La scorsa estate al bar dello stabilimento al mare: una mamma compra una coppetta di gelato per il figlio e la gelataia la porge con un cucchiaino inserito nella panna. “No, mi dispiace. Mi cambia il cucchiaino rosa? Non vede che mio figlio è maschio?”

In palestra ad ottobre: la segreteria consegna la sacca portatutto per lo sport a una mamma. “No, scusi, non ne ha una con un colore più sobrio adatto a un maschio?(ndr: la sacca era viola).

Gennaio 2022: il SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) si pregia della risonanza della propria protesta con il capo della Polizia Giannini a proposito della consegna in alcune province, di mascherine rosa come dispositivo di protezione per gli agenti di polizia.

Il SAP richiede un intervento immediato per rispondere al disagio dei colleghi nell’indossare delle mascherine che metterebbero a rischio la sobrietà della divisa.

Mi immagino già lo scoramento di un agente di polizia che, nell’inseguire in volante un criminale, si senta sminuito e veda messa a rischio la sua credibilità di fronte al criminale stesso per questo infame colore che accompagnerebbe il suo dispositivo di protezione.

A parte la facile ironia, che viene spontanea non tanto di fronte alla protesta in sé, ma in quanto a farla sia proprio il sindacato della polizia che, tra le tante rivendicazioni che si potrebbe fare a proposito del lavoro degli agenti, ha scelto proprio di investire sul colore delle mascherine, secondo me questa notizia è il pretesto per parlare un po’ di pregiudizi e false convinzioni.

Ora, tutto ciò non capita solo nella Polizia e non solo a proposito del rosa. Io ho acquistato per errore una partita di 500 mascherine FPP2 per tutta la famiglia e, invece che prenderle bianche, le ho prese di un bell’arancione sgargiante. Anche a me sono arrivati segnali, al lavoro e fuori, di persone che trovavano o derisibile o non appropriato il mio portare una mascherina “da papero”.

Insomma, sembra che neanche essere passati per la Pop Art, il flower power, gli anni ’80 con la loro trashitudine, e neanche i tempi odierni con i Måneskin, il gender fluid riesca ad intaccare uno dei mali più radicati della nostra società: il modello patriarcale.

Dio ce ne guardi e liberi!

Secondo questo modello, infatti, esistono due monoliti giganteschi, inscalfibili, che vivono vite parallele e che si incontrerebbero solo per il mistico momento della procreazione: l’Uomo e la Donna a cui verrebbero assegnati, quasi per indirizzo divino, ruoli sociali, familiari e anche abbigliamenti ben definiti e specifici. Guai a varcare l’uno il territorio dell’altra e viceversa, pena la minaccia a questo modello e “Dio ce ne guardi e liberi”…

Da questo modello, derivano tutta una serie di pregiudizi o bias, come ci deriva dall’inglese che a sua volta deriva dal francese, che non sono, di per sé, cose solo negative.

Il pregiudizio, infatti, è una scorciatoia che usa il nostro cervello, sulla base delle cosiddette credenze profonde (o core beliefs) per analizzare, catalogare e prendere decisioni veloci a partire dai milioni di informazioni che processiamo continuamente e che ci manderebbero in tilt se la natura non avesse escogitato un sistema per semplificare questa operazione.

Ad un certo punto, però, i bias possono diventare pericolosi, ovvero quando ci fanno perdere di vista la sostanza delle cose e della realtà che abbiamo di fronte.

Quanto è importante, ad esempio, nell’economia della giornata, chiedere di cambiare un cucchiaino o una sacca dello sport perché di un colore ritenuto, per pregiudizio, non appropriato al genere del proprio figlio?

Quanto è appropriato che un sindacato impegni del tempo prezioso per lavorare a una diffida sul colore delle mascherine date in dotazione agli agenti di polizia?

O, andando su cose più serie, quanti talenti perdiamo se, in un processo di selezione, valutiamo meno adatta una ragazza tenendo conto di una vocina interiore che ci fa balenare il tema gravidanza?  O un candidato gay per un lavoro tecnico mentre il nostro cervello ce lo dipinge inconsciamente con glitter e paillettes evocando contesti di moda e entertainment?

I pregiudizi riguardano tutti noi, nessuno ne è immune. Importante, però, è saperli riconoscere e impedire che entrino in funzione quando non servono o, ancor di più, quando sono dannosi.

A chi volesse mettersi alla prova e misurare i propri pregiudizi inconsci verso una categoria a scelta (il genere, l’orientamento sessuale, la razza…) consiglio di cimentarsi con l’Harvard Implicit Test, uno dei più accreditati strumenti al mondo, online e gratuito.

Qui, una carrellata dei principali BIAS che attiviamo.

Tornando al colore rosa, poi, studiando un po’ potremmo scoprire cose molto interessanti, ad esempio che l’attribuzione al genere femminile è puramente recente: parliamo di inizio del XX secolo. Si narra, infatti, che per la prima volta nel 1927 Time pubblicò un grafico delle vendite di vestiti per bambini che evidenziava come iniziasse la prevalenza di acquisto di vestitini rosa per le bambine.

Basterebbe poi anche aprire qualche catalogo di arte rinascimentale, barocca o manierista, per vedere come anche i più virili cavalieri o i rampolli maschi delle famiglie nobili non disdegnavano di essere ritratti in pomposi abiti di questo colore.

Per non parlare di come i cardinali da sempre si ammantino di drappi porpora che identificano il loro ruolo.

Diego Velazquez,Ritratto di Innocenzo Z

La Gazzetta dello Sport, quotidiano prevalentemente letto da uomini, è rosa dal 1899 e non furono alzati particolari polveroni quando da verde divenne, appunto rosa.

Gazzetta 20060710 | La gazzetta dei campioni del Mondo! | -= Treviño =- |  Flickr
Una prima pagina della Gazzetta dello Sport

Abbiamo anche la memoria così corta che ci dimentichiamo anche delle polo da tennis (memorabili quelle a righe rosa e blu della Maggia indossate da John Newcombe o Vitas Gerulaitis)  o dei maglioncini di filo rosa che abbiamo comprato tra gli anni ’80 e ’90 e di quanto andavamo in giro orgogliosi e totalmente ignari degli impatti sulla virilità di chicchessia.

Insomma: nell’epoca della fluidità, degli smalti e del trucco unisex, della libertà di espressione, dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità, da 1 a 10 quanto ci annoia sentire che il sindacato della polizia si lamenta per le FPP2 rosa, neanche avessero proposto loro di andare in giro con un costume da barboncino con tolettatura Puppy Clip e tinta del pelo rosa?

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