Who the Bær – o semplicemente “Who” – è un* ors* senza un chiaro carattere. Sembra non aver ancora sviluppato una forte personalità o istinti propri. Non ha una storia, un genere definito nè una sessualità: sa solo di essere un’immagine e tenta di definirsi in un mondo di altre immagini.

Who the Bær si trova in un ambiente di pixel, piatto, iperconnesso, visuale, e, come ogni cybernauta sa, anche pieno di infinite possibilità. Who infatti può diventare qualsiasi immagine che incontra, appropriandosi, come uno specchio di attributi e identità: è un essere umano ma anche un animale, o un oggetto. Il suo mondo è totalmente libero, come nei sogni, senza alcun limite o contenimento, nemmeno quelli spazio-temporali. La sua sfida è però diventare qualcosa di più di una semplice immagine.

L’installazione è un grande labirinto

Le avventure di Who the Bær (fino al 27 settembre) sono presentate alla Fondazione Prada all’interno di un grande labirinto realizzato quasi interamente in cartone, con materiali riciclabili ed elementi creati a mano. Il visitatore verrà trascinato dentro a un’esperienza in cui questo personaggio cerca la sua verità, in una sorta di storytelling di formazione, e lo accompagnerà in un racconto fatto di disegni, collage, sculture e animazioni che creano setting distopici e cangianti: dai focus group alle sessioni di terapia, dalla chirurgia plastica ai viaggi globali, fino alle fantasie sessuali.

Il progetto, concepito per svilupparsi ulteriormente sul digitale, si espande in una piattaforma aperta di condivisione e approfondimento con l’account Instagram @whothebaer animato dallo stesso Fujiwara e una web app concepita dall’artista. L’iniziativa si inserisce in un processo costruttivo dell’attività digitale di Fondazione Prada che è diventata sempre più centrale, con l’intenzione di sperimentare una pluralità di tempi e modi di coinvolgimento del pubblico.

Ma chi è Simon Fujiwara?

Simon Fujiwara, classe 1982, vive a Berlino e da anni fa ricerca sperimentale sul desiderio umano che sta alla base della creazione delle icone, dei miti delle celebrities, dell’edutainment e del neocapitalismo.

Dal 22 maggio al 21 novembre 2021, intanto, nel palazzo storico di Ca’ Corner della Regina, a Venezia, sempre grazie a Fondazione Prada, per Stop Painting, “un caleidoscopio di gesti ripudiati”, come lo ha definito il suo stesso autore, l’artista Peter Fischli. Sarà un progetto di rottura con la storia della pittura degli ultimi 150 anni, con al centro un interrogativo sull’attuale rivoluzione digitale.

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