Uno dei film più belli che io abbia visto negli ultimi anni. Anche se si percepisce che sia un lavoro fatto a tavolino per mettere in scena i grandi temi della contemporaneità in ottica Agenda 2030, anche se per chi lavora nel campo della diversity, equality e inclusion e dei temi ambientali è leggermente didascalico, resta a tutti gli effetti un film straordinario in temi di nuovi immaginari, riscrittura dei paradigmi e sostenibilità socio-ambientale.

Solo nei primi cinque minuti di Strange world compaiono un bel po’ di categorie marginalizzate e discriminate: persone con la pelle nera, con disabilità, omosessuali e donne. Per la precisione: il protagonista è in una coppia mista, hanno un figlio gay e un cane zoppo, pensa a cucinare e coltivare le piante e quando balla è la moglie a fargli fare il casqué. Non solo: a capo della spedizione in cui sarà coinvolto c’è una donna, e la missione riguarda la salvezza del pianeta, nella consapevolezza che solo la trasformazione da una visione egologica a una ecologica potrà portare ad un lieto fine per l’umanità. Sembra il Manifesto ReWriters!

Un film che ricorda molto gli adventure movies anni Cinquanta, ma anche King Kong, Jurassic Park, Viaggio al Centro della Terra: pellicole antesignane dell’ecologismo. Durante l’avventura incredibile (notato la grafica che cita Indiana Johnes?) all’interno di un organismo vivente, vengono alla luce i rapporti conflittuali di due generazioni: quelli del protagonista col padre e col figlio adolescente.

Un nonno testosteronico ed eroico vecchio stile, egopatico e virilmente impermeabile ai sentimenti umani viene respinto dal figlio, il protagonista, che crede nella parità ed equità dei rapporti tra i sessi, nell’antispecismo, nell’economia circolare ed è felice del fatto che il figlio sia innamorato, indifferente se di un altro ragazzo invece che di una ragazza.

Figlio che, però, a sua volta respinge il padre perchè si comporta come il nonno, ossia non lo vede, non lo riconosce per ciò che realmente è e desidera. Questi conflitti intergenerazionali verranno risolti grazie all’uso dell’errore come leva per il cambiamento e alla consapevolezza come elemento di affrancamento dal narcisismo.

Bellissimo il messaggio di Strange world, perfettamente calzante con il primo dei 16 punti del nostro manifesto, la Giustizia intergenerazionale: il lungometraggio animato della Disney, infatti, si chiede cosa lasceremo alle prossime generazioni. E, sul movente di questa domanda urgente, parte una narrazione avvincente ma anche piena di spunti di riflessione. Prima tra tutte, il fatto che non può esserci futuro senza una giusta relazione con le eredità passate (“usare la memoria come sfida al futuro”, dice il nostro Manifesto).

Complimenti a Disney, dunque, e al suo sessantunesimo lavoro, ma anche al regista, Don Hall, e alla sceneggiatura di Qui Nguyen: in 102 minuti riescono a farci ridere, commuovere, riflettere e divertire, grandi e piccini (per la tecnica della doppia lettura).

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