Alla Collezione Maramotti di Reggio Emilia, fino al 16 Febbraio 2025, è possibile visitare l’esposizione dal titolo Attraverso i diluvi. Una ricca collettiva, frutto di un importante lavoro d’équipe, sviluppata da un nucleo di opere provenienti dall’archivio della Collezione, molte delle quali mai esposte al pubblico all’interno dello spazio espositivo, e per la prima volta integrate in un percorso che vede presenti autentici capolavori di arte antica, in prestito da selezionate istituzioni italiane ed internazionali.

Federico Tosi, Ariel (Cuori in Antartide), 2018, cemento e pigmenti/concrete and pigments, 10 x 35 x 30 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia © Federico Tosi,
Courtesy Galleria Monica De Cardenas, Milan/Zuoz – Ph. Andrea Rossetti

Con più di cinquanta lavori che coprono un ampio arco temporale, dal XII Sec. a. C. al 2024, la mostra guarda alle catastrofi, dell’uomo e del mondo, mettendo in evidenza le corrispondenze di senso tra lavori di epoche diverse lontane tra loro, e rivelando quali siano stati i mutamenti di percezione e sensibilità dell’esperienza del disastro nel tempo. Il percorso ha inizio e si conclude con Oltre il Diluvio, un olio su tela di Filippo Palizzi (Vasto, Chieti, Abruzzo, 16 Giugno 1818 – Napoli, Campania, 11 Settembre 1899), uno dei maggiori artisti italiani della seconda metà del XIX Secolo e tra gli esponenti più originali della pittura verista.

Filippo Palizzi, Oltre il Diluvio, 1864, olio su tela/oil on canvas, Al.185 x La. 266 cm. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte, Courtesy MiC–Museo e Real Bosco di Capodimonte, Ph. Luciano Romano

Filippo Palizzi per la definizione iconografica del quadro, attinse dal primo libro della Bibbia: il Libro della Genesi. L’informazione è certa poiché è riportata in una lettera inviata ai fratelli, datata 24 Marzo 1864, conservata nel Carteggio Palizzi parte dell’Archivio Comunale di Vasto. Si tratta di un dipinto frutto di studio e dell’esecuzione di una serie di bozzetti preparatori custoditi a Roma, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna e a Napoli, all’Accademia di Belle Arti, che rappresentano l’attenzione della ricerca svolta sugli animali, condotta tra il 1860 e il 1864, ma sviluppata soprattutto a Parigi nei viaggi del 1861 e del 1863.

Sullo sfondo delle imponenti rocce del monte Ararat, – la Montagna del dolore (oggi in Armenia) – emerse dal ritiro delle acque, in un’atmosfera coinvolgente mossa dalla profusione dei piccoli movimenti dei protagonisti (una delizia per gli occhi), i coloratissimi animali sbarcati dall’Arca si impossessano dello spazio con un entusiasmo che pare poter percepire sonoramente. Festeggiano in un paesaggio di pietra e tronchi d’albero, testimone di un mondo ormai scomparso, che nell’accenno dell’arcobaleno promette una nuova vita. Il moto che caratterizza la fascia inferiore dell’opera è rilanciato da quello della fascia superiore dove gli uccelli, i primi ad uscire dall’Arca, volano alla ricerca di un luogo su cui posarsi. Si tratta di una rappresentazione di fantasia: una natura vivace e vitale definita da un’imponente cornice realizzata dallo scultore-intagliatore fiorentino Pietro Cheloni, alla cui ideazione partecipò lo stesso Filippo Palizzi.

Filippo Palizzi, Oltre il Diluvio, 1864, olio su tela /oil on canvas, Al.185 x La. 266 cm. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte – Ph. Alessio Cuccaro.

