(English translation below)
Dagli oceani passa nei nostri polmoni, arriva nel sangue e nei diversi organi incluso il tratto gastrointestinale. Questo è il percorso, spesso ignorato, che fa la plastica.

Ogni settimana una persona introduce nel suo corpo mediamente 5 grammi, l’equivalente di una carta di credito, ovvero 21 grammi al mese e oltre 250 grammi all’anno, secondo un recente studio pubblicato dall’Università Medica di Vienna sulla rivista Exposure and Health.

Numeri preoccupanti che comprendono le diverse provenienze: spesso inconsapevolmente la plastica viene assunta attraverso il cibo, le bevande, prodotti medici e cosmetici. Ma viene anche rilasciata da capi di abbigliamento.

Sulla presenza di plastica nel sangue va citata una ricerca condotta dal gruppo di lavoro guidato dalla ecotossicologa Heather Leslie e dalla chimica Marja Lamoree, nell’ambito del progetto Immunoplast, dell’Università Vrije di Amsterdam e i cui risultati sono apparsi anche sulla rivista Environment International.

La ricerca è stata fatta su un gruppo di 22 persone nel quale sono state cercate le tracce di cinque polimeri (i componenti elementari delle plastiche) e per ciascuno di essi sono stati misurati i livelli presenti nel sangue.

I risultati della ricerca sulla plastica
sono inquietanti

Tre quarti dei campioni mostrano tracce di plastiche, soprattutto polietilenetereftalato (il Pet, utilizzato comunemente per le bottiglie in plastica e nell’abbigliamento) e polimeri di stirene, che si trovano in parti di veicoli, tappeti e contenitori per alimenti.

Non è noto se e quanto facilmente le particelle di plastica possano passare dal flusso sanguigno agli organi,  in pratica quanto siano presenti nel corpo umano, così come se ne ignora la pericolosità.

Cosa sono le microplastiche?

Le microplastiche, le cui dimensioni sono comprese tra 0,001 e 5 millimetri, e le nanoplastiche inferiori a 0,001 millimetri, sono il frutto della scomposizione della plastica di scarto:  entrano nei nostri corsi d’acqua e nel suolo e di conseguenza nella nostra catena alimentare attraverso i frutti di mare così come frutta e verdura.

Ma non solo. Possono entrarci anche attraverso l’acqua o le altre bevande imbottigliate: si pensi che bevendo in media ogni giorno tra i 1,5 a 2 litri di acqua conservata in bottiglie di plastica si assumono circa 90.000 particelle ogni anno

Preferendo a questa l’acqua del rubinetto, invece, si può contenere la quantità ingerita di oltre la metà arrivando a circa 40.000 particelle,  stando allo studio della suddetta Università di Medicina di Vienna.

Altra fonte di queste micro particelle è rappresentata da farmaci e prodotti cosmetici: una ricerca condotta dalla ONG Plastic Soup Foundation (PSF) ha rilevato che circa 9 cosmetici su 10 di marchi leader come L’Oréal Paris, Garnier, Nivea, Gillette, Oral-B, Head & Shoulders e altri marchi contengono particelle di microplastica.

Su questo tema è intervenuta la Commissione Europea che ha chiesto una valutazione dei dati all’Agenzia Europea per le Sostanze Chimiche (ECHA) allo scopo di presentare una proposta per limitare l’utilizzo delle microplastiche primarie oltre che in cosmetici e detergenti anche nei fertilizzanti.

Il risultato atteso da questa restrizione è quello di ridurre le emissioni di microplastiche di circa 400.000 tonnellate nell’arco dei successivi 20 anni.

Considerando questo obiettivo, in Italia dal primo gennaio 2020 è stata vietata la vendita e la commercializzazione di cosmetici da risciacquo, come saponi, creme, gel esfolianti e dentifrici, contenenti microplastiche.

I rischi della plastica per la salute

Esistono ancora poche informazioni riguardo l’impatto delle microplastiche sulla salute degli animali e, soprattutto dell’uomo. Seppure i componenti delle plastiche, i polimeri, in sé siano innocui, chimicamente inerti e, dunque, non tossici, le dimensioni delle microplastiche, e ancora di più le nanoplastiche producono maggiore reattività rispetto ai polimeri rendendole potenzialmente dannose per gli organismi a seconda del tipo di esposizione.

I rischi per l’essere umano possono essere fisici, chimici o microbiologici, secondo l’Istituto superiore di Sanità. I rischi fisici riguardano l’ingresso delle microplastiche nell’organismo e i danni diretti da questi causati, in particolare all’apparato respiratorio e all’apparato digerente, i primi a con cui entrano in contatto.

