Dato che Barbara Lalle non solo conosce bene le forme dell’arte partecipata ma a sua volta le pratica attivamente, le abbiamo chiesto di raccontarci qualche esperienza significativa che mettesse bene in luce quello che secondo lei è il punto di forza dell’approccio partecipato. E Lalle ci ha parlato del dolore, un’esperienza tanto intima e soggettiva quanto devastante se affrontata in solitudine. È proprio qui che l’arte interviene: per consentire al dolore di emergere, e costruirgli intorno uno spazio nel quale possa trasformarsi in narrazione condivisa.

Arte come sensibilità, empatia, diario

Nella sua pratica Barbara Lalle ha incontrato persone di ogni genere ed età, a dimostrazione di quanto poco fondata sia l’opinione secondo cui sensibilità, empatia, vissuto personale, diario siano parole associabili all’arte solo quando l’artista è una donna. A fare la differenza non è il genere, ma quanto si è coltivata la propria umanità e quanto si è dispost* a metterla in gioco nella pratica artistica: ad abbandonare quindi il cliché del creatore solitario a cui il pubblico si accosta solo per ammirare l’opera finita, e ripensare la figura dell’artista come una persona pienamente integrata in una rete di relazioni sociali ed affettive. Perché per creare collettivamente è necessario che ci sia fiducia, e senza fiducia non può esserci partecipazione.

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