Fino al 21 Maggio 2023 a Villa Grimani Valmarana a Noventa Padovana, in provincia di Padova, è allestita una raffinata esposizione collettiva dal titolo Noli me tangere – Dell’inviolabilità del corpo, a cura di Barbara Codogno.

La mostra è organizzata dal Comune e dall’Assessorato alla Cultura di Noventa Padovana con il patrocinio della Regione del Veneto, IRVV (Istituto Regionale Ville Venete https://www.irvv.net/hh/index.php) e della Provincia di Padova.

Espongono: Enrica Berselli (Modena); Greta Bisandola (Padova); Marta Czok (Polonia); Ruggero D’Autilia (Venezia); Tommaso Giusti (Modena); Maurizio L’Altrella (Milano); Nunzio Paci (Bologna); Federica Poletti (Modena); Stefano Reolon (Padova); Silvia Patrono (Padova); Marco Strano (Padova); Roberta Ubaldi (Terni); Elisabetta Vignato (Padova). Ho intervistato per ReWriters la curatrice Barbara Codogno.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno (al centro nella foto).

Dell’inviolabilità del corpo

Barbara Codogno, innanzitutto complimenti per il lavoro svolto e grazie per avermi dato la possibilità di offrire un corretto approfondimento all’esposizione Noli me tangere in cui vedo, con piacere, che espongono anche alcuni cari amici. Inizierei dando un titolo a questa intervista: una motivazione artistica e una antropologica?
Ha ragione! Partiamo da quella pittorica: Giotto, Hans Holbein, Tintoretto, Beato Angelico, Tiziano, Correggio, Guercino, sono solo alcuni dei tantissimi artisti che, dal medioevo fino a oggi, hanno omaggiato pittoricamente la frase che sigilla il momento preciso nel quale il Cristo risorto, ancora con sembianze umane, sta trasmutando in puro spirito. Frase che ritroviamo nel vangelo di Giovanni; il Cristo risorto, riconosciuto da Maddalena, le si rivolge dicendo: “Noli me tangere”, ovvero “Non mi toccare“, che opera una dilatazione del tempo e scolpisce la storia. Porta con sé l’agonia della crocifissione, la violenza alla quale Cristo è stato sottoposto. Molti pittori hanno rappresentato questa scena come uno sfiorarsi delle dita che tuttavia non si compie mai, evidenziando quindi uno spazio tra i corpi: la distanza tra le mani diventa il centro magnetico della scena. Questo è uno dei punti: è necessario riconoscere la distanza come elemento imprescindibile per “avvicinare” il corpo dell’altro. Uno spazio sacro che sancisce il rispetto, abolisce la presa e conferma l’inviolabilità dell’altro da sé.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno – Greta Bisandola, Madre, 2014, olio su tela, Al. 80 x 80 cm.

E qui siamo già in un’ottica filosofica, giusto?
Esattamente! Una lettura filosofico-antropologica, che aggancia la lettura sacrificale della messa a morte del Cristo, spinge a considerare la frase come quel disvelamento violento, rivelato dalla figura di Cristo. La messa a morte del dio trova il suo compimento mimetico nell’adesione violenta e successivamente liberatoria e catartica: lo evidenziano tutti i miti fondatori, ne troviamo ovunque corrispondenza, dalla Grecia antica fino, tra le altre, alla mitologia mesoamericana o africana. Ovunque ci sia una crisi, la comunità si unisce nell’individuazione di un capro espiatorio, di un colpevole per quanto improbabile e fittizio. La morte del capro espiatorio riporta la pace nella comunità. La violenza ha sedato la crisi. Un meccanismo vittimario che si innesca e disinnesca ciclicamente. Anzi: il meccanismo acquisisce velocità e voracità corale, si tratta di un mostro mai sazio. A svelare questa procedura vittimaria è proprio la figura del Cristo che scardina la procedura rituale: d’ora in avanti la morte della vittima sarà solo simbolica. Troverà la sua messa in scena nella celebrazione liturgica (prendete e mangiatene tutti: questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi). Il sacrificio di Cristo ci dirige verso la rappresentazione simbolica della messa a morte vittimaria, tradotta appunto nell’Eucarestia.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno – Marta Czok, Senza titolo, 2009, acrilico grafite e gesso su tela, Al. 100 x La. 120 cm.

La frase quindi per lei risulta una sorta di… chiave di volta?
Noli me tangere è proprio una chiave di volta: lo sguardo non è più quello unanime della folla violenta che addita la vittima prescelta, ma quello della vittima che finalmente è sottratta dal meccanismo violento e “vede” chi gli fa del male. Ecco quindi il suo esito: non mi fate altro male, mi è stato fatto tutto il male possibile. Cristo con la sua morte ci costringe a fare i conti con i nostri meccanismi violenti, purtroppo ancestrali e ancora attivi: una violenza che agiamo sui corpi, nei confronti dell’altro, sull’ambiente, sulla natura.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno – Ruggero D’Autilia, Fragmenta, A.B., 2018, olio e acquerello su tavola, Al. 23,8 x La. 18,8 cm.

