La fibromialgia è una patologia invalidante e cronica che il Servizio Sanitario Nazionale ancora non riconosce. Ma chi ne soffre è affetto da dolore muscolare diffuso e stanchezza cronica da non riuscire a vivere normalmente.

Fibro che?

Anche solo la pronuncia del nome sembra problematica.  E come più volte ho evidenziato, non solo su questo blog, sono le parole a creare la realtà, a renderla visibile e intellegibile. Ciò che non ha parola non esiste o per lo più è invisibile. E in questo caso purtroppo molte volte lo è anche per gli addetti ai lavori. Ma dietro questo nome in Italia ci sono i volti di circa due milioni di persone, in prevalenza donne. Che convivono quotidianamente con la complessità della sindrome fibromialgica e la difficoltà della sua diagnosi perché, purtroppo, è caratterizzata da vari sintomi.

È una patologia cronica da sensibilizzazione e alterazioni del sistema nervoso centrale ed è caratterizzata dalla disfunzione della percezione, trasmissione e processazione del dolore, con una prevalenza a livello dell’apparato muscolo-scheletrico.  Oltre al dolore diffuso sia articolare che muscolare, i pazienti lamentano numerosi altri sintomi. I più frequenti dei quali sono i disturbi del sonno, il costante affaticamento (astenia), crampi, problemi digestivi, gonfiore addominale, colon irritabile e vari problemi neuropsicologici tra cui l’ansia, la depressione reattiva alle limitazioni e le disfunzioni cognitive. È annoverata come sindrome reumatica anche se a tutt’oggi di origine sconosciuta. Ma per anni è stata classificata nel grande gruppo dei disturbi psico-somatici, curata solo con antidepressivi. Tra gli studi più recenti invece va rilevato quello genomico pubblicato sul Journal of Clinical Medicine che appura l’esistenza di fattori autoimmuni alla base di questa malattia.

“Fare una diagnosi di fibromialgia è piuttosto complesso perché ancora non ci sono specifici esami diagnostici di laboratorio e di imaging a supporto dell’individuazione di questa sindrome. Anche una accurata visita non basta. Basiamo la nostra diagnosi differenziale – specifica la dott.ssa Serena Pierguidi, reumatologa del Policlinico Le Scotte di Siena –  nell’ascolto del paziente, nel racconto della sua storia clinica in base alla sintomatologia e in una anamnesi dettagliata. Per cercare di alleviare la sofferenza di questi pazienti c’è bisogno soprattutto di instaurare un rapporto empatico, un approccio multidisciplinare con terapie diversificate, in cui il paziente deve muoversi anche in un percorso di autoaiuto e dove noi proviamo ad indicargli i punti cardinali”.

La diagnosi della fibromialgia

Seppur ancora difficile da formulare con esattezza, la diagnosi può essere effettuata sia con i vecchi criteri classificati nel 1990, che richiedono la presenza di dolore muscolo-scheletrico diffuso da almeno 3 mesi e la positività di almeno 11 trigger point sui 18 previsti, ma anche attraverso i più recenti criteri diagnostici, in cui oltre al dolore cronico diffuso viene attribuita anche molta importanza ai sintomi extra-scheletrici. Per gli esperti affrontarla correttamente significa aderire a un programma terapeutico multimodale che comprenda l’utilizzo di farmaci, il ricondizionamento fisico e le diverse strategie operative che fanno parte della terapia cognitivo comportamentale. La causa tuttavia non è ancora chiara: i ricercatori ipotizzano sia dovuta probabilmente a una condizione di predisposizione genetica in associazione a una serie di elementi ambientali stressanti che creano un quadro di particolare esposizione allo sviluppo della patologia.

Nonostante le grandi difficoltà che vivono le persone che ne sono affette non è riconosciuta come malattia invalidante e ancora si discute per inserirla nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Così insorgono spesso gravi problemi sociali e lavorativi. Le persone che ne soffrono raccontano il loro calvario quotidiano, qualcuno lo definisce una sorta di cilicio con cui si è costretti a convivere sul proprio corpo. E come se questo non bastasse la loro vita per gran parte è divisa tra i numerosi specialisti da cui si recano impiegando tempo e denaro. Il problema enorme per le persone colpite da fibromialgia è la mancanza di cure ben definite per migliorare e tanti malati sono spesso confusi e si autogestiscono.  Così il lavoro e la vita quotidiana per loro sono altamente compromessi, soprattutto nella fase acuta. Il racconto dei pazienti fibromialgici è un racconto di forte frustrazione, di chi spesso perde il lavoro a causa delle assenze per malattia perché senza tutele. E questo, di conseguenza, lede anche lo loro dignità. Perché con una malattia come la fibromialgia, non sanno come affrontare la giornata, giornata che si muove su un’altalena di incertezze. Perché non sanno mai cosa potranno fare, se ce la faranno e con quali sacrifici. Nei loro racconti c’è una malattia che si impossessa di corpo e testa. E di cui anche sapere che non viene riconosciuta e accettata li distrugge.

Chi ne è affetto continua però a battersi con forza, quella che troppo spesso a causa della malattia gli manca, perché questa patologia e i suoi effetti siano riconosciuti. C’è ancora molto da fare perché la sindrome fibromialgica passi da una condizione personale a una sociale. Acclarata ed evidente a tutti. Forse è possibile trovare un buon veicolo in una informazione più vasta possibile attraverso la Rete e i social per sensibilizzare le Istituzioni e darle parola e dignità di malattia.

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