A scuola, così come nello sport, è fondamentale sbagliare. Andare incontro alla sconfitta, all’insufficienza, al non raggiungimento di un obiettivo. Perché, solo in questo modo, colui che apprende svilupperà le forze e troverà all’interno del proprio animo le risorse per dare il meglio di sé.
Non è l’insuccesso che fa l’allievo ma lo forma e lo rafforza nella strada della vita.
“Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore Un giocatore lo vedi dal coraggio dall’altruismo e dalla fantasia”.
E questo un bravo maestro lo sa. Anzi, un bravo maestro sa una cosa in più. Sa quando andarsene. Il maestro più bravo è infatti quello che gradualmente sparisce dall’atto dell’apprendimento, lasciando solo l’allievo.
Soprattutto lasciandolo da solo quando quest’ultimo deve iniziare a confrontarsi con la realtà o con il mondo adulto che lui si è scelto. Così come il nuotatore inesperto all’inizio si deve mettere alla prova con l’onda pericolosa del mare.
Ma questo vale per qualsiasi attività da imparare.
Sbagliare. Imparare dagli errori
Perché non serve a nulla fare tutte le cose pedissequamente come le fa il maestro, se l’allievo non è abbandonato alla fine a sé stesso e alla vera prova di sperimentazione del sé: l’errore.
L’apprendimento diventa più efficace proprio nel momento in cui l’allievo, non più supportato dal formatore, si ritrova a dover imparare dagli errori, soprattutto dagli errori che commetterà solo lui, come allievo irriducibile e singolare. Infatti, da quello scontro con quel tipo di insuccesso nascerà lo stile unico e irripetibile di ciascuno di noi.
Lo sostiene molto bene Massimo Recalcati in un suo articolo apparso sabato 8 marzo 2025 su Repubblica, quando dice che la creatività ha origine non dall’imitazione dal maestro, ma dal vuoto, dall’assenza, dalla pagina bianca o dal silenzio. O, meglio ancora, dal fallimento personale.
Perché solo il fallimento è foriero quanto non mai di energia ricreatrice e rinnovatrice.
“Finalmente accade quando il maestro spinge con decisione il bambino contro l’onda che si sta infrangendo verso la riva. È solo l’impatto con il reale dell’onda che può scuotere l’allievo dal suo torpore imitativo costringendolo ad assimilare singolarmente il sapere sino ad allora compreso solo astrattamente. Ma cos’è l’onda se non il reale anarchico, imprevedibile e ingovernabile della vita?”
Non si tratta, dunque, solo del proverbiale “sbagliando s’impara”.
È di più. Allontanandosi dal proprio maestro, s’impara sbagliando da soli e riconoscendo il vuoto dell’abbandono e la solitudine della sfida all’onda.
“Piuttosto si dovrebbe imparare a fare amicizia con l’onda”, ricorda Recalcati, perché appunto l’onda che temiamo è anche l’onda che ci riscatta.