Luca Boccato, amministratore delegato di HNH Hospitality, gruppo di gestione alberghiera che ha nel cassetto 16 hotel e 4 catene alberghiere (tra cui alcune strutture Best Western e Double Tree Hilton), e che offre 2500 stanze in 13 città italiane, il problema della fuga dei giovani dall’Italia e della scarsa attrattività di alcuni nostri settori lo affronta senza alcuna remora.

“Certo – dice – le aziende debbono coinvolgere chi cerca lavoro nei valori che offre. Ma c’è un valore che non va dimenticato: la retribuzione”

Boccato, andiamo subito su un tema che molti suoi colleghi imprenditori tendono a trascurare: va bene l’etica, la cura delle persone, il loro benessere; ma se poi li paghi poco i dipendenti se ne vanno. E questo, per dire, è assai poco “social”…
Nel nostro settore se ne vanno soprattutto i giovanissimi, quelli che non hanno ancora famiglia e che iniziano ora l’esperienza: l’estero piace e stimola anche come scelta di vita. Quelli più maturi invece ci pensano di più. Restano. Ma qui abbiamo perso un’occasione che rischia di diventare un danno

Quale?
Il rinnovo del contratto nazionale. Era un’opportunità enorme, che avrebbe permesso di distribuire a valle i risultati che il settore sta creando dopo la pandemia del 2019. Oggi il mercato italiano è veramente importante, ma il contratto scaduto nel 2018 è stato rinnovato con aumenti che sono francamente ridicoli. E questo a lungo termine determinerà una fuga di risorse umane dal settore turismo, che diventerà più povero: perché inevitabilmente in futuro attirerà quelli che hanno meno opportunità di lavoro e quindi anche meno talento.

E allora come si corregge questa stortura?
Le spiego cosa facciamo noi. Operiamo cercando di prendere persone, manager o altro, che siano capaci – il che è un requisito essenziale – e che siano allineate al nostro set di valori. E questa è la parte soft. Poi c’è la parte hard, quella che volgarmente chiamiamo dei numeri. Come? Con contratti integrativi di secondo livello con i quali condividere una parte dei risultati positivi che facciamo. E si tratta di interventi non solo destinati alle prime linee, ma spalmati trasversalmente su una platea di quasi mille collaboratori. E cercando di dare risposte ad alcune difficoltà specifiche: siamo intervenuti unilateralmente con maggiorazioni per il lavoro prestato di sabato, cosa che non avviene nel contratto nazionale, e raddoppiando la maggiorazione domenicale sempre rispetto al contratto nazionale. Chi si sacrifica deve essere pagato di più. Noi ci abbiamo messo 600mila euro.

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Il turismo, ed anche quindi i settore alberghiero, sono considerati segmenti economici con scarso tasso di innovazione e di valore aggiunto. Quindi poco appetibili. Immagino che non lo condivida.
Per niente. Partiamo dalla tecnologia e dall’innovazione. Noi ci siamo immersi. E in un hotel c’è altissima tecnologia. Pensi che addirittura il sistema di pulizia e riassetto delle camere è gestito dotando i dipendenti di palmari. Per non parlare delle prenotazioni, dei trasferimenti, degli extra, dei servizi aggiuntivi. D’altronde il volume dell’e-commerce, che tocca anche noi, è ormai il 50% di quello globale. Al nostro interno ci sono variabili più tradizionali e altre più innovative ma è indubbio che il nostro settore è stato uno dei più impattati dallo sviluppo di Internet.

Il settore alberghiero non è considerato amico dell’ambiente. Brucia tanta energia.
Noi abbiamo fatto una scelta importante. Oggi in tutti i nostri alberghi usiamo solo energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili. In alcuni casi abbiamo fatto anche degli investimenti legati alla riduzione dei consumi con impianti di cogenerazione. Rimane il fatto che inevitabilmente il turismo consuma perchè genera movimenti di persone e quindi inquinamento. Serve una consapevolezza collettiva: e la vediamo anche nei nostri clienti corporate che una volta si facevano viaggi lunghissimi per una riunione di 1 ora. Adesso molto meno grazie alla tecnologia.

