Elezioni USA 2024: oggi si vota per scegliere il prossimo Presidente degli Stati Uniti
Elezioni USA 2024: oggi si vota per il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Chi vincerà la corsa alla Casa Bianca tra Harris e Trump?
Elezioni USA 2024: oggi si vota per il prossimo Presidente degli Stati Uniti. Chi vincerà la corsa alla Casa Bianca tra Harris e Trump?
Today is the day.
Dopo una campagna elettorale che farebbe impallidire anche i più stravaganti sceneggiatori di Hollywood, finalmente i cittadini americani sono chiamati alle urne per scegliere il prossimo Presidente degli Stati Uniti. In corsa per la Casa Bianca ci sono la Vice Presidente democratica Kamala Harris, 60 anni, e l’ex Presidente repubblicano Donald Trump, 78 anni.
L’America è pronta per il suo primo Presidente donna oppure assisteremo al ritorno di Donald Trump?
Secondo gli ultimi sondaggi la percentuale di voti che separa Kamala Harris e Donald Trump è irrisoria, si parla di un vero e proprio testa a testa.
Un dato che sbalordisce, considerando soprattutto la netta contrapposizione dei due candidati su alcuni temi caldi quali il clima, la sicurezza internazionale, i diritti civili e le riforme economiche.
Per quanto riguarda l’economia, Trump punta su nuovi tagli alle tasse, mentre Harris propone di eliminarne alcuni per favorire il welfare. Sul commercio, la vicepresidente è contraria ai dazi, mentre Trump promette di applicarne uno del 10% su tutte le importazioni.
Per quanto riguarda la politica estera, Harris intende sostenere l’Ucraina finché necessario e cerca una de-escalation nel conflitto in Medio Oriente, pur ribadendo il diritto di Israele alla difesa; Trump, invece, promette di porre fine a entrambi i conflitti, affermando di poter risolvere la guerra in Ucraina entro 24 ore, una dichiarazione che molti interpretano come una concessione a Putin. Trump è inoltre critico verso la NATO, e ha già minacciato in passato di ritirare gli Stati Uniti dall’Alleanza se gli altri Paesi non aumenteranno i contributi.
Sul lato della politica interna invece, l’aborto è uno dei temi più divisivi: Harris promette di restituire alle donne il diritto di scelta e l’accesso legale alle procedure, a differenza di Trump che si è mostrato nettamente contro nominando alla Corte Suprema i giudici responsabili della storica abolizione della sentenza Roe v. Wade che lo garantiva dal 1973.
Non mancano i disaccordi anche sui temi ambientali. Harris sostiene con convinzione le proposte del Green New Deal, mentre Trump vuole alleggerire le normative in vigore per dare slancio all’industria automobilistica e petrolifera. Anche sull’immigrazione si gioca una partita chiave: Harris appoggia un accordo bipartisan per inasprire le regole, accordo che Trump ha fatto fallire pur di negare una vittoria a Biden. Per lui, infatti, la sicurezza delle frontiere resta uno degli slogan di punta.
Indipendentemente dal risultato finale, queste elezioni avranno delle conseguenze su scala globale: se da un lato la vittoria di Harris potrebbe rafforzare l’impegno per il clima e la giustizia sociale, il ritorno di Trump potrebbe portare a un cambiamento radicale delle politiche internazionali e dei rapporti con gli alleati.
Eppure, se guardiamo al marketing, Harris e Trump non sono poi così diversi. Entrambi hanno saputo sfruttare abilmente la propria immagine pubblica per attirare voti, in particolare durante la fase di campagna elettorale.
Nel libro autobiografico Le nostre verità, Kamala Harris trae ispirazione dalla sua storia personale per raccontare le sfide del nostro tempo, attingendo alle esperienze che l’hanno formata e promuovendo un impegno quotidiano per la difesa dei diritti civili, per i quali ha combattuto sin da bambina.
Per quanto concerne Trump, questo ottobre nelle sale ha debuttato il primo film in lingua inglese di Ali Abbassi, che svela la storia del giovane imprenditore agli inizi della sua carriera.
Ambientato negli anni 70, The Apprentice – Alle origini di Trump racconta il periodo in cui il tycoon conosce l’avvocato Roy Cohn, un mentore spietato che gli rivela i segreti e le regole del cinico mondo degli affari. Lezioni che poi diventeranno le fondamenta su cui Trump costruirà non solo la sua carriera, ma anche la sua visione del mondo.
