“Ovunque ti giri, ti vogliono soprattutto vendere prodotti per dimagrire”

sbotta la nostra ospite di oggi Maruska Albertazzi, che ha intitolato il suo blog Calorie negative dopo aver letto su un autorevole quotidiano nazionale un articolo su certi favoleggiati alimenti che, anche se consumati fino a scoppiare, permetterebbero di perdere peso.

Un mito che circola sui media da decenni ma è, senza mezzi termini,

“una gran ca**ata”.

Anche i media alimentano – è il caso di dire – una diffusa disinformazione sotto la quale si nascondono, ma nemmeno poi tanto, spinte ben più inquietanti. Da un lato gli interessi dell’industria delle diete, che fattura miliardi offrendo i più disparati e fantasiosi rimedi al nostro ossessivo desiderio di mantenere il cosiddetto peso forma.

L’ideale di bellezza, fragilità e insicurezza, i media

Dall’altra la natura sottilmente ma ferocemente coercitiva di questo ideale di bellezza che abbiamo introiettato tutti, in primis le donne: le aristocratiche dovevano per definizione possedere un’eleganza eterea, e perfino quando si voleva (sic!) la donna morbida, in realtà le si richiedeva il vitino di vespa. Nessuna epoca, ad oggi, ha veramente liberato il corpo delle donne; in compenso però sempre più giovani uomini, non riuscendo a fare i conti consapevolmente con il senso crescente di fragilità e insicurezza, lo appoggiano sulla stampella di un disturbo del comportamento alimentare.

I dati sulla diffusione dei DCA, peraltro, continuano a dirci che si tratta di un problema essenzialmente femminile. C’è un motivo fisiologico? Ovviamente no: ma poiché la cultura patriarcale ha espropriato per secoli le donne del controllo sulle proprie vite e sui propri corpi, l’unico modo per affermare una qualche forma di autocontrollo era resistere a oltranza all’impulso della fame. Serve tanta consapevolezza per ribellarsi, ammonisce Maruska Albertazzi, e non solo al martellamento pubblicitario dell’ultimo miracoloso bruciagrassi.

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