Ho a lungo parlato con la drammaturga, Francesca Caprioli, perchè questa sua drammaturgia è qualcosa di potente, soprattutto in termini di sfida. Ma andiamo per ordine.

Francesca Caprioli

Il palazzo infinito, ovvero la stanza del re è il nuovo spettacolo dell’associazione culturale Fabrica (con una B, è latino e significa officina) e debuta in anteprima nazionale sabato 18 settembre alla Villa Romana Grottoni Torrette a Montopoli di Sabina (Rieti). Siamo tra mito e post avanguardia, ma non c’è niente di distopico: al centro della storia è Minosse, che tuttə conosciamo, “re giusto e potente”, mentre si aggira per il suo palazzo imperiale (o forse si è perso nel labirinto?) alla ricerca di suo figlio (o di se stesso?) in un vertiginoso gioco di specchi che altro non è che una metafora del potere.

Fin qui tutto ok, del resto i miti greci non smettono mai di far parlare di sè, e noi ne siamo, chi più chi meno, da sempre affascinatə, dato che a tutti gli effetti è qualcosa che racconta delle nostre origini e delle nostre pulsioni più profonde ed encestrali.

Solo che Caprioli sfida l’archetipo, ridiscute il mito, trasforma ciò che è dogma in dialogo, aggiorna l’immaginario e lo dota di ampiezze e possibilità. Di più non posso dirvi, se non che ciò che è mostruoso può diventare risorsa e liberare. E’ in questo, l’assoluta contemporaneità della drammaturgia, all’insegna della fluidity e del pop.

Sia ben chiaro, nessuna mancanza di rispetto verso il mito, nessuna manipolazione volgare, nessun protagonismo della drammaturga: il testo è Ovidio (Le Metamorfosi) ed è presente e mai trasgredito. Del resto, come potrebbe un’archeologa? Lo è, infatti, Caprioli: drammaturga e archeologa.

Ovviamente chi mastica un po’ di psicoanalisi è facilitato, ma anche arrivare in platea vergini non è male, perchè lo spettacolo, dicevamo, è pop, popular, capace cioè di parlare alla pancia. Proprio per questo, da sempre, Fabrica mischia le arti, le contamina, e le drammaturgie comprendono anche la musica, grandi classici o brani super contemporanei (Beatles, Pink Floyd, Haendel): parla alla pancia, tripudio di emozioni.

A dare vita a questa ambivalente e affascinante rilettura del mito tre attori (Livia Saccucci, Marco Paparella e Vincenzo De Luca) e il Morphin’ quartet composto da Valentina Tramacere mezzo soprano, Alessandro Regoli controtenore, Emiliano Begni tenore e piano, Bruno Corazza basso baritono. Gli artisti si esibiscono dal vivo creando figurazioni e tableaux vivant ispirati alla classicità, recitando, cantando ed adattando l’esibizione alla scenografia naturale del posto.

Non da meno la location: lo spettacolo si inserisce nella cornice architettonica della villa romana di I a.C. Grottoni Torretta di Montopoli di Sabina, una delle numerose ville rustiche che costellavano il territorio antico della Sabina felix e della sua realtà produttiva di olio, grano e vino. Per altro, oltre allo spettacolo, sarà possible partecipare a una visita archeologica condotta da Francesca Caprioli e dal giovanissimo Sindaco di Montopoli Andrea Fiori, laureato in archeologia.

Vi lascio con un piccolo spoiler: lo spettacolo è parte del più ampio progetto Forme, studio per una metamorfosi, che è drammaturgicamente diviso in quattro capitoli/stanze dedicate alle figure di Dafne, Pan, Minosse e Aracne e che debutterà in primavera (lo dico?) debutterà.. non lo dico, ma seguite la pagina Facebook di Fabrica perchè parliamo di uno dei palchi più importanti d’Italia.

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