In un precedente articolo abbiamo esaminato approfonditamente, attraverso studi internazionali, la sindrome del Long Covid, tecnicamente definita PASC (post acute sequelae of SARSCoV2), che può colpire molte persone che hanno contratto il virus, anche in forma leggera.

L’attenzione della scienza sta ora indagando se i vaccini attualmente disponibili siano in grado di evitare questa sindrome.

È ormai chiaro che i vaccini non preservano dal contagio, ma dalla malattia grave. E allora la domanda è: preservano anche dal Long Covid?

In un recente articolo di Nature del 23 novembre scorso dal titolo: “Do vaccines protect against long COVID? What the data say” ci si pone questo interrogativo. 

Gli studi indicano che la vaccinazione potrebbe ridurre il rischio di long COVID solo della metà, o addirittura non avere alcun effetto nei casi in cui il virus buca il vaccino, cioè quando le persone si ammalano nonostante siano già state vaccinate. La sindrome long COVID si può manifestare infatti anche dopo un contagio in forma lieve o asintomatica.

Questo potrebbe portare al fatto che nazioni con alti tassi di vaccinazione possano ritrovarsi con molti casi di long COVID.

“È difficile da prevedere”, afferma Nisreen Alwan, epidemiologa all’Università di Southampton, nel Regno Unito, che è stata affetta da long COVID. “Dobbiamo ancora capire quanto sia diffusa questa sindrome e quanto perduri dopo la vaccinazione.”

Uno studio condotto nel Regno Unito stima che siano tra il 7 e il 18 per cento le persone che, dopo aver avuto COVID-19, hanno sviluppato alcuni sintomi di long COVID che sono perdurati per almeno cinque settimane.

Se un vaccino induce alti livelli di anticorpi e linfociti T capaci di riconoscere il SARS-CoV-2, il sistema immunitario può fermare il virus quando inizia a replicarsi, prima che riesca a creare riserve nascoste nel corpo, afferma Akiko Iwasaki, immunologa alla Yale University a New Haven, in Connecticut. E i vaccini permettono al corpo di lanciare una risposta immunitaria più mirata fin dal momento in cui un coronavirus penetra nel corpo, riducendo la possibilità che una reazione immunitaria non specifica attacchi i tessuti normali. 

Un altro studio di ampie dimensioni, non ancora sottoposto a peer review, suggerisce che la situazione potrebbe essere peggiore: un’analisi retrospettiva sulle cartelle cliniche elettroniche di circa 10.000 persone contagiate nonostante avessero ricevuto il vaccino ha rilevato che la vaccinazione non protegge da diverse condizioni associate a long COVID.

Il Congresso degli Stati Uniti ha assegnato al NIH (National Institute of Health) 1,15 miliardi di dollari in 4 anni per studiare le conseguenze sulla salute a lungo termine delle infezioni da SARS-CoV-2, l’obiettivo è arruolare decine di migliaia di persone, comprese quelle con o senza long Covid, dopo l’infezione acuta da coronavirus e quelle che non sono state infettate, e monitorare i loro sintomi. Uno degli obiettivi principali è conoscere meglio la patologia del long Covid e definire meglio la condizione.

La sindrome da Long Covid influenza negativamente la qualità della vita attraverso persistenza di stanchezza cronica, annebbiamento cerebrale e affaticamento, dolore muscolare, rallentamento fisico, ridotta qualità del sonno, dolore o gonfiore alle articolazioni, debolezza degli arti, mancanza di respiro, perdita di memoria a breve termine e rallentamento del pensiero. L’analisi dei dati ha mostrato che i disturbi neuro-psichiatrici più frequenti riportati dai pazienti sono state depressione ed ansia (42%) e malattie autoimmuni (16%).

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