Insieme, Pietro Cheloni e Filippo Palizzi, stabiliscono gli elementi della decorazione ad intaglio che presenta «tralci di ulivo, motivi vegetali riferiti al ritorno della colomba che avvisa del ritiro delle acque del diluvio, stelle, raggi di luce, elementi della bellezza cosmica che simbolicamente accoglie e contiene il nuovo mondo rappresentato sulla tela»; la cornice contiene il dipinto a cui, proprio per mezzo di quel capolavoro intagliato, è offerta la continuità del racconto, oltre la tela. L’importanza dell’opera, sia dal punto di vista dell’esecuzione che dei contenuti, fu tale da essere premiata con la Medaglia d’Oro all’Esposizione Universale di Parigi del 1867.

Giulia Andreani, La paix et l’espoir aux portes de l’Europe, 2020, acrilico su tela/acrylic on canvas, Al. 190,5 x La. 250 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia© Giulia Andreani, by SIAE 2024, Courtesy the Artist and Galerie Max Hetzler Berlin | Paris | London – Ph. Roberto Marossi.

Da Oltre il Diluvio ha inizio la narrazione. Di opera in opera, nel costituirsi di una fitta rete di informazioni di luoghi che hanno perso l’innocenza, scorrono le sensazioni di smarrimento ed angoscia davanti alle tracce di ciò che resta di un mondo perduto, scomparso a causa di diluvi, naufragi, inondazioni, esplosioni, uragani, incendi, guerre, epidemie, azioni violente e predatorie dell’uomo sulla natura. I fatti straordinari di un tempo, che trasformavano territori immaginati in realtà, sono oggi divenuti ordinari, terreni divorati dal vero tanto da sottendere il pensiero che si stia diffondendo una “stanchezza” nei confronti degli esseri umani. A questo punto verrebbe da pensare che se, nella storia del mondo, una trasmutazione sia già avvenuta diverse volte, probabilmente avverrà ancora. Potremmo parlare quindi di opere-racconto, espressioni della coscienza, elaborazione e rappresentazione di pensieri della mente che, fatti corpo d’opera, concretano ciò che appare più potente del reale.

Agostino Arrivabene, Le Vedette I, 2000, tempera all’uovo e olio su tela/egg tempera and oil on canvas, Al. 80 x La.100 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia© Agostino Arrivabene,
Courtesy Collezione Maramotti, Reggio Emilia – Ph. Carlo Vannini

Possono gli eventi catastrofici significare e divenire forma attraverso cui comprendere, siano esse nuove creature libere nate da coloro che sfidano i limiti del proprio sapere o manifestazioni determinate dalla necessità nel mondo della presenza di un contatto insopprimibile, seppur terribile e cruciale, perché ha al suo centro il sacrificio?

Jules de Balincourt, Blind Faith and Tunnel Vision, 2005, olio e smalto su tavola/oil and enamel on panel, Al. 198 x La. 147 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia© Jules de Balincourt.

A questo risponde l’immaginazione che, dalla prima immagine lussureggiante di colori, prospetta di essere pronta ad andare oltre la fine, superare le linee di confine per la ricostruzione sopra i sedimenti di quegli affetti nati dagli incontri e sepolti nei corpi trascinati dalla catastrofe. Pensieri illuminano sequenze tracciate o costruite, e assumono densità quasi palpabili e avvolgenti il corpo, prima della mente. I disastri sono il risultato di scelte politiche ed economiche scellerate, favoriti da una progettualità a lungo termine divenuta la causa, ormai inarrestabile, di porte che improvvisamente si spalancano: dalla contemplazione alla disperazione.

