Il tributo a Roberto Vecchioni di Paolo Marrone e Massimo Germini – dalle generazionali Sogna ragazzo sogna, a Figlia ed ancora le storiche Mi manchi e Luci a San Siro passando per le perle segrete come Il cielo capovolto, Viola d’inverno, Celia de La Cerna e Invece non finisce mai che dona il titolo al disco.

E invece non finisce mai. Conosco Roberto Vecchioni da qualche anno. È capitato di condividere più volte il palco per raccontare le sue storie nel recital Lezioni di bellezza ed ha partecipato al mio film Prima che il Gallo canti.

Ogni volta è stata una lunga commozione a raccontarci di figli, amore, impegno politico e civile, Napoli, Dio, la poesia di Saffo, Leonard Cohen, Pessoa e Hikmet e gli amici comuni partiti senza preavviso come Alda Merini e Lucio Dalla.

Nelle canzoni di Vecchioni c’è la vita, tutta, quella carica di dolore e quella della felicità febbrile e costante, sempre laicamente sacra. C’è la passione, la lotta per la libertà, il mito e la favola, la storia laddove la poesia assume una forma scenica di gioia e commozione. C’è il cuore, la voce ed ogni singolo nervo a cantare l’amore, il mare e la sua pace, alzando gli occhi a quel cielo capovolto dove ritrovare la serenità dell’inquietudine.

La sua ricerca della bellezza disperata viene eternata in purezza con le piccole cose, è qui che avviene il miracolo segreto dove tutto diventa poesia. Roberto è l’eterno bambino che riesce a stupirsi dinanzi al mondo, cade e si rialza, guarda negli occhi il dolore, va a cercare gli amici perduti, fa scacco a Dio e soprattutto non si vergogna di parlare ai figli, aiutandoli a reggere il dolore, a lasciare loro fogli dove scrivere versi, a lottare ed essere contro, alzare il pugno usando come arma i libri.

Roberto è un “lanciatore di coltelli, che vive ancora l’illusione eterna di poter sbattere le braccia a alzarsi in volo”. I coltelli sono i suoi pensieri, le canzoni, le emozioni, con cui ha mirato alle stelle. A volte sono cadute a volte no, non importa, quel che conta è aver alzato gli occhi al cielo con il tentativo di leggerlo.

Vecchioni è l’aedo uscito da un libro di letteratura e, come accaduto per Bob Dylan, meriterebbe il Premio Nobel per tutto quello che ha cantato, scritto, vissuto, pianto, sofferto, donato, eternato. Non solo canzoni ma ha scritto tante storie, fra cui il visionario romanzo Il libraio di Selinunte.

Una candidatura è anche arrivata qualche anno fa perdendosi poi fra le avversità accademiche soprattutto italiane come è accaduto con Dario Fo che dopo la prima candidatura degli anni settanta ha ottenuto il riconoscimento vent’anni dopo, notizia oscurata allora dalle tv berlusconiane.

Ad essere sincero auspico da anni il Nobel non solo per Roberto Vecchioni ma anche per Erri De Luca e Raffaele Nigro. Vecchioni è il professore che avremmo voluto avere, rassomiglia al professor John Keating (Robin Williams) de L’attimo fuggente. E’ il padre che ti legge le favole la sera anche se ha il peso del tabacco e dell’alcol sul cuore.

Mi è capitato di incontrare dei suoi ex-alunni che mi hanno raccontato le sue lezioni d’amore. Se penso che nel primo Governo di Lula in Brasile come Ministro della cultura c’era Gilberto Gil – mi chiedo com’è possibile che nessun governo italiano abbia mai pensato al professore Roberto Vecchioni come Ministro dell’Istruzione.

Già me lo immagino a guidare i cortei

“per tutti i ragazzi e le ragazze / Che difendono un libro, un libro vero / Così belli a gridare nelle piazze / Perché stanno uccidendo il pensiero”.

Roberto Vecchioni

Roberto aveva risposto alla mia domanda proprio nella canzone Chiamami ancora amore – un sogno impossibile il mio, finchè al governo ci sarà un

“bastardo che sta sempre al sole / Per il vigliacco che nasconde il cuore / Per la nostra memoria gettata al vento / Da questi signori del dolore”.

Roberto Vecchioni

Roberto come Don Chisciotte ha il suo fido scudiero armato di chitarra. È Massimo Germini. In alcuni dei nostri incontri-recital Massimo presentava le canzoni del professore in una veste nuda ed essenziale dove la voce di Roberto si faceva preghiera, parola e foglia rossa resistente e la chitarra albero che ripara dal vento.

Quella magia acustica, quell’aura maledettamente poetica ora l’ho ritrovata nel disco-tributo E invece non finisce mai che vede Germini alla chitarra e Paolo Marrone alla voce – storico frontman del gruppo folk Favonio che vanta collaborazioni d’autore, fra cui con Mimmo Borrelli e Mauro Pagani presente anche in questo disco impreziosendo con la sua armonica il brano Le viole d’inverno. 

Massimo Germini e Paolo Marrone (foto di Renzo Chiesa)

 Questo disco è un atto d’amore e allo stesso tempo un saggio sulla poetica di Vecchioni. La scaletta è di quelle segrete, che oltre alle canzoni storiche va a recuperare perle nascoste negli album ed affronta il canzoniere di Roberto dal 1971 al 2004.

