Dostoevskij, la serie: un tuffo negli abissi dell’anima
Esce la nuova opera dei Fratelli D'Innocenzo, una metafora della difficoltà del mestiere di vivere. Dostoevskij, la serie
Esce la nuova opera dei Fratelli D'Innocenzo, una metafora della difficoltà del mestiere di vivere. Dostoevskij, la serie
Ho voluto vedere al cinema, in una maratona di 5 ore consecutive, il film Dostoevskij dei Fratelli D’Innocenzo, una delle opere più importanti degli ultimi anni, secondo me, per la coerenza tra visione, estetica, interpretazione, senso complessivo.
Non so quando leggerete questo articolo ma, se per qualunque motivo, foste in condizione di poterlo vedere al cinema, ve lo consiglio caldamente. Ho trovato importante l’immersione totale nell’esperienza del racconto perché genera nello spettatore la sensazione di fare parte dello scenario, seppur con un ruolo subalterno e di osservatore. Per choi non ne avrà la possibilità, la serie in 6 puntate sarà comunque disponibile su SKY che ne è anche tra i produttori.
Una rappresentazione audace, un profondo viaggio nelle tenebre dell’esistenza umana, un’esplorazione cinematografica che tocca temi complessi e dolorosi con un’eleganza stilistica che lascia il segno. I D’Innocenzo, già noti per opere come Favolacce e La terra dell’abbastanza, continuano il loro percorso artistico, portandolo verso nuove vette di introspezione e sperimentazione. Stavolta ci sono citazioni molto precise: non solo i rimandi letterari al grande autore russo ma anche omaggi a Dario Argento e alle atmosfere esistenziali desolate e compromesse di True Detective.
L’universo creato dai D’Innocenzo in Dostoevskij è un paesaggio desolato, impregnato di nichilismo e tormento. La narrazione segue Enzo Vitello, interpretato magistralmente da Filippo Timi, un poliziotto che si confronta con un serial killer enigmatico che lascia dietro di sé riflessioni filosofiche sul senso della vita, quasi come un novello Raskol’nikov. Questo killer, soprannominato Dostoevskij per le lettere che abbandona sul luogo del delitto, non solo uccide, ma provoca anche profonde riflessioni su colpa e redenzione, temi centrali nel capolavoro del grande scrittore russo.
Filippo Timi, che dà voce e volto al commissario Enzo Vitello, offre una performance straordinaria, infondendo al suo personaggio una complessità psicologica che rende palpabile il suo tormento interiore. Timi riesce a trasmettere la discesa nell’ossessione e nella follia con una intensità rara, unendo vulnerabilità e determinazione in un equilibrio perfetto. La sua capacità di incarnare un uomo spezzato, lacerato tra il dovere e la disperazione personale, cattura e affascina lo spettatore.
Accanto a lui, Carlotta Gamba brilla nel ruolo di Ambra, la figlia abbandonata di Enzo, la cui strada verso l’autodistruzione e possibile redenzione è al centro della trama. Gamba interpreta il suo personaggio con una delicatezza e una forza che catturano l’essenza delle anime perdute descritte nei romanzi di Dostoevskij. La sua capacità di passare da momenti di estrema fragilità a esplosioni di forza emotiva è notevole e aggiunge una profondità ulteriore al racconto.
La fotografia, curata da Matteo Cocco, è un altro elemento distintivo di Dostoevskij. Utilizzando una palette cromatica fredda e desaturata, Cocco crea un’atmosfera che riflette perfettamente il mondo interiore dei personaggi: un paesaggio intrappolato tra luce e ombra, speranza e disperazione. Le inquadrature statiche e meticolosamente composte contribuiscono a un senso di claustrofobia e inevitabilità, evocando l’inquietudine e il tormento esistenziale che pervadono l’opera.
Importante anche il ruolo delle scelte audio: il sonoro è spesso violentato da rumori industriali continui e ripetitivi che a me hanno evocato il meccanismo disturbato dei neurotrasmettitori dei protagonisti.
L’elemento del pentimento e dell’espiazione è centrale in Dostoevskij, richiamando chiaramente Delitto e Castigo. Come il protagonista del romanzo, i personaggi della serie sono intrappolati in un ciclo di colpa e ricerca di redenzione. Enzo Vitello, nel suo tentativo di catturare il serial killer, si confronta con le proprie ombre e fallimenti, in un processo che sembra una moderna reinterpretazione della lotta di Raskol’nikov per trovare un senso e una purificazione nella sofferenza.
Dostoevskij è un film che consiglio a chiunque non abbia timore di sprofondare in un abisso cupo e dove la speranza va ricercata come un filo di luce che si infila dal buco della serratura di una stanza blindata e senza via d’uscita. I Fratelli D’Innocenzo ci offrono una visione intensa e disturbante dell’animo umano, spingendosi oltre i confini del genere thriller per esplorare tematiche universali e profondamente umane. Le interpretazioni di Filippo Timi e Carlotta Gamba, unite a una fotografia suggestiva e a una narrazione intrisa di simbolismo e profondità psicologica, rendono quest’opera un’esperienza cinematografica unica e indimenticabile. I D’Innocenzo dimostrano ancora una volta il loro talento nel raccontare storie che, pur affondando nelle tenebre, riescono a illuminare le verità più profonde dell’essere umano.