Tutto è perfettamente e rigorosamente architettato in Bros, di Romeo Castellucci. Uno spettacolo scritto dettagliatamente. Un’opera teatrale in cui il registra è demiurgo onnipotente. Creatore di pensieri, parole e gesti di inconsapevoli individui anonimi, ignari del progetto, del senso, del significato dell’opera.

Sì, perché in Bros di Romeo Castellucci, al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia il 2, 3 e 4 dicembre, andrà in scena un gremito gruppo di persone chiamate dalla strada. Non professionisti. Non addetti del mestiere. Non leoni da palcoscenico. Ma gente comune, dotata di divisa da poliziotto e auricolari senza fili, attraverso cui riceveranno le indicazioni per dare vita allo spettacolo. Attraverso cui prenderanno ordini anche incomprensibili. Attraverso cui diventeranno uno strumento di indagine e denuncia in mano al regista.

Unica indicazione: un foglio con le norme comportamentali da seguire.

Consegnato poco prima dell’inizio dello spettacolo, è una dichiarazione di intenti in cui gli improvvisati attori sottoscrivono di essere disposti a diventare veri poliziotti, a credere veramente di essere individui in divisa pronti a obbedire agli ordini al meglio delle loro possibilità. Senza porsi domande. Senza far emergere dubbi. Accettando di eseguire anche quei comandi contraddittori, possibilmente risibili, a volte anche incomprensibili. 

Un’opera che ha il sapore lontano della trilogia pirandelliana del teatro nel teatro, di quella tradizione metateatrale che vedeva l’abbattimento della famosa quarta parete, per annullare la distanza tra il pubblico in platea e i personaggi sulla scena. Perché questi si possano mischiare e confondere con loro. Perché possono essere loro. 

Ma in Bros non c’è solo quella volontà di mettere a nudo le dinamiche teatrali per dimostrare che il teatro è vita e viceversa. Non c’è solo la volontà di sviscerare il lavoro del regista e dell’attore per mettere in discussione pratiche e teorie. Non solo questo. Qui c’è la volontà di far coincidere esattamente la recita con la vita che accade in quel preciso momento. C’è la volontà di non preparare più la parte da recitare, ma di verificare ciò che può succedere sul palco quando qualcuno è chiamato a eseguire azioni senza aver il tempo di capire cosa fare e come farlo. Ciò che va in scena è il baratro di un presente assoluto.

In Bros i piani del significato si sdoppiano e si sovrappongono inesorabilmente. Perché oltre alla riflessione metateatrale, la pratica dell’eterodirezione adottata da Castellucci veicola anche altre letture.

Da una parte, una massa resa anonima dall’uso delle divise tutte uguali e dalla luce fosca in cui è immersa l’azione scenica, tanto cupa da rendere indistinguibili visi e individualità. Dall’altra, una voce dominante, per noi spettatori inudibile e invisibile, ma per chi è sulla scena, ingombrante e dittatoriale.

Questa architettura diventa metafora degli archetipi e universali meccanismi del potere. Diventa trasposizione teatrale del concetto di responsabilità individuale e collettiva. Del rapporto con la Legge. Della verità dell’esperienza. E non importa se le azioni compiute dagli ignari attori possano produrre effetti comici, perché la perturbante musica composta da Scott Gibbons riporta sempre in primo piano la dimensione oscura e profonda a cui conduce la riflessione.

Bros è cupo. È fumoso. È azione, anche se non comprensibile. È ordine, almeno apparente. È obbedienza, cieca e insensata. Non è comunicazione. Non è dialogo. E quando compare, la parola è incomprensibile, declamata in una lingua indecifrabile e messa sulle labbra di uno degli unici tre attori professionisti che compaiono sulla scena. È Valer Dellakeza che, come una disperata Cassandra condannata a essere ignorata perché sa troppo, declama le parole del profeta Geremia del Vecchio Testamento.

E viene in mente il Tiresia de I Cannibali di Liliana Cavani. Nudo, vagabondo in una terra ostile, parla una lingua che nessuno capisce in un contesto sociale incomprensibile ma accettato da tutti. Si trova accanto solo Antigoneche corre insieme a questo moderno profeta tra le strade di una città tempestata di cadaveri senza sepoltura perché disobbedienti. Cercano quello di Polinice. Ma, poi, cercheranno quello di chiunque abbia avuto la forza e il coraggio di opporsi a un regime ciecamente dispotico.

Sarà un gruppo di soldati accomunati da una stessa divisa e dalla cieca ubbidienza a giustiziare Tiresia e Antigone. Un gruppo di bros a cui è stato comandato di mettere fine alla rivolta contro il potere, azzittendo così le azioni di chi ha osato contraddire gli ordini.

Per info sullo spettacolo clicca qui.

Bros di Romeo Castellucci

Concezione e regia: Romeo Castellucci

Musica: Scott Gibbons

Drammaturgia: Piersandra di Matteo Motti, Claudia Castellucci

Con: Valer Dellakeza, Luca Nava, Sergio Scarlatella

Societas, in co-produzione con: Kunsten Festival des Arts Brussels; Printemps des Comédiens Montpellier
2021; LAC – LuganoArte Cultura; Maillon Théâtre de Strasbourg – Scène Européenne; Temporada Alta 2021; Manège-Maubeuge Scène nationale; MC93 Maison de la Culture de Seine-Saint-Denis; Le Phénix Scène nationale Pôle européen de création Valenciennes; Ruhrfestspiele Recklinghausen; Holland Festival Amsterdam; V-A-C Fondazione; Triennale Milano Teatro; National Taichung Theater

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