Monica Bonvicini, Irene 2011, 2017, tempera e vernice spray su carta Fabriano montata su tela/tempera and spray paint on Fabriano, paper lined on fabric, Al. 186 x La. 153,7 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia © Monica Bonvicini, by SIAE 2024, Courtesy the Artist and Raffaella Cortese, Milan – Ph. Roberto Marossi

E mentre molte tragedie del mondo si consumano contemporaneamente, gettando nel più profondo sconforto i sopravvissuti alle devastazioni, alle distruzioni, c’è sempre un’umanità che deve darne testimonianza insinuandosi tra le piaghe del dolore di chi resta, con il compito di registrare per l’informazione pubblica un fluire incessante di notizie. Parole e immagini di ferite come tenebre poiché, forse, solo passando attraverso le tenebre si potrà ritornare alla luce. Ci interroghiamo se sia una via tragica necessaria quella che nel quotidiano tocca principalmente chi la vive, e non chi la osserva nella comoda dimensione del proprio privato, lontano dall’effettiva comprensione della realtà vissuta nei luoghi della devastazione, non più in grado di provare emozioni autentiche di fronte all’inarrestabile bombardamento mediatico.

Ariel Cabrera Montejo, Metanarrativas No. 1. From the series Secondary Scenes, 2024, acquerello su cartoncino/watercolour on heavy paper, Al. 150 x La. 210 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia© Ariel Cabrera Montejo, Courtesy the Artist and Galleria Mazzoli, Modena and Berlin – Ph. Ariel Cabrera Montejo studio

Abbiamo smarrito la capacità d’intimorirci, di stupirci davanti alle calamità causate dall’incuria dell’uomo; rovina e distruzione attraversano gli sguardi senza più coinvolgere, nell’impossibilita di afferrarle. Come faremo a spiegare a chi lasceremo questa terra, che le azioni dell’umanità sono state nude, viscerali, quanto le loro conseguenze di terrifica visione? La dissociazione diffusa nell’essere, dall’essere umano e civile, e non privo di coscienza, lo ha reso corpo in una civiltà in cui vivere è guadagnare, ottenere, avere, ed è per questo che essa è letteralmente inesistente. Immagini e informazioni martellanti dei media coprono e negano un vuoto paralizzante e onnipresente: l’anestetico perfetto anche allo spargimento di sangue.

Alessandro Fogo, Blue Screen of Death, 2024, olio su lino /oil on linen, Al. 80 x La.100 cm.© Alessandro Fogo, Courtesy Cassina Projects, Milan – Ph. Alessandro Fogo

Trovo molto significativo che alla conclusione del percorso espositivo ci si riferisca ancora all’opera di Palizzi. Fu lui a chiedere di inserire al centro dell’asse superiore della cornice di Oltre il Diluvio la figura dell’Eterno Padre, che con il gesto benedicente rianima la natura amplificando l’opera ed accentuandone il carattere spirituale. La continuità di comunicazioni pervasive che lavano come un diluvio e scavano le coscienze, lascia spazio alla necessità di dover ricomporre il dolore dopo le distruzioni. L’arte contribuisce ad offrire forme all’immaginario per sostenere l’inestinguibile inseguimento della spiritualità, nella libertà della sua trasmissione, per permetterci di vedere le esperienze di coloro che situano l’essenzialità della comunicazione nell’atto concreto di verità non cifrate e a cui si accede per attraversamento.

Ross Bleckner, Dome, 1992, olio e resina su tela/oil and resin on canvas, Al. 244 x La. 244 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia© Ross Bleckner,
Courtesy Collezione Maramotti, Reggio Emilia – Ph. Carlo Vannini.

Il potere dello schermo ha inghiottito teste e marchiato volti, la sua forza ha determinato un cambiamento del nostro rapporto con lo spazio, con il tempo e quindi con la realtà. Viviamo di perdite e fratture sulla viva terra battuta, che ormai scarseggia anche a se stessa, testimone della morte di esseri umani e di vedere in chi resta, e precipita nell’oscurità, che il buio corrode la visione del volto di Dio. Siamo in un mondo che scompare da sé e per la guerra dei corpi che combattono su terreni sempre più vasti e insicuri. Attraverso i diluvi, passando per la tragicità e l’orrore espresso dagli autori più antichi, guarda oltre le collisioni terrene e sprona gli individui a vivere consapevolmente la propria esistenza con contenuti veri e profondi. Armati della materia che arde nelle loro mani, gli artisti lavorano all’essenza della volontà creativa per continuare a vedere, ricordare, cercare anche chi non ha lasciato impronte, affinché almeno ritorni nei ricordi e si restituisca anche senza dire nulla, perché la parola non sarà mai in pericolo se custodita nell’immagine.

