Dopo il grande successo dello scorso anno, con tre settimane di tutto esaurito al Teatro Brancaccio di Roma, torna in Italia Alice in Wonderland, il prossimo 15 febbraio al Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia, il 18 febbraio al Teatro Lyrick di Assisi, il 9 marzo al Teatro Duse di Bologna.

La nota dominante di questo spettacolo di fantasmagoria circense è stata quella dell’applauso; un applauso a scena aperta, quasi ininterrotto, a marcare un terreno imploso, segnato dal desiderio di liberazione di un pubblico assolutamente eterogeneo: famiglie, amici, coppie, anziani, bimbi, ragazzi.

Alice si ricorda sempre per la sua capacità di stupirsi e di stupire, di attraversare le circostanze più inquietanti con una purezza incosciente, quella che capovolge specchi, spariglia mazzi di carte, vince complesse scacchiere sovradimensionate, reinventa mondi in libertà, senza mai cedere alle insidie di regnanti ambigui ed aggressivi.

Forse per la sensazione che ha coinvolto tutti di assistere a un continuo circo legale, mediatico, sanitario, politico, il circo ritrova una sua imprevedibile attualità. La dimensione del circo, in un momento in cui il contatto con il corpo subisce da tempo regole compresse e complesse, tanto da far temere una sua totale rimodulazione, custodisce in sé la capacità di appassionare, emozionare, supplire con lo sfondamento costante del limite alla costante limitazione diventata ormai abitudine quotidiana.

Forse per questo sono venuti alla luce oggi tanti prodotti residenti in quella dimensione, molti dei quali privi della felliniana consistenza – ormai quasi bonaria – allo sguardo contemporaneo; il circo dei Fratelli Mainetti, che con Freaks Out gioca sapientemente con il ribaltamento tra fenomeni da baraccone e gerarchia nazista ridisegnandone la mappa degli abusi, il circo di Guillermo del Toro che con il suo Nightmare Alley (ribattezzato da noi La fiera delle illusioni) nella sua esplorazione grottesca dell’abuso di potere, delle sue tecniche di manipolazione, tra fenomeni da baracconi, mentalisti scaltri, psicoanaliste control ancor più freak indica i pericoli insiti in giochi crudeli, che fanno perdere la testa.

Un circo entusiasmante e sostanzialmente classico quello che il Theatre Elysium di Kiev propone dalla ispirazione iniziale di Oleg Apelfeld, con il contributo artistico di Maria Remneva, direttrice del Circo Nazionale dell’Ucraina. Trenta atleti, acrobati e ballerini internazionali si sfidanointrecciando molteplici discipline: la ginnastica acrobatica, la recitazione, la danza, in un’atmosfera fiabesca grazie alle musiche e alle proiezioni di scenari onirici.

Non è la novità dei numeri proposti, ma la meraviglia che suscitano, la rappresentazione di una sfida a un pubblico finora sofferente di immobilità e ansia e vive il suo riscatto in una geometria del sogno che incanta e rassicura, insegna a toccare il fuoco e non bruciarsi, a camminare su un filo teso senza vertigini, ad addentare un trapezio roteando, a danzare in compagnia, tra i colori cangianti di uno schermo, a parlare con un gatto gigante, a sfondare il senso del confine, partecipando a una turné che viene dall’Est ora nazionale, poi mondiale.

Ma più del resto riabitua cuori intorpiditi alla capacità di meraviglia e libertà che il teatro classico non regala da tempo e anche quello sperimentale sembra avere affievolito, mostrando i frutti maturi dei suoi giovani artisti ultracinquantenni in un tempo cristallizzato, lasciandone esempi degni soprattutto nei circuiti non ufficiali.

Sia dunque lode ad Alice in Wonderland, al circo, alla connessione eterogenea, e, su queste note, il mio personalissimo augurio va al teatro in toto, che torni quanto prima di libero respiro e libero accesso, almeno per quanto concesso ai centri commerciali.

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