I rischi chimici invece derivano dalla presenza di elementi contaminanti, come i plasticizzanti (ftalati, bisfenolo A) o i contaminanti persistenti (ritardanti di fiamma bromurati, idrocarburi policiclici aromatici, policlorobifenili) presenti nelle microplastiche che possono interferire con il sistema endocrino, danneggiandolo.

E gli effetti dannosi si manifestano sulla sfera riproduttiva e sul metabolismo, sia dei diretti interessati sia dei figli, nonché durante la gravidanza, e in età adulta a seguito dell’esposizione alle particelle di plastica nelle prime fasi di vita.

Quanto ai rischi microbiologici, le microplastiche possono trasportare, attaccati alla loro superficie, microrganismi in grado di causare malattie: batteri come Escherichia coli, Bacillus cereus e Stenotrophomonasmaltophilia sono stati rilevati in microplastiche raccolte al largo delle coste del Belgio.

Seppure non ci siano conferme sulla pericolosità delle plastiche per l’essere umano, il team di ricerca dell’Università di Medicina di Vienna ha rilevato dei cambiamenti nella composizione del microbioma intestinale causato dalle particelle ingerite che passano attraverso il tratto gastrointestinale.

Alterazioni che sono responsabili di malattie metaboliche come obesità, diabete e malattie croniche del fegato. Inoltre quando vengono assorbite le microplastiche si accumulano in fegato, reni e intestino provocando stress ossidativo, problemi metabolici, processi infiammatori e danni al sistemi immunitario e neurologico, secondo l’istituto superiore di Sanità. Con la possibilità di infiammazioni locali e l’attivazione, causata dalle nanoplastiche, di percorsi chimici coinvolti nella formazione del cancro.

Semplici rimedi per ridurre
il consumo di plastica

Nella vita quotidiana sono diversi gli accorgimenti per contenere il quantitativo di plastica consumato. Tra questi ad esempio, la cottura in piatti di porcellana invece che in contenitori di plastica, così come ventilare sufficientemente la casa.

Altro consiglio è evitare di acquistare cibi e posate in imballaggi di plastica: si pensi che le micro particelle si possono trovare persino nelle bustine di tè e nel riso precotto.

Oltre al consumo di acqua del rubinetto, meglio se filtrata, che, come indicato sopra dimezza quasi le particelle ingerite rispetto all’acqua in bottiglia, è bene notare che anche i vestiti fatti con fibre sintetiche rilasciano microplastiche quando vengono lavati. Per questo è importante evitare questi materiali e optare invece per quelli naturali come lana, seta e canapa.

E, naturalmente è importante anche sostenere politiche e iniziative che cercano di limitare la plastica monouso. Anche se rinunciare alle cannucce monouso e portare con sé una bottiglia riutilizzabile sono ottimi primi passi, la soluzione del problema spetta a governi e imprese secondo il WWF.

E’ per questo che la ONG ha lanciato una petizione online con cui chiede ai governi di tutto il mondo di firmare un trattato globale legalmente vincolante al fine di semplificare il modo in cui utilizziamo e smaltiamo la plastica.

Riconoscendo la responsabilità delle aziende nello sviluppare nuovi modelli di progettazione dei prodotti per consentire il riutilizzo della plastica. E facilitando quell’approccio all’economia circolare di cui tanto si parla ma di cui ancora in concreto si fa poco.

E allora vi lascio consigliandovi un libro che ci insegna a deplastificare il pianeta, con idee pratiche e semplici da attuare nella vita di tutti i giorni: Plastic detox. 50 idee per ridurre la plastica nella vita di tutti i giorni   

ENGLISH VERSION

According to two studies from the universities of Vienna and Amsterdam, we eat one credit card a week

We introduce into our body an average of 5 grams of plastic per week. The equivalent of a credit card. Here is a petition to resolve the underlying problem.

From the oceans it passes into our lungs, reaches the blood and various organs including the gastrointestinal tract. This is the often ignored path that plastics take.

Each week a person introduces an average of 5 grams into their body, or 21 grams per month and over 250 grams per year, according to a recent study published by the Medical University of Vienna in the journal Exposure and Health.

Worrying numbers that include the different origins: often unknowingly plastic is assumed through food, beverages, medical products and cosmetics as well as released from clothing.

On the presence of microplastics in the blood, we should mention a research conducted by the working group led by ecotoxicologist Heather Leslie and chemist Marja Lamoree, as part of the Immunoplast project, of the Vrije University of Amsterdam and the results of which appeared in the magazine Environment International.

The research was done on 22 people in which traces of five polymers (the elementary components of plastics) were searched and the levels present in the blood were measured for each of them.

The results of research on plastics
are disturbing

Three quarters of the samples show traces of plastics, especially polyethylene terephthalate (Pet, commonly used for plastic bottles and clothing) and styrene polymers, which are found in vehicle parts, carpets and containers for foods. It is not known if and how easily the plastic particles can pass from the bloodstream to the organs, in practice how much they are present in the human body, as well as ignoring their danger.

