Chi mi conosce sa bene che regolarmente soffro di terribili emicranie, che mi costringono a letto per giorni, al buio. Il sonno non allevia in alcun modo i dolori, anzi.
E tenermi impegnata con qualche attività mi è impossibile. In queste lunghe giornate di incessanti fitte, posso fare una sola cosa, ascoltare. E mi affeziono a voci e storie che mi danno un po’ di tregua e mi fanno compagnia. Così ho cominciato ad ascoltare Da Costa a Costa, il podcast di Francesco Costa sulla politica americana, e Risciò, il podcast di Giada Messetti e Simone Pieranni sulla Cina: il mal di testa non è passato, ma ho imparato tante cose.
Quando ho scoperto che Costa e Messetti avevano pubblicato anche due libri, entrambi editi da Mondadori, non mi sono potuta esimere dall’acquistarli.
Dico innanzitutto che per apprezzare Messetti e Costa non è necessario essere appassionati di politica americana né cinese, che per acquistare Questa è l’America o Nella testa del Dragone non serve avere grandi conoscenze. Uniche cose indispensabili sono la curiosità e la capacità di liberarsi da preconcetti.
Costa ci spiega (e ripete spesso, ma repetita iuvant) che l’America è il paese al mondo che crediamo di conoscere meglio, anche se spesso la nostra conoscenza degli Stati Uniti è probabilmente frutto di stereotipi e pregiudizi. Consumiamo prodotti che arrivano dagli USA, guardiamo film americani, ascoltiamo musica americana, siamo allineati politicamente all’America, ma quello che sappiamo è spesso parziale.
Della Cina conosciamo pochissime cose (quanti saprebbero citare un attore, una cantante, quanti ricordano più di due presidenti cinesi? E quanti conoscevano Wuhan prima della pandemia?). E così o per ignoranza, nel caso della Cina, o per qualche stereotipo che ci portiamo dietro, nel caso dell’America, finiamo per formulare giudizi affrettati e superficiali, e, ammettiamolo, molti comportamenti, tanto dei vicini americani quanto dei lontani cinesi, ci fanno credere che siano matti.
Come fanno gli Americani a votare Trump? E come fanno a non accorgersi di quanto dannose siano le armi? Come fanno i cinesi a non ribellarsi alle autorità? E perché non lasciano stare Hong Kong?
Alcune delle nostre domande sono lecite, alcuni dei nostri dubbi hanno ragione di esistere, eppure sono sempre domande e dubbi inficiati da ciò che siamo, dalla cultura da cui proveniamo, dalle vite che abbiamo condotto.
Quello che entrambi ci dicono, Messetti e Costa, è che il nostro giudizio su Trump e Xi Jinping non è neutro, ma è condizionato dall’essere italiani ed europei. Costa ci racconta che gli americani non sono matti, che dietro il rifiuto di un sistema sanitario nazionale ci sono motivazioni lecite, che vanno almeno ascoltate, anche se per noi è scontato non vedersi recapitare una fattura a casa, una volta dimessi dall’ospedale. Allo stesso modo i cinesi non sono un popolo di automi sottomessi a una dittatura, ma sono eredi di una storia e figli di una cultura (quella confuciana in primis) che richiede loro di mettere la stabilità collettiva prima dell’individuo e di ragionare a lungo (per noi lunghissimo) termine. Potremo discutere per ore, ovviamente, dell’importanza della libertà (di espressione, di movimento) o dell’importanza di una copertura sanitaria universale, ma potremo farlo con cognizione di causa solo e soltanto se sapremo prima ascoltare gli altri, americani e cinesi.
Noi possiamo dare un giudizio, miope, basato su quello che pretendiamo di conoscere o su quello che per noi (ma solo per noi) è inaccettabile e inconcepibile, o al contrario giusto e necessario, oppure possiamo metterci in ascolto.
Io consiglio a tutti di leggere i libri di Costa e Messetti, ma vi consiglio anche di ascoltare le loro voci (alla radio, in podcast), di leggere i loro articoli, di fermarvi a guardarli quando capitano in tv, di ascoltarli dal vivo, perché possono insegnarci tante cose, una in particolare, sempre utile: essere cauti. Né Costa né Messetti hanno soluzioni, non hanno la palla di cristallo, perché la cautela appartiene a chi, come loro, ha capito quanto complessa sia la realtà.
Ah, non fraintendetemi, i podcast sono godibilissimi anche senza emicrania, anzi.