Un DPCM un anno e mezzo fa le ha rese obbligatorie e ancora oggi sono con noi. Sul viso, in tasca, in borsa, sotto il mento o stile braccialetto pendatif le mascherine sono ormai parte integrante della nostra quotidianità. Alcunǝ le indossano correttamente, coprendo completamente naso, bocca e mento come raccomandano i medici, altrǝ ne fanno un uso poco idoneo e quindi dannoso sia per loro sia per la collettività.
Gli addetti ai lavori le catalogano con la sigla DPI (Dispositivi di Protezione Individuale) in base alla loro funzione, che è quella limitare l’esposizione a sostanze esterne come batteri, virus e polveri sottili. E sono state adottate come misura complementare per il contenimento della trasmissione del virus Covid-19. Anche se è chiaro che da sole non bastano, rimangono tuttavia un importante presidio di protezione sempre se usate correttamente.

Chirurgiche o di comunità. Monouso o lavabili. Più filtranti FFP2, FFP3 con valvola o meno. A prezzo calmierato o di mercato. Da smaltire nell’indifferenziato oppure no. Potremmo continuare con tante altre specifiche dal momento che sono davvero molte le cose da sapere quando parliamo di mascherine. Resta però il fatto che ormai sono le compagne inseparabili di ogni nostra uscita di casa. Anche se da parte di alcuni ancora permane un atteggiamento scettico sulla loro utilità. E nonostante la scienza abbia detto sì alla mascherina per tutti, i miti da sfatare sui danni che potrebbero provocare sono ancora tanti.

Efficaci e opportune: la mascherina ci salva anche da altre malattie

Gli studi invece confermano l’efficacia dell’uso delle mascherine, ribadita anche nel recente rapporto dell’European Centre for Disease Prevention and Control che evidenzia come queste riducano le opportunità di contagio, non solo verso il Sars-CoV2.  Per esempio secondo quanto sostenuto dal professor Massimo Galli, direttore del dipartimento di Malattie Infettive dell’Ospedale Sacco di Milano “Le misure di prevenzione anticovid hanno ridotto drasticamente il contagio dei virus influenzali, che si trasmettono per via aerea”. L’influenza lo scorso inverno è quasi sparita, così almeno sembra secondo quanto rilevato da Influnet, il sistema nazionale di sorveglianza epidemiologica e virologica dell’influenza, coordinato dall’Istituto superiore di sanità (Iss) anche se ancora non si sa quanto abbia influito la campagna sui vaccini antinfluenzali.  

Il responsabile Influnet, dottor Antonino Bella, aggiunge anche che “da qualche mese non si registrano neanche casi di morbillo e rosolia”. Una scomparsa storica. Ci si ammala meno anche di altre malattie infettive molto gravi, come la meningite e altri virus, che non circolano quasi più tra i bambini.

“C’è una fortissima riduzione di bronchioliti, di pertosse – osserva il professor Alberto Villani, direttore delle Malattie infettive dell’ospedale Bambino Gesù e presidente della Società italiana di pediatria – e di tutte le forme di adenovirus e virus parainfluenzali che provocano laringiti”. Mentre Federfarma rileva che è crollata la richiesta di spray per il mal di gola o per il naso, di sciroppi per la tosse e di antipiretici.  Ma purtroppo cresce la vendita di antidepressivi. Ma questo merita un capitolo a parte.

L’uso della mascherina risulta efficace anche nel contenere la diffusione di altre infezioni e sono utili per i soggetti allergici perché riduce l’esposizione e la quantità di allergeni che raggiungono le vie respiratorie.

Questo non significa che queste malattie siano scomparse, bisogna sempre mantenere alta la guardia e questi dati dovranno necessariamente essere interpretati con cautela dagli addetti ai lavori.

Inoltre, per quanto rilevato finora dai dermatologi, non danno luogo a fenomeni di dermatite da contatto, a meno che non contengano parti in gomma. In quest’ultimo caso chi è allergico al lattice può avere prurito, eritemi, eczemi. In questo caso ovviamente è opportuno cambiare il tipo mascherina. Certo un uso prolungato di alcune tipologie di mascherine, come quello imposto al personale sanitario, può provocare una modifica del microbiota cutaneo perché rendono le zone coperte della pelle umide e possono causare la comparsa di arrossamenti, dermatiti, prurito, acne, o lasciare sul viso dei segni evidenti, ma questo non significa che provochino danni permanenti.

Che danni fa la paura!