Tredici vite vissute: Il cielo capovolto (ultimo canto di Saffo), Mi manchi, Sogna ragazzo sogna, La bellezza, Vorrei, Sestri Levante, E invece non finisce mai, Figlia, Viola d’inverno, Celia de la Serna, Le lettere d’amore, Dentro gli occhi e Luci a San Siro. Un viaggio, quello di Marrone e Germini, che ci dona l’occasione di entrare fra le pieghe dolci e lievi del vissuto di un uomo, un artista, un poeta, un padre, un figlio, un professore, l’ultimo vero Maestro della canzone d’autore italiana.

Paolo Marrone ha la forza e fisicità di rileggere Vecchioni con la chiarezza vocale e rigorosa alla Fabrizio De Andrè e quel guitto teatrale naturale e sentimentale necessario. Fa sue queste canzoni senza tradire il sentimento di Roberto, complice la direzione musicale di Massimo Germini (suo anche l’approfondimento letterario dei testi nel libro Canzoni pubblicato da Bompiani con il commento a quattro mani di Paolo Jachia e qualche incursione dello stesso Vecchioni).

Nel disco E invece non finisce mai c’è tutta l’intenzione poetica, la trama, la letteratura, la disperazione, la fantasia, la compassione, l’empatia, l’amore di Roberto nella scelta di queste tredici stanze costruendo un vero poema, un testamento, una visione, una rivelazione, un oracolo, una grande opera che si chiama vita.

“Perché pensavo ci sarà pure una fine / Quando non c’è più spazio per tenerlo dentro / Un momento che l’amore si ferma, si volta / Si addormenta contento / Un momento che l’amore non potrà, non saprà / Non ce la farà più ad aumentare / Che non avrà più niente da dare / E invece non finisce mai […] L’amore non finisce mai”.

Roberto Vecchioni

La copertina del disco di Marrone e Germini è affidata ad una fotografia d’autore di Renzo Chiesa (ricordate il disco Dalla con la foto del berretto, gli occhiali e gli occhi al cielo di Lucio sullo sfondo di un muro? È sua).

la copertina del disco con la foto d’autore di Renzo Chiesa

Un primissimo piano in bianco e nero di un clochard che brucia la vita aspirando avidamente ( direbbe Alda Merini) un filtro di sigaretta. I suoi occhi gibbosi guardano in camera ed hanno le rughe di Leo Ferrè.

Quest’uomo è il fantasma di James Dean, l’incantesimo spezzato di Faone che perde la bellezza e torna vecchio marinaio dopo l’inganno e la morte di Saffo, l’addio di Piero Ciampi sul porto di Livorno. Quest’uomo potrebbe essere il barbun con le scarpe da tennis di Jannacci, la follia di Dino Campana, l’uomo che sfida la morte di Samarcanda, che ha ridato indietro la sua seicento aspettando di ricevere indietro i suoi vent’anni ed una ragazza…(che tu sai).

Quest’uomo è una canzone di Roberto Vecchioni. L’uscita di questo tributo a Roberto mi dona l’occasione di stilare un mio personale canzoniere del professore.

Canzoni capaci di piovere, di far tornare il sole, di sfidare la sorte, di guardare negli occhi la morte. Ecco la tracklist: A te, Arthur Rimbaud, Canto notturno (di un pastore errante), Due madri, Canzone da Lontano, Canzone del perdono, Canzoni e Cicogne, Celia de La Cerna, Che dire di lei,  Chiamami ancora amore, Come fai, Conversazione con una triste signora, Così si va, Dimentica una cosa al giorno, Euridice, Figlia, Gli anni, I colori del buio, I commedianti, Il cielo capovolto, Il mago della pioggia, Il vecchio e il mare, Il miracolo segreto, L’amore mio, L’ultimo spettacolo, L’uomo che si gioca il cielo a dadi, La mia stanza, La stazione di Zima, Le rose blu, Leonard Cohen, Love song, Luci a  San Siro, Ma tu, Mi manchi, Mi porterò, Ninni, Non lasciarmi andare via, O amore amore amore, Parola, Per amore mio, piccoli stupidi, Piccolo amore, Piccolo pisello, Quest’uomo, Ritratto di signora in raso rosa, Sei nel mio cuore, Smisurata lentezza, Sogna ragazzo sogna, Le stagioni del sole, Storia e leggenda del lanciatore di coltelli, Tema del soldato eterno e degli aironi, La bellezza, Canzone per Alda Merini, Gli amici miei, Vorrei essere tua madre, Fammi vedere tu, Vincent, Le viole d’inverno, Tu quanto tempo hai, Vedrai, Vorrei, Il lanciatore di coltelli, Tommy, I commedianti, Il tuo culo e il tuo cuore, Ho conosciuto il dolore e fra le sue interpretazioni delle canzoni dei colleghi Vladimir (Vysockij), Incontro (Guccini), Io scriverò (Rino Gaetano), Ho capito che ti amo (Tenco) e Hotel Sopramonte (De Andrè).

Cosimo Damiano Damato, Roberto Vecchioni e Massimo Germini in Lezione d’Amore e Vita
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