Mi piace andar per i mercatini nostalgia. Domenica mi ritrovo nella città dei sospiri; con poco più di dieci euro mi porto via una prima edizione dei Fuochi del Basento di Raffaele Nigro, un pinocchio in legno bianco, un nastro bordeaux per il mio vecchio borsalino e un vinile di Mina.

Percorro la via del mare, arrivo a casa, bevo un Moscato di Trani e lascio partire il disco. La versione di Ridi pagliaccio cantata da Mina mi commuove. La grazia, l’incanto, la disperazione. La voce.

In un quaderno rosso ritrovo degli appunti, una storia che ho scritto qualche anno prima, una strana alchimia: Ho sognato Mina è il titolo della storia. La sua aura mistica l’ho ritrovata all’alba attraversando una Cremona deserta e poetica, dopo la partecipazione ad una serata monografica sul mio cinema (da La luna nel deserto a Tu non c’eri) ospite del PAF (Porte Aperte Festival). 

Erano anni che desideravo dormire nella città di Ugo Tognazzi. La mia insonnia mi portò a vagare da solo per Cremona, mi piace perdermi di notte in città sconosciute.  Dopo qualche bicchiere di vino non riuscivo più a ritrovare la strada per l’hotel. A guidarmi altrove fu una musica swing che proveniva da una stradina. Mi ritrovai davanti al Circolo dei Filodrammatici, a suonare era una band dal nome Happy Boys. Entrai.

Seduto accanto a me, ad ascoltare il concerto c’era una ragazza con un vestito blu. Ci parlammo tutta la notte, passeggiammo per Cremona. Parlammo di musica, di Broadway, dei cambiamenti che attraversano l’Italia, le speranze, le paure, i sogni, le rivoluzioni nell’aria. Chiesi “in che anno siamo”. 

“Siamo nel 1958, quasi anni sessanta“. Quella ragazza aveva grandi occhi. Gli occhi di Mina. Ero finito nel film di Woody Allen Midnight in Paris. Arrivò l’alba, ci salutammo con le sue parole: “scrivimi una canzone, forse un giorno la canterò”.

Mi ritrovo da solo a vagare per Cremona, alla ricerca del mio hotel. Voglio raccontare alla mia sposa Sibilla quello che mi è successo. Nel silenzio irreale sento un ruggito. Appare davanti ai miei occhi una grande tigre che poi svanisce fra mille luci nell’alba sulfurea di Cremona.

È stato solo un sogno? A margine della storia trovo altri appunti. A scuola ci hanno insegnato che le muse erano nove. Invece ho scoperto che le muse sono dieci.  

Clio: “colei che rende celebre”, la musa della Storia e del canto epico.
Euterpe: “colei che rallegra”, la musa della Poesia lirica e della musica.
Thalia: “colei che è festiva”, la musa della Commedia.
Melpomene: “colei che canta”, la musa della Tragedia.
Tersicore: “colei che si diletta nella danza”, la musa della Danza e della lirica corale.
Erato: “colei che provoca desiderio”, la musa della Poesia amorosa, del canto corale, della mimica e della geometria.
Polimnia: “colei che ha molti inni”, la musa del Mimo, del canto sacro e della danza rituale. Urania: “colei che è celeste”, la musa dell’Astronomia, della geometria e dell’epica didascalica.
Calliope: “colei che ha una bella voce”, la musa dell’Elegia e della poesia epica.
Mina colei che rende umana la voce di Dio e divina la voce degli uomini, la musa di tutte le muse.

E poi questi versi: Canzone per Mina – la ballata della decima musa
Il silenzio non ha più voce / Portami al mare in un giorno di pioggia / Per te ho partorito rivoluzioni e preghiere / Folle è la notte / Quando mi vieni a cercare truccata da luna spezzata / E guidi il mio canto / portami al mare in un giorno di pioggia / prima che venga la primavera / Le sang rouge comme le vin sur tes levres / j’ai cherchè ton coeur / Sono la decima musa che canta i poeti / el alma y la libertad son la luz de la luna / E guidi il mio canto / portami al mare in un giorno di pioggia / prima che venga la primavera.

Chissà se mai Mina canterà questo delirio.

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