Finite le cosiddette vacanze, settimana più settimana meno, riprendiamo la cadenza consueta. Anche chi non si è spostato, ha avvertito il cambio di ritmo, restando in città svuotate, per quanto lo siano sempre meno. Il ritorno in città rappresenta un taglio netto con tutta la liturgia delle abitudini estive, e non è che l’ennesima cesura di una società che procede per scissioni – pubblico/privato, casa/lavoro, giovani/vecchi, vita/morte. Abbiamo infatti anche il viaggio/sedentarietà, con i suoi slot prestabiliti. Niente di più sbagliato: non è detto da nessuna parte che il ritorno a caso sia la fine del viaggio, anzi.
Le nostre città, e anche i nostri paesi, sono micro o macrocosmi da esplorare come pochi altri luoghi. Dentro di loro, il viaggio va alla scoperta del dettaglio e della sorpresa. Anche sul come viaggiare.
Non so quanti di noi prendano ancora l’autobus. Io mi muovo in Vespa, o in bici, ma sono stato preso da una nostalgica voglia di salire su un mezzo pubblico della mia città dopo aver letto “Racconti dal finestrino – Una guida emotiva di Genova vista dall’autobus” di Giorgio De Martino.
Giornalista del Secolo XIX, l’idea di De Martino è semplice e più grandiosa di quanto non appaia a prima vista: salire al capolinea su un autobus di Genova, sedersi e retare sull’autobus alla fine della corsa. Durante il tragitto, con il taccuino e lo spirito d’osservazione che sono la deformazione professionale dei reporter – in questo caso meglio questa definizione inglese, colui che riporta – coglie i mille aspetti che il paesaggio urbano attraversato gli offre. I capitoli del suo libro corrispondono ai numeri delle linee sulle quali ha viaggiato.
L’autobus urbano ha un passo anomalo: lento, ma capace di brusche accelerazioni; con fermate frequenti, di durata diversa; con compagni di ventura occasionali – forse nessuno quando si parte e si arriva, la calca tra le fermate più gettonate, e un’umana antologia che va dal migrante al turista, dall’anziana al ragazzino, dal signore con la ventiquattrore all’operaio. Anche il paesaggio è democratico: si comincia con la periferia, in settori nei quali forse si va per la prima volta, e poi mano a mano si guadano piazze e strade di aspetto diverso: anonime, storiche, sfarzose, note o inedite al nostro sguardo.
Nanni Moretti in una sua famosa sequenza andava in giro in Vespa per osservare al volo le facciate delle case di Roma. L’autobus offre un punto di osservazione simile: senza annoiarci, perché costantemente si passa oltre, si possono osservare le forme generali e ogni tanto qualche dettaglio di un’identità urbanistica. L’autobus sfoglia le pagine, starà poi a noi se si vuole, riprendere in mano il libro e tornare su alcuni passaggi che ci hanno colpito. E c’è la fauna umana, nella città osservata quasi cinematograficamente dal finestrino in movimento, con suggestioni di ogni tipo che si presentano in sequenza. Dove va tutta questa gente? Perché si agita con movimenti quasi uniformi? Come si vestono quelle signore? Il verde dei giardini è un fantasma o penetriamo in alcuni viali come in una selva?
Come in un modesto ecclesiaste della quotidianità, dall’autobus la città si presenta con i suoi tempi: il tempo dell’ozio e quello del lavoro, della fretta e dell’attesa, il tempo di una città felice e quello della strada ferita, e così via. L’autobus ci sorprenderà: seduti (saliamo per primi), lo troveremo più comodo del previsto, senza dover andare da nessuna parte precisa, non ci lamenteremo della sua lentezza, anzi ci piacerà perché ci permetterà di guardare meglio; il costo della girata sarà irrisorio; e ci sorprenderemo a prendere al volo alcune fotografie durante questo breve nomadismo, magari perfino qualche selfie.
Il reporter, ovvero ciascuno di noi, avrà il suo taccuino – fisico o materiale – e potrà annotarsi il colore dominante delle varie strade percorse, il rumore o la musica che giungono alle orecchie, gli odori che possiamo immaginare chiusi nell’autobus, un punto interrogativo su una scena di cui cogliamo solo un frammento mentre passiamo. Un materiale che ognuno potrà rielaborare come se la sentirà: appunti, argomento di conversazione, spunti per una politica cittadina, aneddoti, ricordi. Di alcune cose, anche sulla scia del libro di De Martino, possiamo essere certi: la nostra città ci apparirà diversa da come ce l’aspettavamo prima di montare sull’autobus. E di sicuro avremo qualcosa da raccontare al termine della corsa, perché una città, non fosse che per allusioni, ha abbastanza di imprevedibile da offrire.
Due le regole d’oro suggerite dai “Racconti da un finestrino”. 1: Percorrere la linea dell’autobus nella sua interezza, non limitandosi a un solo settore: la varietà e la gradualità del passare dalla periferia al centro e poi dileguarsi nuovamente nella periferia opposta, o la circolarità di un percorso, sono un ingrediente fondamentale. 2: Per dare sugo ai nostri viaggi urbani, è bene compierne più d’uno (idealmente tutte le linee degli autobus urbani, così da disporre di una mappatura completa della città, ma è impegno mica da poco): la pluralità e l’inevitabile confronto tra tragitti, veicoli, giornate diverse sono un terreno fertile di osservazione.
Che ne faremmo alla fine di questi viaggetti a casa nostra? Non lo so, sono cammini poco impegnativi e senza troppe aspettative di partenza, ognuno trarrà le proprie conclusioni, se ne sarà valsa la pena o meno. Con un tocco di Queneau e uno di Perec, Giorgio De Martino si è divertito, lui che da giornalista già conosceva molto bene Genova, ora la conosce meglio, e da un punto di vista diverso, felice perché così ordinario. Ci ha scritto un libro, con pagine agili e leggere – proprio come ci piace viaggiare. E ha prolungato, reinventato, il suo viaggiare post-vacanze, riconciliando “casa” ed esplorazione.