Si possono valorizzare e coinvolgere persone e aziende nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile? Sì, e lo dimostra la prima edizione di ESG Culture LAB (2022), che infatti quest’anno, a settembre, si ripeterà.

Si tratta del primo Osservatorio di ricerca-azione che prevede l’ascolto delle percezioni e delle aspettative delle persone e la condivisione partecipata di azioni, sfide e best practice. Ideato da Cristina Cenci, Paola Aragno e Enrico Pozzi di Eikon Strategic Consulting Italia, in collaborazione con il Gruppo Adnkronos, vanta già partner del calibro di Banca Ifis, Enel, Ferrovie dello Stato, IBSA Farmaceutici, Inwit, Philip Morris e Poste Italiane.

Enrico Pozzi

ESG culture:
Environmental, Social, Governance

Ebbene, secondo Eikon, esiste un reale collegamento tra i brand e la vita quotidiana delle persone:

tutte le organizzazioni, grandi, medie e piccole, hanno un ruolo fondamentale nel veicolare il cambiamento, non solo all’esterno ma anche al loro interno, rispetto alle loro persone“, spiega Paola Aragno, docente di Metriche della Comunicazione all’Università LUMSA, da sempre impegnata a misurare aziende e istituzioni.

Del resto, una recente ricerca Google ci dice che “gli italiani sono in cerca di azioni concrete e di brand che li aiutino a intraprenderle. L’interesse degli italiani si è spostato dalle grandi questioni relative al clima e all’ambiente alle azioni concrete. Le persone cercano suggerimenti per contribuire quotidianamente alla salvaguardia del nostro pianeta”. Non solo.

Nella Consumer Survey di Google Italia del 2022, emerge che “il 78% dei consumatori intervistati afferma che per gli acquisti sarebbe disposto a rinunciare a un brand conosciuto, in favore di uno più attento alla sostenibilità” e che “le persone si aspettano che i brand abbiano un ruolo centrale nel favorire comportamenti consapevoli nelle loro vite”.

Per questo anche noi di ReWorld stiamo lanciando il primo S-Assessment italiano di sostenibilità sociale, proprio per aiutare le organizzazioni ad equipaggiarsi per mettere a terra comportamenti che possano aiutare le persone a intraprendere azioni sostenibili.

Cristina Cenci

Comunicazione e sostenibilità:
un binomio inscindibile

Sembra, inoltre, che non si possa più fare comunicazione senza usare la parola sostenibilità. A dimostrarlo, c’è l’analisi della comunicazione corporate dei primi 30 gruppi Mediobanca nei settori Società industriali e di servizi, Banche, Imprese Assicuratrici:

Abbiamo analizzato 21mila post – spiega l’antropologa Cristina Cenci – ed è venuto fuori che il tema della sostenibilità è la terza area semantica più usata dopo la parola Italia e l’energia“.

Secondo Eugenia Romanelli, CEO di ReWorld,

La S degli ESG è la meno presidiata ma la più strategica. Per le Nazioni Unite al centro si evidenziano l’inclusione e l’equità che hanno ancora troppo poco spazio nella comunicazione delle organizzazioni. Per questo abbiamo finanziato un progetto di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Informatica Automatica e Gestionale di Sapienza Università di Roma nelle conversazioni delle aziende: occorre misurare quanto le aziende stanno investendo nella sostenibilità sociale, vero trampolino verso il 2030“.

Se è vero che siamo lontani ancora da una vera trasformazione di paradigmi culturali per una reale trasformazione virtuosa, è anche vero che questi nuovi strumenti di misurazione sono pietre miliari verso un valore che si può raggiungere solo con impegno collettivo:

«Il rigoroso processo di assessment di ReWorld – spiega Tiziana Catarci, Direttrice del Dipartimento di Ingegneria informatica, automatica e gestionale A. Ruberti di Sapienza Università di Roma – si basa su fondamenti scientifici e metodologici internazionalmente riconosciuti e permette di valorizzare le aziende socialmente sostenibili, responsabili ed etiche, con indubbi vantaggi per la società, gli individui e le aziende stesse».

Dai brand, insomma, ci si aspetta un salto, se vogliono continuare a restare credibili agli occhi di consumatori e consumatrici che sono attenti a “sapere come le aziende si stanno muovendo per implementare nelle loro strategie pratiche sostenibili” (secondo Google, 2/3 del campione chiede maggiore informazione e trasparenza nella comunicazione dei brand sulla sostenibilità) ma anche al social washing.

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