In occasione delle elezioni di quest’anno, gli americani sono chiamati non solo a decidere il prossimo inquilino dello Studio Ovale, ma dovranno votare anche per il rinnovo di tutti i 435 seggi della Camera, dove i deputati restano in carica per due anni, e di un terzo del Senato, che quest’anno conta 34 seggi, con un mandato di sei anni per ciascun senatore.
A differenza delle nostre votazioni, in America i cittadini non votano direttamente per i candidati, ma scelgono dei grandi elettori designati dai partiti. Questi grandi elettori, provenienti da una rete di funzionari, sostenitori e politici locali, sono i veri responsabili dell’elezione del Presidente. In totale, ci sono 538 grandi elettori, un numero che corrisponde ai 100 senatori e ai 435 deputati del Congresso, con l’aggiunta di tre rappresentanti del District of Columbia, dove si trova Washington D.C. La distribuzione dei grandi elettori tra gli Stati avviene in base alla popolazione di ciascuno di essi: più sono popolosi più saranno influenti nei risultati. Per poter vincere, uno dei due candidati deve ottenere almeno 270 voti.
Sono già più di 78 milioni gli elettori che hanno espresso il loro voto anticipato nelle elezioni americane, quasi la metà dei votanti all’Election Day del 2020.
Deliberato ufficialmente nel 1845 dal Congresso degli Stati Uniti, la storia dell’Election Day risale alla metà del XVII secolo, un’epoca in cui la maggior parte degli elettori erano agricoltori o proprietari terrieri, che spesso vivevano lontano dai seggi. Scegliere il martedì come giorno dedicato alle votazioni non fu casuale: la domenica era dedicata alla messa, il mercoledì al mercato, e spesso servivano due giorni di viaggio per raggiungere i luoghi di voto. Inoltre, votare a novembre evitava di interferire con la stagione dei raccolti e la semina, ma anche con i rigori invernali, che avrebbero potuto scoraggiare la partecipazione.
Oggi, il giorno delle elezioni, è considerato un giorno di festa in molti Stati. Tuttavia, molti cittadini sono costretti a chiedere un permesso al loro datore di lavoro per potersi recare alle urne, per questo aumentano le richieste di rendere l’Election Day una vera e propria festività federale, così da consentire a tutti i cittadini dei 50 Stati di partecipare senza impedimenti.
Negli ultimi mesi sono state avanzate diverse ipotesi su chi potrebbe essere il prossimo inquilino della Casa Bianca. Dati, statistiche, sondaggi e studi neuropsicologici sulle scimmie hanno provato a dare una risposta a questo interrogativo.
Per ora, si pensa che Trump sia il favorito ma bisogna valutare sempre un margine di errore legato all’imprevedibilità dei risultati, considerando anche la breve distanza tra i due candidati.
Decisivo sarà il risultato della Pennsylvania, dove i 580 mila elettori della comunità latinoamericana, la maggior parte dei quali sono portoricani, potrebbero cambiare il risultato dei ballottaggi in favore di Kamala Harris.
Il comizio di Trump la scorsa settimana al Madison Square Garden di New York è stato il meglio del peggio che ci si poteva aspettare dal tycoon: uno show in cui il razzismo, sessismo, volgarità hanno regnato sovrane. A far discutere, in particolare, c’è stata la battuta del comico Tony Hinchcliffe che durante il suo discorso ha definito Porto Rico
“un’isola galleggiante di spazzatura in mezzo all’oceano.”
Una scelta poco intelligente che potrebbe costare caro al 45° Presidente. Pur non avendo la cittadinanza americana, i portoricani non possono votare per le presidenziali, ma acquistano il diritto di voto se sono residenti negli Stati Uniti.
Nei giorni scorsi, anche il cantante portoricano Ricky Martin e altre star dello showbiz hanno condiviso sui propri canali social video e immagini in cui ricordano come Trump abbia bloccato gli aiuti all’isola dopo che venne devastata dall’uragano Maria nel 2017.
Per conoscere i risultati degli spogli elettorali potrebbero volerci giorni. Nel frattempo, l’America è blindata: sono molteplici le misure di sicurezza attuate per evitare che si ripetano i disordini del 6 gennaio 2021, quando venne preso d’assalto il Campidoglio a Washington da parte dei sostenitori di Donald Trump. Persino intorno alla Casa Bianca e alla residenza di Kamala Harris sono state erette nuove barriere di sicurezza per evitare potenziali rivolte e proteste. Anche il Secret Service è stato chiamato a rafforzare la sicurezza a West Palm Beach dove Trump terrà una convention la sera delle votazioni.