Autori:
autori sconosciuti (Egitto, XX Dinastia,1196-1070 a.C.; Roma, III Sec. d.C.; XVII Sec.; Venezia XVIII Sec.), Giulia Andreani (n. 1985), Giorgio Andreotta Calò (n. 1979), Massimo Antonaci (n. 1958), Agostino Arrivabene (n. 1967), Christopher Astley (n. 1965), Joan Banach (n. 1953), Elisabetta Benassi (n. 1966), Ross Bleckner (n. 1949), Monica Bonvicini (n. 1965), Felice Boselli (1650-1732), Ariel Cabrera Montejo (n. 1982), Nicolò Cecchella (n. 1985), Gaetano Chierici (1838-1920), Anna Conway (n. 1973), AndyCross (n. 1979), Massimo D’Azeglio (1798 – 1866), Rinaldo Damiani (attivo tra la fine del XIX e l’inizio del XX Sec.), Julesde Balincourt (n. 1972), Andriu Deplazes (n. 1993), Alessandro Fogo (n. 1992), Wayne Gonzales (n. 1957), Francisco de Goya (1746-1828), Gregory Green (n. 1959), Matthew Day Jackson (n. 1974), Anselm Kiefer (n. 1945), Krištof Kintera (n. 1973), Athanasius Kircher (1602-1680), Käthe Kollwitz (1867-1945), Lutz & Guggisberg (n. 1968 e1966), Margherita Manzelli (n. 1968), Mona Osman (n. 1992), Filippo Palizzi (1818-1899), Beatrice Pediconi (n. 1972), Domenico Piola (1627-1703), Ivor Prickett (n. 1983), LuisaRabbia (n. 1970), Medardo Rosso (1858-1928), Mario Schifano (1934-1998), Dirk Skreber (n. 1961), Erick Swenson (n. 1972), Ovidiu Toader (n. 1991), Federico Tosi (n. 1988), Elif Uras (n. 1972).

Immagine in evidenza: Joan Banach, Deep Water, 1998, olio su tavola/oil on wood, Al. 213,5 x La. 245,5 cm. collezionemaramotti.org, Reggio Emilia© Joan Banach, Courtesy Collezione Maramotti, Reggio Emilia – Ph. Carlo Vannini.

Le immagini fotografiche pubblicate in questo articolo scritto per la testata giornalistica digitale ReWriters, è stata autorizzata dall’Ufficio Stampa della Collezione Maramotti: Zeynep Seyhun–Pickles PR – Tel. +39 349 0034359 – Email: zeynep@picklespr.com

Ambienti tematici dell’esposizione Attraverso i diluvi.
Dai cataclismi generati dalla natura e dai suoi elementi al travagliato rapporto dell’uomo con gli animali non umani, dalla violenza della guerra alla malattia, fino al suo tragico epilogo.
L’ultima sala si pone come luogo di intima riflessione, abitato da enigmatiche opere “notturne” costellate di interrogativi.
Il percorso di visita si espande con collegamenti sui contenuti della mostra anche attraverso le sale del primo e del secondo piano della Collezione, contesti di approfondimento su una serie di opere incluse nell’esposizione permanente (accessibile su prenotazione).

La mostra sarà accompagnata da una pubblicazione con contributi dello storico della letteratura Andrea Cortellessa, del filosofo Federico Ferrari e dello storico dell’arte Riccardo Venturi.
Informazioni:
Visita alla Collezione Permanente su prenotazione:
https://www.collezionemaramotti.org/it/orari-e-visita
Collezione Maramotti – Via Fratelli Cervi, 66 – 42124 Reggio Emilia
Tel. +39 0522 382484
info@collezionemaramotti.org collezionemaramotti.org

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