What are microplastics?

Microplastics, whose dimensions are between 0.001 and 5 millimeters, and nanoplastics less than 0.001 millimeters, are the result of the breakdown of waste plastic: they enter our waterways and soil and consequently into our food chain through seafood as well as fruit and vegetables. But not only. They can also enter it through water or other bottled beverages: just think that by drinking on average between 1.5 to 2 liters of water stored in plastic bottles every day, you take in about 90,000 particles every year. By preferring tap water to this, on the other hand, the ingested quantity can be reduced by more than half, reaching about 40,000 particles, according to the study of the Vienna University of Medicine.

Another source of these micro particles is represented by drugs and cosmetic products: a research conducted by the NGO Plastic Soup Foundation (PSF) found that about 9 out of 10 cosmetics from leading brands such as L’Oréal Paris, Garnier, Nivea, Gillette, Oral- B, Head & Shoulders and other brands contain microplastic particles.

The European Commission intervened on this issue and requested an evaluation of the data from the European Chemicals Agency (ECHA) in order to present a proposal to limit the use of primary microplastics as well as in cosmetics, detergents and fertilizers. The expected result of this restriction is to reduce microplastic emissions by about 400,000 tons over the next 20 years. Considering this goal, in Italy from 1 January 2020 the sale and marketing of rinse-off cosmetics, such as soaps, creams, exfoliating gels and toothpastes, containing microplastics has been prohibited.

Risks of plastic for human health

There is still little information about the impact of microplastics on animal health and, especially, on humans. Although the components of plastics, polymers, are in themselves harmless chemically inert and, therefore, non-toxic the size of microplastics, and even more so to nanoplastics, greater reactivity than polymers making them potentially harmful to organisms depending on the type of exposure and susceptibility. Potential risks to humans can be physical, chemical or microbiological, according to the Higher Institute of Health. Physical risks concern the entry of microplastics into the body and the direct damage caused by them, in particular to the respiratory and digestive systems, the first to which they come into contact.

The chemical risks instead derive from the presence of contaminating elements, such as plasticizers (phthalates, bisphenol A) or persistent contaminants (brominated flame retardants, polycyclic aromatic hydrocarbons, polychlorinated biphenyls) present in microplastics that can interfere with the endocrine system, damaging it. With harmful effects on the reproductive sphere and the metabolism both of those directly involved and of the children both during pregnancy and in adulthood following exposure to plastic particles in the early stages of life.

In addition, microplastics can carry, attached to their surface, microorganisms capable of causing disease: bacteria such as Escherichia coli, Bacillus cereus and Stenotrophomonas maltophilia have been detected in microplastics collected off the coast of Belgium.

Although there is no confirmation on the danger of plastics to humans, the research team of the Medical University of Vienna has found changes in the composition of the intestinal microbiome caused by ingested particles that pass through the gastrointestinal tract.

Alterations that are responsible for metabolic diseases such as obesity, diabetes and chronic liver disease. Furthermore, when microplastics are absorbed, they accumulate in the liver, kidneys and intestines causing oxidative stress, metabolic problems, inflammatory processes and damage to the immune and neurological systems, claims the Higher Institute of Health. With the possibility of local inflammation and the activation, caused by nanoplastics, of chemical pathways involved .in the formation of cancer.

Simple remedies to reduce
plastic consumption

In daily life, there are several ways to limit the amount of plastic consumed. Among these, for example, cooking in the microwave in porcelain dishes instead of plastic containers, as well as ventilating the house sufficiently.Another advice is to avoid buying food and cutlery in plastic packaging: just think that micro particles can be found even in tea bags and pre-cooked rice.

In addition to the consumption of tap water, preferably filtered, which, as indicated above, almost halves the ingested particles compared to bottled water, it should be noted that even clothes made with synthetic fibers can release microplastics when washed. This is why it is important to avoid these materials and instead opt for natural fibers such as wool, silk and hemp. And, of course, it is also important to support policies and initiatives that seek to limit single-use plastics.

While giving up disposable straws and carrying a reusable bottle are great first steps, the solution to the problem lies with governments and businesses, according to WWF. This is why the NGO has launched an online petition calling on governments around the world to sign a legally binding global treaty in order to simplify the way we use and dispose of plastic.

Recognizing the responsibility of companies to develop new product design models to enable the reuse of plastics. Facilitating that approach to the circular economy which is talked about so much but which is still not done in practice.

So I leave you by recommending a book that teaches us to deplastify the planet, with practical and simple ideas to implement in everyday life: Plastic detox. 50 ideas to reduce plastic in everyday life

Condividi: