La morte è l’unica certezza per i vivi. Un po’ macabro, ma comunque veritiero. Non le interessa se sei ricco o povero, se sei giovane o anziano, non le interessa nemmeno da quale paese provieni; la morte, inesorabilmente ed implacabilmente, arriva per tutti prima o poi. Ed è giunta anche al capezzale di un uomo che la morte la conosce molto bene. Matteo Messina Denaro è morto. L’ultimo boss di Cosa Nostra si è spento nell’ospedale di L’Aquila, dove era ricoverato già da tempo per un cancro al colon.
Per trent’anni è stato il boss “fantasma”; nessuno sapeva dov’era e nessuno riusciva a trovarlo. I reati che durante i suoi anni di latitanza ha compiuto e collezionato sono innumerevoli. Ma la maggior parte delle persone lo ricorderanno per essere stato coinvolto nelle stragi di Falcone e Borsellino. Mentre, probabilmente, non tutti sanno che durante la sua clandestinità riuscì ad andare allo stadio. Era il 2010 e Matteo Messina Denaro assistette a Palermo-Sampdoria al Renzo Barbera. Il tutto ovviamente aveva lo scopo di incontrare i suoi affiliati.
Per anni il suo nome fu l’incubo di polizia, carabinieri, intelligence. È riuscito a nascondersi al mondo intero per ben trent’anni; fino al 16 gennaio del 2023. In quella data venne catturato dai carabinieri del Ros in una clinica di Palermo. E la data di oggi, 25 settembre 2023, segna la sua morte. Dopo l’autopsia, il suo corpo verrà sepolto nel cimitero di Castelvetrano, ma per lui non ci sarà nessuna cerimonia funebre religiosa.
Ma, come ha detto Pietro Grasso: “Cosa nostra non è finita con la morte di Riina, né con quella di Provenzano, e non finisce oggi. Cosa nostra cambia, evolve, si trasforma, ma resta il principale ostacolo per una Sicilia e per una Italia libera dal giogo della violenza, del ricatto, della povertà“.