Eppure malgrado tutto questo, non solo c’è chi ancora discute della loro efficacia, ma continua con spavalderia a farne un uso scorretto o addirittura, in beffa al rispetto del prossimo e di qualsiasi norma, non la indossa proprio. Forse perché di notizie estremamente contrastanti ne continuano a girare ancora tante sui social, sul web e a dirla tutta, anche da parte dell’informazione scientifica. Ma credo soprattutto, un po’ come per i vaccini, per paura. Paura o innata diffidenza verso qualcosa o qualcuno che ha il potere di decidere ed imporre comportamenti che nella nostra testa però non trovano mai adeguate giustificazioni o spiegazioni. Mentre c’è la fisiologia della respirazione, che per esempio spiega perché la mascherina non arreca danni agli scambi gassosi e non può causare avvelenamento da anidride carbonica. Ma possiamo partire anche da un concetto ancora più semplice per capire perché questo non può accadere: le mascherine mediche o quelle comunitarie sono traspiranti, cioè filtrano e non impediscono il passaggio dell’aria. Quindi le molecole di anidride carbonica essendo molto piccole passano facilmente attraverso i tessuti a differenza dei droplet (secrezioni respiratorie e salivari in forma di goccioline) che sono molto più grandi e contengono eventuali virus. In realtà ciò che prevale è solo la soggettiva sensazione di mancanza di respiro e che nulla a che vedere con le alterazioni degli scambi gassosi. Anche nei pazienti affetti broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) Michael Campos, ricercatore del Miami Veterans Administration Medical Center dell’Università di Miami, ha dimostrato in un suo studio sugli effetti delle mascherine che il loro uso non induce sulla respirazione variazioni significanti neanche in patologie come questa. Quindi dal disagio, tutto personale, legato all’obbligo dell’uso della mascherina non devono derivare preoccupazioni infondate sulla loro sicurezza in questi termini.

Gli errori da non fare

I danni invece ci sono e il rischio di contaminazione aumenta con l’uso inappropriato e se vengono toccate di continuo o non cambiate/igienizzate correttamente così come evidenziato dall’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) nelle nuove indicazioni d’uso. Forse gli effetti collaterali da considerare sono altri tra cui la qualità della comunicazione, perché l’intensità del suono delle parole è inevitabilmente alterato e questo può portare all’involontario gesto di avvicinarsi, cosa che invece deve essere comunque evitata. L’aria respirata può dar fastidio agli occhi o appannare gli occhiali e anche questo porta a gesti inconsci che, se eseguiti con mani contaminate, aumentano il rischio di infettarsi.

Ma la percezione più comune è che indossare la mascherina comporti soprattutto dei costi personali, quali la convinzione che danneggi la qualità della nostra vita. Siamo ad esempio abituati a uscire e sentire l’aria sul viso, a vedere le espressioni o i sorrisi delle persone che incontriamo e quindi viviamo la mascherina come costrizione. Eppure in altri paesi come Giappone, Cina, Corea la mascherina è usata da molti anni senza problemi. I popoli asiatici la usano contro lo smog, o perché vanno a lavorare comunque anche quando stanno poco bene, ma allo stesso tempo non vogliono creare fastidio agli altri e ancor meno diffondere malattie. Senza dubbio c’è un’educazione all’attenzione nei confronti della comunità che da noi ancora difetta un po’. Non è certo un caso che, almeno fino alla comparsa del Coronavirus, li abbiamo guardati con diffidenza e scherno. Quasi la loro fosse un’abitudine ridicola. Invece…

Anche noi probabilmente dovremmo continuare a indossarla ancora per molto tempo, ma forse ci tornerebbe utile tenere bene a mente che questo disagio temporaneo non può dominare sull’importanza di arrestare una pandemia atroce che sta trasformando i comportamenti di milioni di persone tra sofferenza, disperazione e solitudine.  Recuperiamo e torniamo al significato più profondo di ciò che significa essere, prima di tutto persona tra le persone. Che poi il termine persona proviene dal latino persōna che vuol dire maschera, e questo probabilmente dall’etrusco phersu (personaggio), il quale a sua volta deriva dal greco πρóσωπον (prósôpon). E in scena, come forse nella vita, è dalla maschera che si passa al personaggio e dal personaggio alla persona. Chissà allora che le persone non si comprendano meglio e sinceramente solo quando indossano una maschera che – paradossalmente – purifica dall’esagerazione controllata e a volte da finte espressioni del volto, restituendoci invece quello sguardo tanto più vivo, tanto più adamantino, ma soprattutto tanto più vero.

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