Noli me tangere: dalla violenza al rispetto dell’altro da sé

Ma c’è ben altro oltre alla violenza!
Certo! Noli me tangere è anche lo spazio del miracolo. Cristo si sacrifica, compie una trasfigurazione e una resurrezione. Sigilla per sempre nella storia la possibilità della creazione di esseri umani al di fuori dei meccanismi violenti, che agiscano nel rispetto dell’altro da sé.

E’ indubbio che l’arte possa aiutare, ma che ruolo ha l’artista?
L’arte è sempre precorritrice di senso, l’artista è un eroe che porta il peso del suo intuire. Che patisce il qui e ora e traccia direzioni di futuro. Ma porta anche la croce e le stigmate del suo farsi carico di quello che vede, e che sente.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno – Nunzio Paci, L’ultimo rifugio, olio su tela montata su tavola, Al. 80 x La. 60 cm.

Che artisti ha selezionato?
In questa mostra sono riuniti sette artiste e sei artisti che abitano la nuova figurazione italiana. Unica eccezione alla pittura le opere anatomiche di Enrica Berselli. Artista colta e raffinata, viviseziona chirurgicamente la nostra anima isolando arti umani e mettendo a sistema piani semantici, cartesianamente inconciliabili. Lo spazio della natura immaginata da Berselli è un reliquario fantastico.

Cosa lega gli artisti tra loro?
La condizione di ricerca sull’animo umano, condotta con l’acutezza dell’anatomopatologo, è un fil rouge piuttosto evidente per agganciare gli artisti che ho selezionato.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno – Federica Poletti, Noli me tangere, 2023, olio su tela, Al. 100 x La.100 cm.

Ce ne parla a volo d’uccello?
Greta Bisandola è pittrice talentuosa, quasi sovrumana. Distilla col cesello le pieghe della carne per tradurne emozioni sintattiche che sedimentano in morfologie continuamente disallineate.

Marta Czok è una cara amica. Devo a lei tante cose. Le sue opere navigano il mare insidioso dell’ironia, sua arma vincente.

Ruggero D’Autilia è un virtuoso. E come tutti i virtuosi sa che la violenza si nasconde nel dettaglio.

Tommaso Giusti è un giovane pittore che riflette sull’iconografia classica usando una cifra assolutamente personale.

Maurizio L’Altrella ci regala Seth, il dio della peste e della violenza.

Nunzio Paci con tratto poetico e spirito nobile e gentile, ci conduce in mondi altri, dove gli animali sono nostro bene prezioso, angeli custodi, spiriti guida. In Paci il corpo si fa meraviglioso fonte battesimale.

Silvia Patrono è pittrice delicata, in lei il sentire è sempre amplificato.

Federica Poletti propone opere di grande potenza misterica che ricordano quasi la simbologia evocativa delle macchie di Rorschach. Ci traghetta sempre verso mitiche cattedrali arcane.

Stefano Reolon è un pittore che non solo ama ma abita la storia dell’arte. Reolon costruisce i colori come si faceva un tempo, per poi abbinare questa antica tecnica a un gesto pittorico libero.

Marco Strano è l’inferno congelato nell’attimo eterno del male. Le sue opere producono una inquietante fissità.

Roberta Ubaldi utilizza lamiere di ferro in cui l’ossidazione diventa parte dell’opera pittorica.

Elisabetta Vignato fa del paesaggio naturale una fonte di ispirazione e un luogo sacro dal quale attingere pace personale e nuova sorgente d’ispirazione.

Fotografia concessa dalla curatrice Dott.ssa Barbara Codogno – Roberta Ubaldi, rust#71, 2023, olio su lamiera ossidata, Al. 90 x La. 90 cm.

Ultima domanda: è stato facile coniugare la pittura contemporanea con una villa veneta seicentesca?
Estremamente facile e soprattutto stimolante. Ricordiamo che ogni arte è stata contemporanea a sé stessa. Nelle Ville Venete costruite da vere e proprie archistar come il Palladio, dipingevano artisti famosissimi del calibro del Tiepolo, o del Veronese. Villa Grimani stessa ospita un ciclo di favolosi affreschi dell’Urbani. Dialogo e contaminazione sono necessari per capire non solo la continuità della pittura ma soprattutto il suo futuro.

A chiusura della mostra, un omaggio a Sergio Rodella e Orlando Tisato con opere della collezione del Comune di Noventa Padovana. L’esposizione con ingresso libero sarà aperta al pubblico nei seguenti giorni e orari:

da giovedì a sabato 16.00-19.00

la domenica 10.00-12.00 e 16.00-19.00.

Per informazioni: T. +39 049 8952141, cultura@comune.noventa.pd.it www.comune.noventa.pd.it

A corollario della mostra, saranno organizzati alcuni eventi culturali:

7 Maggio ore 16.00 Marco Vecchiato presenterà al pubblico L’ultimo guardiano di aprile. Cleup Editore;

14 Maggio ore 16.00 Stefano Reolon terrà una lezione aperta sul disegno;

21 Maggio il finissage della mostra vedrà come protagonisti Ruggero Chinaglia (psicanalista, cifrematico) e Maria Antonietta Viero, che presenterà il suo ultimo libro.

Durante e, a seguire, un concerto con il Maestro Andrea Ferrari.

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