Ci hanno tolto il Fondo per il Contrasto ai Disturbi Alimentari. Scrivo ci perché in sei anni di attivismo ho imparato a considerare le persone malate di disturbi alimentari come parte della mia famiglia e la lotta a queste malattie come parte di me. Ho impegnato ore, giorni, mesi a studiare, a capire, a rispondere, a indirizzare, ad aiutare.

Sono scesa in piazza con gli altri componenti del Movimento Lilla per chiedere a gran voce che queste malattie venissero riconosciute per quello che sono: gravi patologie psichiatriche con gravissime ricadute fisiche. Malattie che possono portare alla morte, se non curate adeguatamente e tempestivamente.

La situazione in Italia, le cifre

Si stima che in Italia siano più di 3 milioni e mezzo le persone malate di DCA ( o DAN come si chiamano ora) ed è una stima per difetto, visto che risale ad almeno quattro anni fa, quando ancora non c’era stato il raddoppio dei casi post pandemia e le diagnosi erano meno complesse di quelle di oggi. A fronte di questi numeri impressionanti, sono solo 91 le strutture – tra reparti, residente e ambulatori dedicati – riconosciute dall’Istituto Superiore di Sanità in tutto il Paese. Erano 126 ma alcune non rispettavano i criteri e sono state depennate.

E se nelle realtà pubbliche d’eccellenza, come quella della ASL Roma 1 diretta dal Prof. Armando Cotugno, la lista d’attesa per una prima visita arriva a un anno, in regioni meno fortunate come il Molise non c’è un solo centro pubblico per la cura di anoressia, bulimia e binge-eating.

Ma anche nella virtuosa Lombardia, quella che vanta più strutture insieme all’Emilia Romagna, non va molto meglio. A Milano ci vogliono sei mesi d’attesa per accedere all’ambulatorio del S. Paolo o del Niguarda, mentre a Villa Miralago la lista arriva a un anno, con posti limitati per gli utenti di Regione Lombardia perché il diktat è quello di privilegiare gli utenti fuori regione, molto più remunerativi.

Eh sì, perché nel mondo della cura dei disturbi alimentari, finché non sarà attuata la legge articolo 1, commi da 687 a 689 che individua un’area specifica per i DAN nei Livelli Essenziali di Assistenza, continueranno ad esserci viaggi della speranza e speculazioni varie legate a questioni amministrative di cui i normali cittadini raramente sono a conoscenza.

Il Fondo, un cerotto a un’inondazione

Va ricordato che il Fondo per i Disturbi Alimentari non era la soluzione ma un contentino ottenuto in extremis dal precedente Governo dopo una manifestazione e nottate passate al telefono, nel tentativo disperato di mettere un cerotto a un’inondazione.

E adesso che non abbiamo più nemmeno il fondo e che dell’attuazione della legge non si parla nemmeno, cosa accadrà a tutte le persone attualmente in cura e ai nuovi malati? Dove li indirizzeremo noi attivisti e attiviste?

Perché fare sensibilizzazione è utile solo se poi le persone sensibilizzate hanno accesso alle cure, altrimenti non si fa che continuare a girare in un vicolo cieco senza mai vedere la luce.

Per approfondire il tema dei disturbi alimentari, vi consiglio il mio documentario Hangry Butterflies, su Raiplay.

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