Non l’ho ancora finito e ho già voglia di segnalarvi Sapiens. Da animali a dei, un libro entusiasmante di Yuval Noah Harari (ed. Bompiani), che indaga, tra prove scientifiche e logiche inferenze e deduzioni, sull’avvento, circa 70.000 anni fa, della Rivoluzione cognitiva dei Sapiens che ci porterà in breve tempo a diventare l’unica specie di Homo sul pianeta e iniziare quel processo di creazione di culture e trasformazione dell’ambiente che ci ha portati fin qua. Nel bene e nel male.

La Rivoluzione cognitiva, secondo Harari, non è tanto legata allo sviluppo tecnologico, come spesso si tende a pensare, almeno nella nostra cultura, quanto allo sviluppo di quella capacità di immaginare, creare e credere collettivamente in miti come le divinità, le religioni, le nazioni, le leggi, i soldi. Tutte narrazioni che prescindono dalla realtà naturale e che ci distinguono dal resto delle comunità della biosfera. Si, perché grazie a quelle narrazioni, a quei miti, noi Sapiens ci uniamo a gruppi di milioni, di miliardi, e siamo in grado di compiere azioni, a volte anche efferate, totalmente al di fuori da motivazioni di tipo biologico o in risposta a forzanti naturali.

Eppure, più volte nella nostra storia abbiamo avuto la necessità di tornare con i piedi per terra, perché sebbene quei miti ci spingano a (e probabilmente li abbiamo immaginati apposta per) illuderci di essere onnipotenti, alla terra e allo spazio siamo legati indissolubilmente e riscrivere le nostre narrazioni per renderle più armoniche e adeguate rispetto a quello che la natura realmente è, è una necessità oltre che una dimostrazione di intelligenza.

Questo accadde ad esempio subito dopo la conquista del continente australiano da parte dei Sapiens circa 45.000 anni fa, che doveva essere al tempo un giardino dell’Eden, con clima ospitale (eravamo in piena glaciazione e alle alte latitudini non doveva essere un gran vivere…), vegetazione abbondante e popolata da immense mandrie di megalofauna (animali di grossa taglia, come i Diprotodonti) che vennero cacciate in abbondanza fino all’estinzione. Fino a doversi rendere conto che se non le gestisci bene, le risorse della terra prima o poi finiscono. E quelle popolazioni hanno dovuto riscrivere i loro miti, mettendo come divinità fondative proprio quei giganteschi animali e affidando agli umani il compito di rispettare, proteggere e gestire i territori in modo non privato, ma per il bene collettivo, dove per collettivo si intende proprio di tutti, non solo del gruppo che vive in un determinato posto. Fino all’arrivo del Capitano Cook nel 1770. Vi consiglio sulla storia pre-europea dell’Australia di cercare sul web i libri illustrati di Percy Tresize (solo in inglese) o di leggere quel capolavoro di Bruce Chatwin che è Le Vie dei Canti (ed. Adelphi).

L’urgenza di cambiare tutto

Oggi siamo un po’ come i Sapiens australiani dopo essersi resi conto che la pacchia era finita. Abbiamo sfruttato lo sfruttabile in un’orgia onnipotente, ma oggi il cambiamento climatico ci riporta con i piedi per terra. L’ultimo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel for Climate Change) è il più esplicito mai scritto circa l’urgenza indifferibile di cambiare tutto, modo di produrre energia e beni, modi di consumare, modi di proteggere e gestire le risorse naturali.

Ma per realizzare urgentemente questo obiettivo non potranno bastare delle direttive politiche ed economiche di organismi internazionali o nazionali. E’ necessaria la riscrittura del nostro immaginario, dei miti che seguiamo e inseguiamo e che ci fanno agire in un modo o in un altro. Su questo gli organismi religiosi (FBO, Faith Based Organizations) possono giocare un ruolo determinante perché maneggiano miti capaci di smuovere le coscienze e i comportamenti di miliardi di persone. Nel bene e nel male.

I fondi 8×1000 da destinare
a tematiche ambientali

In questo senso è molto interessante l’esperimento che l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai (IBISG) sta lanciando con i suoi bandi pubblici legati ai primi fondi 8×1000 che i cittadini italiani hanno affidato a IBISG dopo la recente Intesa con lo Stato (Legge 28/06/2016 n. 130), e che IBISG ha deciso di centrare su tematiche ambientali (le altre aree di intervento sono Diritti Umani, Educazione, Ricerca, Cultura).

I bandi si propongono esplicitamente di contribuire agli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e in questo senso si discostano decisamente da una visione confessionale del ruolo che IBISG, in quanto FBO, può giocare come responsabile della gestione di fondi pubblici, per porsi invece come modello innovativo, aperto alla società civile e soprattutto come stimolo di processi virtuosi che lascino segni duraturi e trasformino le coscienze. L’obiettivo è il finanziamento di progetti che, con una interpretazione olistica del tema ambientale e in accordo con i principi buddisti di non dualità tra persona e ambiente (principio di esho funi in giapponese) e di interdipendenza tra tutti i fenomeni (principio di engi in giapponese), contribuiscano alla riduzione della CO2 in atmosfera (spazi verdi ed energie rinnovabili), migliorino la qualità dell’ambiente naturale (piantumazione di alberi e arbusti, prevenzione e mitigazione di inquinamenti, di rischio idrogeologico ed erosione dei suoli), stimolino la messa in rete di realtà che operano sul territorio (associazioni, onlus, scuole, enti di ricerca, amministrazioni), promuovano un’economia etica e sostenibile, sostengano l’empowerment delle persone a partire da quelle giovani e dalle donne, migliorino il benessere psicofisico dei partecipanti, promuovano il senso di appartenenza e il desiderio di cura del territorio. C’è l’ambizione ed il desiderio di nutrire i semi del cambiamento e che questi semi possano germogliare e dare frutti ben oltre la durata del finanziamento dei progetti. C’è anche l’ambizione ed il desiderio di dare la possibilità alle tante realtà che già esistono nei territori di unirsi per realizzare progetti e con questo aumentarne il peso e la consapevolezza di poter incidere nella realtà.

I bandi aperti legati all’8×1000 attualmente sono tre: sugli spazi verdi in Italia, sulle energie rinnovabili in Africa, sulla generazione NEET (Not in Education, Employment or Training). E mi piace poter parlare di 8×1000 quando si restituiscono alla società civile i contributi versati, piuttosto che sentirne parlare solo in quel breve periodo tra maggio e giugno, quando si tratta di scegliere a chi darli.

Il maestro buddista Tsunesaburo Makiguci (1871-1944) ipotizzò che il senso innato alla competizione degli esseri umani potesse indirizzarsi verso una nuova forma, la competizione umanitaria, in cui le diverse culture e tradizioni religiose e filosofiche, ossia le varie forme di miti che noi Sapiens abbiamo creato sin oggi, potessero gareggiare e influenzarsi reciprocamente nel contribuire al benessere delle persone e delle comunità. Ecco, di fronte all’urgenza che abbiamo oggi di imprimere un forte e deciso cambiamento di direzione a ciò che chiamiamo sviluppo, sarebbe bellissimo che la scommessa dell’IBISG con l’8×1000 diventasse non solo una delle forme di finanziamento di progetti di valore, ma stimoli una corsa a far meglio da parte di tutti, in modo che una corrente di contaminazioni positive pervada ogni cultura e ogni religione e che ciò aiuti a riorientare i miti odierni verso modelli di vita contributivi, sottraendo terreno a quelli predatori.

Il dado è tratto.

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