Posso felicemente iniziare questo blog parlando di Omicidio a Easttown (Mare of Easttown), uno dei prodotti più profondamente soddisfacenti degli ultimi mesi, emblematico di come il mondo dello streaming si sovrapponga al grande schermo – con format diverso – per qualità e mezzi di realizzazione. Di più: emblematico di come sia ormai il nostro romanzo di appendice, il nostro comfort food della fantasia (quanti, come me, sono tristemente consci di aver smesso o quasi di leggere perché la nostra sete di storie è appagata?).

Tutto ruota intorno a Kate Winslet

Io vorrei essere libera di abbuffarmi delle mie serie tv, e mi infastidisce che Sky centellini gli episodi come è avvenuto anche con Mare of Easttown, che aspettavo da mesi (altrove in Europa era già uscita). Comunque, il 30 giugno è arrivata finalmente su Atlantic e su Now Tv (il servizio in streaming di Sky) anche la settima e finale puntata di questa serie imperdibile. Tutto ruota intorno a lei, Kate Winslet, la britannica dai camaleontici accenti e dalla carriera sfavillante, passata da Jane Austen al Titanic ai ruoli in terra Usa; un’attrice che ha lottato contro il body shaming (considerata da giovane troppo rotonda per fare carriera), e che ha spiegato in un’intervista al New York Times di aver proibito al regista Craig Zobel di ritoccare le immagini di una scena di sesso per toglierle la pancia (ho provato a farci caso, ma confesso che io la pancia non l’ho vista lo stesso; probabilmente io e Zobel abbiamo un concetto diverso di pancia).

Winslet è Mare Sheenan, poliziotta tormentata; aspra di facciata, inarrestabile e molto abile, ma nella cittadina di provincia dove vive conosce tutti, sicché il lavoro e la sua vita personale si sovrappongono di continuo. Combatte con le tragedie degli altri che diventano anche sue, con lutti non affrontati, sensi di colpa repressi. Mare è una somma di difetti che dovrebbero renderla insopportabile – e tale spesso risulta alla madre, all’ex marito, alla figlia, alla nuora – e invece la fanno umana, imperfetta; perché la scrittura della serie ce la rivela un pezzetto per volta, puntata dopo puntata (no spoiler), avanzando fra il mistero che deve risolvere (la scomparsa di alcune ragazze, l’omicidio di un’altra) e gli angoli della sua vita, in una comunità dove diventa spesso parafulmine e capro espiatorio.

Empatizziamo con lei anche di fronte a decisioni imperdonabili – ma comprensibili. Mare accetta il sesso quando capita, l’amore è troppo complicato; beve, fuma (sigaretta elettronica, in omaggio ai tempi), gira senza trucco e con gli scarponi. Poi cede al richiamo di un appuntamento romantico, compie quei pochi gesti che fanno le donne disabituate a sistemarsi, eyeliner, capelli sciolti, una maglia nera, una smorfia davanti allo specchio et voilà, esce di casa Kate Winslet, la risplendente ragazza di Titanic, venticinque anni di più ma sempre magnetica.

Una scrittura dolorosa e
una fotografia impietosa

A contorno, un thriller pieno di risvolti (ho promesso, niente spoiler; ma la storia dell’omicidio in sé non è il vero giallo, il mistero più interessante è la protagonista); un cast di comprimari meravigliosi quanto Winslet  (inclusi i più giovani, fra adolescenti e bambini); una scrittura dolorosa, piena di disvelamenti e sfumature accorate; una fotografia impietosa che scruta nell’animo con i primi piani, anche per trasmettere allo spettatore quel che i personaggi pensano ma non dicono.

Ma ci sono altre cose a rendere Mare of Easttown una serie che vale la pena vedere. Mare è in verità solo l’ultima di una teoria di detective molto concrete a cui non verrebbe neanche in mente di mettersi i tacchi per andare al lavoro: la capostipite fu forse Frances McDormand come Marge Gunderson, meravigliosa poliziotta incinta in Fargo dei fratelli Coen (1996); non è un caso che McDormand faccia ancora scalpore andando sui red carpet spettinata e/o con le Birkenstock ai piedi. Si contano per esempio nel mondo delle serie: Sofia Helin come Saga Norén in Bron (The Bridge, serie svedese-danese 2011-2018); Olivia Colman come Ellie Miller in Broadchurch (UK, 2013-2015); Sarah Lancashire come Catherine Cawood in Happy Valley (UK, BBC1, scritto da Sally Wainwright, prima serie 2014). E’ una figura emblematica della rivoluzione femminista, la poliziotta: custode dell’ordine, ruolo di autorità, a contatto con il dolore e la violenza.

