseri umani non hanno alcun organo in più rispetto agli altri animali e lo stesso vale per le emozioni. Non siamo l’unica specie capace di esprimere amore, odio, paura, vergogna, disgusto ed empatia! L’autore ci invita ad aprire il cuore e la mente per notare le innumerevoli connessioni tra la nostra e le altre specie. Credo che questa sollecitazione sia fondamentale in questo nostro tempo che sembra aver perduto le basi dell’educazione sentimentale: forse l’osservazione degli altri animali potrebbe risvegliare in noi l’importanza dell’affettività.

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