Questo articolo su Alan Grant è stato scritto a quattro mani con Jacopo Collinucci, grande illustratore nonché appassionato e intenditore di cinema. Vi lasciamo i suoi contatti social ufficiali dove poter seguire il suo splendido lavoro (spesso sotto lo pseudonimo The Hammond Lab): FacebookInstagram e Twitter. In fondo trovate una sua bellissima illustrazione fatta in esclusiva per questo articolo.

Perché Alan Grant
Scena tratta da Jurassic Park (1993) di Steven Spielberg

Jurassic Park è una delle saghe più redditizie della storia del cinema e una delle proprietà intellettuali che più ha influenzato la nostra generazione.
A fine anni ’90 era impensabile non essere ossessionati e invasi dai dinosauri: libri scientifici comprati alla Coop, cassette di National Geographic sull’estinzione dei rettiloni, giocattoli a tema di ogni tipo, il capolavoro per PlayStation Dino Crisis di Shinki Mikami e molto altro. Tutto questo knowhow che abbiamo accumulato lo dobbiamo al libro di Crichton da cui è poi stato tratto il blockbuster capolavoro di Spielberg.

Da qualche mese sappiamo che il terzo capitolo di Jurassic World, la saga sequel/reboot di Jurassic Park, arriverà nelle sale nel giugno 2021. Soprattutto però sappiamo che nel cast sarà presente la Santa Trinità dell’originale: Sam NeillLaura Dern e Jeff Goldblum. Del trio, Spielberg decise chiaramente di soffermarsi maggiormente sull’Alan Grant di Neill, presentandocelo come il personaggio più malinconico e, nel farlo, decise in alcune parti di discostarsi dallo scritto di Crichton creandone uno sostanzialmente nuovo (per esempio nel film il paleontologo odia i bambini mentre nel libro li adora). Grant è il personaggio più malinconico: è burbero, è preoccupato di non avere soldi sufficienti per proseguire i suoi scavi, odia i computer, è scettico sull’esistenza del parco, è terrorizzato dall’elicottero e non sopporta neanche il caosologo Ian Malcolm.
Ma tutti volevamo essere Alan Grant.

Un’ode a tutti i sognatori e alla normalità
Scena tratta da Jurassic Park (1993) di Steven Spielberg

Dopo che Spielberg accantonò Jurassic Park per dedicarsi a Schindler’s List, dopo che le VHS grandi tanto da poterci costruire una casa furono sostituite prima dai DVD e poi dalle piattaforme streaming, dopo il ritorno di Grant in un sottotono terzo capitolo, dopo decine di visioni, dopo tutti questi anni, tutti noi non possiamo che rivederci ancora (e forse di più) nel paleontologo. Certo Ian Malcolm era divertente e (grazie a Jeff Goldblum) un gran figo, ma la matematica non interessava a nessuno. Ellie era chiaramente la più cazzuta ma le piante erano noiose, non avevano così tanto da raccontarci. Alan Grant invece era uno scavatore.

Il mondo attorno a lui non era riuscito a catturare la sua attenzione e allora si era messo a scavare, probabilmente alla ricerca di fantasie e sogni a cui poter dar vita liberamente. Ha continuato per tutta la sua vita che, da quanto possiamo intuire, non gli ha offerto molto altro, senza mai smettere pur di portare avanti i suoi sogni di bambino. L’uomo normale per eccellenza, perennemente frustrato ma che alla fine ce l’ha fatta. Grant è quello che con il suo sguardo ci porta a vedere per la prima volta un dinosauro e ha la stessa reazione che avremmo avuto noi al suo posto nonostante i decenni di studi (in questa scena che è una lezione di regia).

Spielberg con il personaggio di Grant prende per mano lo spettatore che per trent’anni è stato a scavare nella propria immaginazione, un po’ sconfitto dalla vita, ancora perso nei sogni che aveva da bambino e, finalmente, gli fa trovare la felicità facendoglieli raggiungere e toccare con mano (come qua).

Noi siamo esattamente come Alan Grant: normali, un po’ malinconici e piegati dal tempo ma sempre sognatori. Jurassic Park non è altro che il film in cui noi, per la prima volta, possiamo aprire gli occhi e smettere di sognare perché ciò che abbiamo davanti è quello che abbiamo sempre desiderato.
Grazie Alan.

Illustrazione di Jacopto per noi

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