«Se c’è un romanzo che permette di capire che cos’è il cinema, è Il disperso. L’occhio di Karl Rossmann è già l’obiettivo della macchina da presa – e l’America che gli offre è una visione allucinatoria di tutto ciò che il cinema è diventato sino a oggi».
Roberto Calasso.

A volte capita di imbattersi in alcuni testi illuminanti e scoprire che dopo qualche mese l’autore purtroppo ci ha lasciato. Il riferimento va allo scrittore ed editore Roberto Calasso che è venuto a mancare il 28 luglio scorso.
Figura portentosa di intellettuale illuminato, proprietario e direttore della casa editrice Adelphi, ha accompagnato molti di noi con una serie di titoli di prim’ordine.

Il piccolo libretto Allucinazioni Americane, edito da Adelphi uscito in primavera, si occupa di cinema ed intreccia concetti profondi lasciando al lettore la possibilità di ricostruire il discorso.

Calasso ci regala questi appunti che teorizzano la sua visione del cinema e che appaiono illuminanti per la loro forza.

Lo scrittore fiorentino si muove dal concetto di Figmentum, un’immagine mentale, letteralmente una rappresentazione illusoria, il suo discorso si svolge attraverso l’analisi di due pellicole di Alfred Hitchcock: Vertigo – La donna che visse due volte e La finestra sul cortile.

Il cinema è la pura libertà della mente:

«Il regno del Figmentum presuppone una sovranità illimitata, quella della mente. Nulla può lederla. Al tempo stesso, è un regno che può essere considerato del tutto illusorio, perché è fatto soltanto della mente».

Le due pellicole analizzate si intrecciano, entrambe interpretate da James Stewart, e a volte sembrano un solo film: il protagonista e il regista producono l’immagine mentale, Calasso si interroga su una frase decisiva del maestro del brivido:

«La finestra sul cortile è totalmente un processo mentale, condotto attraverso mezzi visivi».

Calasso introduce altri concetti come i fosfeni, che definiscono meglio i suoi pensieri, ma non è questo il luogo per una disamina approfondita.

In definitiva il cinema della modernità non diventa null’altro che uno scarto:

«La concezione stessa della sala e dello spettatore cinematografico tendono a ricostruire la condizione di una mente che, in solitudine è intenta ad allucinare […] cinema significa innanzitutto compresenza di allucinazione e iperrealtà, intesa come fisicità eccessiva».

Il cinema si instaura nello scarto tra lo spettatore che:

« […] deviando di pochi metri dalla strada, dove si svolge la vita normale, […] entra in un luogo di tenebra, dove si distaccano le immagini su un fondale lattiginoso […] C’è uno scarto, una deviazione dalla traiettoria della veglia. E si entra subito in un regno ignoto a colore che continuano a passare, indaffarati e funzionali, per la strada che sta fuori da cinema».

Il cinema è una spasmodica forza che si appropria delle immagini mentali dei protagonisti del film superando steccati e convenzioni di genere e tentando, come ricorda Calasso di: « …entrare in contatto con i simulacri, se con questa parola si intende qualcosa che ingloba in sé tutte le potenzialità delle immagini».

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