Rivendicare l’imperfezione. Essere poliamorosi non significa essere perfetti
Perché a noi poliamorosi ci viene costantemente chiesto di giustificare la nostra felicità? Il film "First blush"
Perché a noi poliamorosi ci viene costantemente chiesto di giustificare la nostra felicità? Il film "First blush"
Uno dei principali problemi che affrontiamo come membri della comunità poliamorosa è il costante senso di dover non solo vivere le nostre relazioni al meglio, con tutte le sfide e le complessità che ciò comporta, ma anche di dover dimostrare incessantemente la legittimità e il valore positivo del nostro orientamento e stile di vita. In un mondo ossessionato dalla monogamia come unica forma accettabile di relazione, essere poliamorosi spesso significa portare il peso della nostra filosofia relazionale come una croce, sotto lo sguardo giudicante di una società che preferisce l’uniformità alla diversità.
Ma perché ci viene costantemente chiesto di giustificare la nostra felicità, semplicemente perché non aderisce ai canoni tradizionali? Che cosa significa realmente essere poliamorosi in una società che esalta la monogamia come norma indiscussa?
Nel tentativo di abbattere il muro di stigma e scetticismo che ci circonda, ci assumiamo l’impossibile missione di non fallire mai. Non solo ci sforziamo di mantenere relazioni di successo, ma anche di fungere da ambasciatori impeccabili di uno stile di vita che molti fraintendono o temono. Eppure, questo approccio è intrinsecamente destinato al fallimento.
Non si può pretendere di vivere relazioni umane, che sono per natura fluide e complesse, senza sperimentare fallimenti o cambiamenti. La fine di una relazione non è un segno di fallimento personale o del nostro orientamento, ma semplicemente una parte inevitabile dell’esperienza umana.
Questa costante necessità di dimostrare il nostro valore non è solo ingiusta, ma anche tossica. Ci costringe a indossare maschere di felicità e successo anche nei momenti di dolore e nelle rotture più strazianti.
Pensiamo a una persona poliamorosa che affronta una difficile separazione: la pressione sociale e il bisogno di dimostrare che il proprio orientamento relazionale non è fallimentare possono impedirle di esprimere apertamente il proprio dolore. Questo porta a nascondere le vere emozioni dietro una facciata di forza e resilienza, alimentando un ciclo di isolamento emotivo e sofferenza silenziosa.
Dobbiamo davvero sacrificare la nostra autenticità e la nostra salute mentale per soddisfare le aspettative altrui?
La questione che emerge è profondamente politica e riguarda la tutela della salute mentale delle persone poliamorose. Non viviamo per dimostrare agli altri che le nostre relazioni sono legittime. Le nostre rotture non sono meno dolorose di quelle delle persone monogame; le nostre relazioni non sono meno serie o significative. Anche noi possiamo affrontare tradimenti, delusioni, gioie e trionfi.
Se ci lasciamo, non è perché siamo poliamorosi, ma perché siamo esseri umani…
Eppure, ciò che per le persone monogame è considerato un fatto della vita, per noi viene visto come un segno di fallimento intrinseco del nostro orientamento o stile di vita. Questo è non solo ingiusto, ma anche una chiara manifestazione di ipocrisia sociale.
Prendiamo ad esempio una persona poliamorosa che attraversa una separazione. Se viene giudicata come un fallimento per il semplice fatto di avere una relazione che non ha funzionato, non stiamo forse perpetuando una forma di discriminazione subdola ma potente?
Questa doppia morale serve solo a mantenere lo status quo e a reprimere qualsiasi forma di diversità che possa mettere in discussione le norme consolidate.
Dobbiamo smettere di applicare due pesi e due misure, altrimenti rischiamo di soffocare la nostra umanità dietro standard irraggiungibili. Accettare l’imperfezione delle relazioni poliamorose è il primo passo per riconoscere questo modo di vivere come legittimo e valido, degno dello stesso rispetto accordato alle relazioni monogame.
È ora di smettere di chiedere il permesso per esistere, di rivendicare la nostra autenticità e di esigere il rispetto che meritiamo come esseri umani.
Le nostre esperienze relazionali meritano rispetto e comprensione, non condanna e scetticismo. Il vero progresso sociale passa attraverso l’accettazione e la celebrazione della diversità in tutte le sue forme, inclusa quella del nostro orientamento relazionale. Dobbiamo creare una società in cui ogni forma di relazione possa essere vissuta con autenticità e senza paura di essere giudicati o ostracizzati.
Se continuiamo a permettere che le norme monogame definiscano il valore delle nostre relazioni, non facciamo altro che perpetuare un sistema che non ci rappresenta. Dobbiamo prendere posizione non solo per noi stessi, ma per tutti coloro che verranno dopo di noi.
Accettare e celebrare l’imperfezione delle nostre relazioni non è solo un atto di resistenza, ma un atto di rivoluzione.
E a proposito di imperfezioni nel poliamore, consiglio di vedere il film First Blush... ma non dirò altro per evitare spoiler.