Un impatto negativo viene anche dalla crescita del turismo “mordi e fuggi”. Tanta gente, ma poca qualità. E il dilagare di Airbnb. Che ne pensa?
Il settore alberghiero è professionale. E ha una serie di vincoli controlli a cui deve – e sottolineo giustamente – sottostare per la sicurezza dell’ospite. Questi controlli, che servono a salvare vite, non ci sono per chi non fa attività professionale. Oggi ci sono Airbnb che possono ospitare un numero di persone molto ampio, simile a quello di un albergo, e quindi dovrebbero avere lo stesso livello di garanzie di sicurezza. Non possono avere garanzie inferiori solo perché si presuppone che sia un’abitazione che viene utilizzata a scopo diciamo diciamo così, ricreativo.

Un hotel può diventare anche un motore di cultura?
Certo. Perchè il turismo è sicuramente sicuramente il più grande motore di cultura e di scambio a livello internazionale, e chi ci lavora lo sa e fa di tutto per svilupparlo. Oggi due terzi delle persone che visitano il nostro Paese sono straniere. È inevitabile che questo determini un grande flusso non solo di risorse e di denaro, ma anche di opportunità, di scambi culturali. È ovvio che poi questo diventa un un diciamo un acceleratore di un processo di globalizzazione perché inevitabilmente più si sviluppa il turismo e più le culture sono destinate ad avvicinarsi nelle loro tendenze. Gli hotel e chi ci lavora sono un grande motore di trasferimento e scambio culturale.

Entro il 2030 tutte le aziende dovranno presentare il bilancio di sostenibilità, dimostrando di rispettare i criteri ESG concordati con l’Europa. E voi?
Nel 2024 faremo per il terzo anno il bilancio di sostenibilità certificato. Un passo importante perché definisce in modo inequivocabile un allineamento di valori tra i soggetti coinvolti nella nella gestione della della società, degli stakeholders e dei dipendenti. Ci misuriamo e difendiamo le scelte che facciamo a livello sociale. Nel personale degli alberghi che gestiamo ci sono almeno una trentina di nazioni rappresentate, curiamo la coesione e l’ allineamento non solo di tutti i generi ma anche di tutte le nazionalità e di tutte le culture all’interno delle nostre strutture. Con coerenza, però. Perché possiamo dire tante cose ma poi se non siamo coerenti tra quello che diciamo e quello che facciamo, veniamo giudicati quotidianamente e abbandonati dai collaboratori.

Nel vostro bilancio evidenziate molto il tema sicurezza dei dipendenti. Solo 17 incidenti lì su 1,2 milioni di ore lavorate. Soddisfatti ?
Molto. Pensi che in una giornata di lavoro d’estate ospitiamo fino a 5mila persone al giorno. tura del settore abbiamo un profilo di rischio più basso rispetto alle persone che lavorano con noi è anche vero che in una giornata piena d’estate ospitiamo 5000 persone in tutti i nostri alberghi, quanto gli abitanti di un piccolo paese. Poi nei 17 incidenti che abbiamo avuto l’anno scorso il fatto più grave è stato di un collaboratore in cucina che si è tagliato un dito.

Speriamo che non lo abbiate cucinato dopo
No, era un taglio abbastanza profondo su una mano. Niente padella. Però…

Però?
La sicurezza è anche un tema culturale Sono cose da evitare. Noi gli strumenti li abbiamo e le le misure di sicurezza le adottiamo in tutti gli alberghi, con i dispositivi di protezione individuale. La carne si taglia con i guanti. Facciamo istruzione contro atteggiamenti superficiali, “faccio prima senza” sulla sicurezza non esiste.

Da imprenditore che consigli darebbe ai suoi colleghi per evitare che i giovani lascino il Paese?
Nel mio piccolo ricordo sempre che prima di fare l’imprenditore ho fatto il dipendente per cinque anni. Non per pochi mesi, e non si trattava di uno stage. Provate a farlo, vi fa vedere le cose da una prospettiva diversa.

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