Ma quanto erano belli quei pomeriggi d’inverno allo stadio? Tutte le partite di calcio si giocavano di domenica, o al massimo una o due al sabato per qualche impegno sportivo o altro. E poi la radiolina all’orecchio, l’ascoltare i risultati dagli altri campi, e la schedina del Totocalcio, quegli 1 2 X che potevano cambiare la vita, e l’appuntamento, immancabile, con la Domenica Sportiva?

Oggi il calcio, e il seguire il calcio, è cambiato. A scandire il tempo delle gare non è più la domenica ma le esigenze televisive. Prima si decidono gli slot e la programmazione in tv e paytv delle partite e poi si fa il calendario. Per stilare la classifica ad una giornata X occorre attendere il posticipo del lunedì, ma c’è anche l’anticipo del sabato, e quello della domenica a pranzo, e la domenica pomeriggio e in serata perché il dictat è chiaro, in tv o paytv non si possono accavallare le partite.

Il calcio come uno show televisivo

Il calcio è ormai un show, quasi come tutti gli altri spettacoli che vanno in onda, l’obiettivo sportivo (vincere il campionato) è quasi passato in secondo piano rispetto all’obiettivo di share. I diritti televisivi, la fanno da padrone. Non resta che capire dove è sia finita la passione, quella vera, quella che quando incontravi un pallone ti faceva dargli un calcio quasi immaginando di gonfiare la rete avversaria.

Questo cambiamento che ha pervaso il mondo del calcio e ha stravolto la vita da stadio (e quella da divano) dei tifosi, ce lo racconta con abile maestria il giornalista Maurizio Crosetti nel suo libro Chi ha rubato il pallone? (Baldini+Castoldi, collana Le Formiche, 160 pagine, 18 euro).

Il calcio è irriconoscibile. L’obbligo di giocare sempre e ovunque ha sfondato il tetto dei calendari e delle stagioni: l’ultimo Mondiale in Medio Oriente, a ridosso del Natale, ha segnato una strada da cui forse non si torna. Ogni nazione l’ha patito, ma nessuno ha potuto opporsi.

Maurizio Crosetti ci guida alla scoperta di questa nuova frontiera tra calendari impazziti, tifosi in fuga dagli stadi, maglie di gioco assurde, prezzi alle stelle, crisi finanziaria, moviole in campo e stadi/supermarket. Oggi possiamo costruirci il calcio che vogliamo, costretti però a sottoscrivere due, se non tre abbonamenti per accedere alle varie piattaforme pay. Possiamo montare il nostro palinsesto come una libreria svedese, oppure possiamo comprare i gol come un libro su Amazon.

Tutto molto bello. Ma tutto troppo.

Il calcio è diventato l’istinto di bambini che si credono Einstein. Lo ha catturato una smania numerica, statistica e tattica che vorrebbe interpretare il gioco come una scienza esatta, come se usando il famigerato algoritmo così di moda si potesse ridurre tutto a previsione certa. Invece, bastano un ciuffo d’erba o un colpo di vento per rovesciare ogni logica. Chi ha rubato il pallone? è un libro che sorvola gli stadi e ne mostra cambiamenti e resistenze, le novità inarrestabili accanto al senso immortale. Un colpo d’occhio per tentare di capire le ragioni di questa attrazione repulsiva.

Ci sarà un motivo se amiamo ancora così tanto il pallone, e ci sarà un motivo se a volte ci sembra di non sopportarlo più. Vecchi coniugi del calcio, siamo irresistibilmente legati ai ricordi, ma anche a un brivido che non finisce. Perché racconta la nostra vita.


Maurizio Crosetti, giornalista classe 1962, ha origini torinesi ed è un inviato speciale de La Repubblica, sulle cui pagine ha raccontato i principali eventi sportivi degli ultimi venticinque anni. Ha scritto libri di sport, un romanzo e una raccolta di favole per bambini.

Condividi: