(English translation below)
È l’abbecedario del viaggiatore in erba. Quei coriandoli colorati, combinazioni cromatiche con nomi familiari o esotici, costituiscono spesso il primo passo nell’immaginare un altrove, la costellazione arlecchinesca di paesi e nomi che invitano a sorvolare il pianeta in modo festoso. Eppure per le bandiere si muore: sono forse il ninnolo più serio, un pezzo di stoffa dietro al quale si va la massacro; o se si preferisce la questione di stato che maggiormente si trasforma in balocco. 

Nei vecchi manuali scolastici di geografia, gli alunni che andavano subito a perdersi tra quei rettangoli messi in ordine nelle prime o nelle ultimissime pagine, erano i predestinati al viaggio. Ancora oggi gli appassionati si sbizzarriscono in cataloghi in rete, con quiz, aneddoti, le scatole cinesi che vanno dai vessilli dei paesi indipendenti a quelli delle organizzazioni internazionali, degli stati non riconosciuti dalla comunità internazionale, dei territori autonomi, delle regioni, dei comuni. A ciascuno la sua bandiera: un pezzo di stoffa acconciato non si nega a nessuno. 

Non è solo un modo per passare il tempo, ma per cominciare a scoprire il mondo, ad affinare la curiosità. Ognuno avrà le sue preferenze, tra le varie categorie di bandiere. Ad esempio: le straconosciute: Grecia, Stati Uniti, Canada… 
Le più essenziali ed eleganti: Unione Europea, Giappone, Albania.
Le misteriose: Galles, Groenlandia. 
La più sorridente: Uruguay. 
Con le idee poco chiare: Centrafrica, Bosnia.
Un tempio: Corea del Sud, Mongolia. 
Le favolose: Sri Lanka, Bhutan. 
Le festose: Sudafrica, Seychelles, Brasile. 
Le noiose: tutti questi tricolori verticali – Italia, Francia, Belgio… – od orizzontali – Ungheria, Paesi Bassi, Paraguay…
Le armate e intimidatrici: scimitarra per l’Arabia Saudita, scudi, lance e macete per Angola, Kenya, Eswatini, ma per il Pacifiche: India (un arcolaio!), Lesotho (un cappello di paglia). Il Mozambico addirittura il kalashnikov.
Quelle venute proprio male: Estonia, Germania, Cipro. 
Quelle uniche: Nepal. 
Le circensi: Regno Unito, Grenada, Burundi, USA.

Molte si confondono (quella italiana con il Messico o l’Irlanda), a volte a ragione – Australia & Nuova Zelanda, Romania & Moldavia, Paesi Bassi & Lussemburgo, Bahrein & Qatar;  altre senza ragione – Tagikistan e Ungheria, India e Niger, ecc. 

In alcune si riconosce una cultura – il Turkmenistan e i suoi tappeti, Angkor Wat per la Cambogia, o tutta la filiera delle croci nordiche – Finlandia, Islanda, Far-Oer, Aland, Svezia, Norvegia, Danimarca –  che sono un manifesto di design razionale, pulizia, coesione sociale. 

Le corrispondenze e le suggestioni sono mille. Con sotto gli occhi un atlante delle bandiere, cartaceo o su schermo, ognuno potrà concordare o meno con le mie pagelle, e fare le sue. Alighiero Boetti le ha trasformate in tappeti e composizioni planetarie – un nuovo genere. Altre volte sono diventate cartine per caramelle (con indignazione dei sauditi, perché sulla loro bandiera ci sono versi coranici). Le bandiere sono un mazzo di carte multiuso e alla fine qualcosa in più di conoscenza geografica rimarrà anche ai più refrattari. Insieme a un briciolo di curiosità, per esplorare questo nostro pianeta dove i suoi popoli si sono identificati da secoli (ma durerà sempre questa fissa delle bandiere, nell’età digitale e altro?) in questi rettangoli di stoffa, carichi di storia ma leggeri per poter sventolare. Anche noi faremmo bene a conoscerle. Tuttavia, come il vento, a prendere le bandiere con leggerezza – che altrimenti possono essere tragedie. 

ENGLISH VERSION

Traveling Through Flags: from online catalogs to the works of Alighiero Boetti

Flags make up colorful and harmless geography – but only if it’s a game. If they are not taken lightly they can be tragedies.

It is the ABC of the budding traveler. Those colored confetti, chromatic combinations with familiar or exotic names, often constitute the first step in imagining an elsewhere, the Harlequin constellation of countries and names that invite you to fly over the planet in a festive way. Yet, some die for their flag, for flags are perhaps the most serious trinket, a piece of cloth behind which massacre takes place; or a superior symbol if the State that turns into a toy.

The pupils who, in the old school textbooks of geography, wondered about those small rectangles well in order in the first or very last pages, were the predestined to become travelers. Even today, fans enjoy online catalogues, with quizzes, anecdotes, the “Chinese boxes” sequence of flags independent states and then those of international organizations, of unrecognized countries, of autonomous territories, regions, municipalities. Everybody is entitled to his own flag.

It is not just a way to pass the time, but to start a world discovering, to refine curiosity, with individual tastes among the various categories of flags. 

For example:

Well-known flags: Greece, United States, Canada, …

The most essential and elegant: European Union, Japan, Albania.

Mysterious: Wales, Greenland.

The most smiling: Uruguay.

With unclear ideas: Central Africa, Bosnia.

A temple: South Korea, Mongolia.

Fabulous: Sri Lanka, Bhutan.

Joyful: South Africa, Seychelles, Brazil.

Boring: all these vertical tricolors – Italy, France, Belgium, … – or horizontal – Hungary, the Netherlands, Paraguay …

Armed and intimidating: sword for Saudi Arabia, shields, spears and machetes for Angola, Kenya, Eswatini, but for Mozambique even a Kalashnikov!

Peaceful: India (a spinning wheel!), Lesotho (a straw hat).

Not good-looking: Estonia, Germany, Cyprus.

Unique: Nepal.

Circus like: United Kingdom, Grenada, Burundi, USA.

Many are very similar to each other (the Italian one with Mexico or Ireland), sometimes with good geographical or historical reason – Australia & New Zealand, Romania & Moldova, the Netherlands & Luxembourg, Bahrain & Qatar; others without reason – Tajikistan and Hungary, India and Niger, etc.

In some, we recognize a culture – Turkmenistan and its carpets, Angkor Wat for Cambodia, or the family of Nordic crosses – Finland, Iceland, Far-Oer, Aland, Sweden, Norway, Denmark – which are a manifesto of rational design, cleanliness, social cohesion.

There are thousands of correspondences and suggestions. With an atlas of flags under their eyes, either on paper or on screen, everyone will be able to agree or not with my tastes, and make their own. Alighiero Boetti transformed them into planetary rugs and compositions – a new contemporary art language. Flags also became candy papers (to the indignation of the Saudis, because there are Koranic verses on their flag). Eventually, some geographic knowledge will remain even for the most refractory ones. Combined with a touch of curiosity in exploring our planet where peoples have identified themselves for centuries (but will this obsession of flags always last, in the digital age and beyond?) in these rectangles of fabric, full of history but light enough for being able to wave. 

We too would do well in knowing them. However, like the wind, let’s take flags in a light way – otherwise, tragedies may occur.

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