Criminali e poliziotte

Da Sherlock Holmes a Ellery Queen a Poirot (Miss Marple indagava per sfizio e non si faceva pagare) a Maigret, insomma, i detective inventati dagli uomini o dalle donne oggi cedono il passo alle colleghe. Ora, che tipo di crimine combattono queste eroine? Si trovano sistematicamente a rimettere a posto – o almeno, a provarci – un mondo sconquassato dagli uomini. I maschi – non tutti, certo, ma abbastanza numerosi da gettare la comunità nel disastro – fanno casino, spesso sulla pelle delle donne; stuprano, uccidono, torturano, si dimostrano irresponsabili oltre l’immaginazione. Le donne sono solo povere vittime? No; ma anche se imperfette, cattive, violente, sono meno nocive. La rivoluzione delle serie con le detective è questa: riflette la realtà. Nelle carceri europee in media oltre il 95% dei detenuti sono uomini. Se parliamo di omicidi, mi rifaccio alle cifre dell’Istat: in Italia, anno 2019, uno dei paesi più sicuri del mondo, le vittime sono 315 (345 nel 2018), di cui 204 uomini e 111 donne; fra le donne, 93 (l’84%) sono uccise in ambito familiare (come si sa, mentre calano in generale gli omicidi, i femminicidi intesi come uccisioni di donne in ambito relazionale sono purtroppo costanti). Ma chi è a uccidere? Nello stesso anno, i condannati per omicidio sono al 94% uomini. Il risvolto della medaglia dal punto di vista narrativo è che sono le figure maschili a risultare più stereotipate, meno complesse e meno esplorate.

Altre note di interesse per chi guarda Mare of Easttown in versione originale (cosa sempre raccomandabile): Winslet, che è come sappiamo inglese, si dimostra una volta di più abilissima nella mimesi. Qui parla con il cosiddetto Delco Accent, l’accento di Delaware County, insomma dell’est della Pennsylvania, patria dell’autore Brad Ingelsby, dove si trova l’immaginaria Easttown (esiste una Easttown nello Stato ma è nella contea di Chester). L’attrice è tornata a lavorare con la coach Susan Hogarty, con cui collaborò per la prima volta in Titanic. In passato è stata una guardia in un lager nazista (The Reader), una cameriera di Brooklyn (Wonder Wheel), ma per sua ammissione, come ha detto al Los Angeles Times, questo

“è certamente uno dei due accenti più difficili che ho mai fatto”.

I giornali americani si sono molto dedicati alla questione, e siccome la linguistica in generale e l’inglese in particolare mi appassionano, dedico un paragrafo a dare qualche dettaglio del Delco Accent secondo Kate Winslet: “è difficile la ‘o’, da pronunciare più vicina all’estremo del palato, sicché home diventa hewm, e il modo in cui la gente di lì unisce le parole, sicché wouldn’t e couldn’t diventano wuh-ent, cuh-ent”. Bisogna avere molto orecchio e molta pazienza. Il trucco quando parli dialetto è farlo scomparire, in modo che lo spettatore non se ne accorga. Deve evaporare. E’ una cosa su cui lavoro letteralmente ogni giorno”.

Omicidio a Easttown racconta
un mondo di marginalità

Il risultato è che Easttown, la cittadina, risulta geograficamente connotata, e quindi tanto più immersa nel suo microcosmo, nel suo piccolo mondo provinciale dove tutto riverbera e la vita di ognuno tocca quella di tutti, nel bene e nel male. Un mondo di marginalità, dalla località stessa, alla protagonista difficile, al capo poliziotto nero, allo scrittore fallito che si rifugia nel campus di provincia, ai ragazzi drogati e alle ragazzine incinte, agli adolescenti senza progetti, a quelli come Siobhan, figlia di Mare, che forse si salverà andandosene; un mondo senza prospettive in cui bisogna comunque sopravvivere cercando un lumicino di speranza.

Omicidio a Easttown (Mare of Easttown), Miniserie tv USA (7 puntate da 55 minuti circa), Sky Atlantic/Now Tv. Creata da Brad Ingelsby, prima visione su HBO il 18 aprile 2021. Diretta da Craig Zobel. Star: Kate Winslet, poliziotta di una cittadina vicino a Philadelphia. Altri interpreti: Jean Smart, Guy Pearce, Julianne Nicholson

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