DaBaby l’ho conosciuto grazie alla sua hit Rockstar, secondo estratto dal disco Blame It on Baby, terzo album dell’artista, uscito nel 2020, in vetta sia nella Billboard Hot 100 statunitense che nella Official Singles Chart britannica, realizzato in collaborazione con Roddy Ricch. Un brano zeppo di violenza (ma si tratta di linguaggi, mi son detto all’inizio) che ha svettato le classifiche di Stati Uniti, Regno Unito e Australia.

E’ stato nel luglio scorso che ho fatto più attenzione ai suoi testi e alla sua biografia, un mix micidiale di comportamenti ed esternazioni tossiche. Scopro che tre anni fa era stato coinvolto in una sparatoria nella Carolina del Nord, dove un diciannovenne fu colpito all’addome e morì poco dopo. Il rapper ammise il suo coinvolgimento nella sparatoria, dicendo di avere agito per autodifesa. L’accusa fu ritirata nel marzo 2019, ma DaBaby si è dichiarato colpevole di portare un’arma nascosta.

Pochi mesi dopo, il rapper fu arrestato a Miami accusato di rapina (vittima un promotore di musica che lo pagò meno del pattuito per un concerto): un assalto personale per 80 dollari, uno smartphone e una carta di credito. Rilasciato, qualche settimana più tardi, durante un concerto in Florida del tour Up Close N Personal, di nuovo coinvolto in una scena di violenza, questa volta contro un fan, per aver fatto un video avvicinando troppo il telefono: il pubblico lo fischiò, e DaBaby lasciò il locale senza esibirsi, scusandosi via socialmedia.

Dicevo che il mio status di fan è mutato a luglio scorso, durante un concerto: il rapper, per fomentare il pubblico, ha fatto pesanti esternazioni omofobe condite con commenti molto offensivi nei confronti dei malati di AIDS:

(testuale) «Se non siete venuti con l’HIV, l’AIDS o una di quelle malattie a trasmissione sessuale che ti uccidono nel giro di due o tre settimane, alzate le luci del cellulare… se non state fra quelli che succhiano cazzi nel parcheggio, alzate le luci del cellulare».

Di nuovo DaBaby si è scusato tramite socialmedia, lo stesso mezzo contro cui però, pochi giorni a seguire, si scaglierà, per lo shit storm subito. L’artista, infatti, è stato immediatamente espulso da cinque grandi festival: il Lollapalooza, il Governors Ball a New York, il Day N Vegas, il Parklife inglese e il concerto di beneficenza Can’t Wait: Live! di Philadelphia. Non solo: DaBaby è stato criticato da superstar come Madonna, Elton John, Dua Lipa.

«Vanno così veloci che la gente ti distrugge prima che tu abbia la possibilità di crescere, farti un’educazione, imparare dai tuoi stessi errori. In quanto uomo che si è fatto strada partendo da una situazione difficile, vedere persone che conosco esprimersi pubblicamente contro di me –sapendo del mio bisogno di avere una guida e un’educazione su certi argomenti – è stato difficile. Apprezzo le tante persone che si sono espresse con gentilezza, che mi hanno contattato in privato per offrirmi saggezza, educazione, fonti. Era ciò di cui avevo bisogno».

In poche parole, un eroe della cancel coulture.

Il fatto è, a mio modesto parere, che nella cultura rap è in corso una rivoluzione culturale: che dire di T.I., accusato di violenza sessuale, o Boosie Badazz, esplicitamente omolesbobitransfobico e (per sua stessa ammissione) pedofilo? Se Lanez è già schierato con DaBaby, sono moltissimi i rapper (e la comunità dei loro fan) che lamentano la censura e la violazione della libertà di espressione, mitizzando un’epoca in cui nell’hip hop si potevano dire cose violente, misogine e omofone senza subire alcuna conseguenza, in nome dell’autenticità.

A me piace la musica nera, tanto che ci ho fatto un blog, ma un conto è la violenza come registro (che non impedisce la poesia) o usata come provocazione e critica all’establishment, un conto è usarla per nutrire l’odio, le divisioni sociali, alimentare i conflitti. In questo caso specifico, a blastare DaBaby mi ha convinto, ancora di più delle sue frasi volgari, la sua condotta biografica, spregiudicata fino all’omicidio di un giovane (il rapper non è stato incriminato per la morte dell’uomo: giudicato colpevole solo di un reato minore, possesso d’arma da fuoco).

In ogni caso, nè il mio blast nè quello di influencer del calibro di Madonna, Dua Lipa o Elton John servono a molto, dato che il tipo continua a guadagnare da 35,8 milioni di stream a settimana, secondo l’ultima rilevazione di Rolling Stone Artists 500, e collabora con gente del calibro di Lil Wayne e Kanye West. Io però, adesso ascolto Ghali, che fa rap ma per i diritti civili.

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