Alcuni giorni fa Roberto Cingolani, ministro per la Transizione Energetica, rivolgendosi a 17.000 studenti, durante un evento pubblico, ha parlato dell’impatto ambientale del comparto digitale, che “produce il quattro per cento dell’anidride carbonica planetaria”. Nel suo discorso, Cingolani ha citato vari comportamenti online come inviare e mail con allegati, caricare foto, usare i social descrivendoli come produttori di emissioni: “per darvi un’idea, l’intero traffico aereo produce il due per cento della CO2 globale”.
Il ministro si è poi affrettato a chiarire che “nessuno discute l’importanza di internet”, invitando i giovani ad adottare un comportamento digitale consapevole e più sobrio:

“Un atto di responsabilità è comprendere che l’utilizzo smodato dei social non è assolutamente gratis”.

Qual è il reale impatto dei social sull’ambiente?

Premesso che la questione dell’inquinamento digitale è dibattuta già da diverso tempo, gli studi diffusi fino ad ora sono molto discordi anche e soprattutto quando si tratta di individuare le fonti delle emissioni del settore tecnologico e delle piattaforme social.
Anche perché si tratta di una operazione complessa da studiare e da individuare, con diverse zone oscure ancora poco visibili.

Tutto ciò di cui abbiamo una minima consapevolezza è che questo processo tende inesorabilmente a crescere perché aumentano le persone online.
Al momento sappiamo, in primo luogo, che se internet fosse un Paese, sarebbe quarto nel mondo per emissioni di Co2 dopo Cina, Stati Uniti e India. La nazione Internet sarebbe responsabile di 1.850 milioni di tonnellate di Co2 in un anno, come emerso dal Global Carbon Project del 2019.

In secondo luogo, la fonte della stima del 4 per cento fa riferimento ad uno studio francese del 2019 che però non proviene da una pubblicazione scientifica e cerca di quantificare l’impatto complessivo delle tecnologie digitali come terminali, IOT, data center e reti di comunicazione. Da nessuna parte poi viene detto che una buona metà di questo 4 per cento di emissioni verrebbe dall’uso dei social.

Secondo uno studio della Royal Society le tecnologie digitali sarebbero responsabili della produzione delle emissioni mondiali per una quota compresa tra l’1,4 per cento e il 5,9 per cento del totale.

Secondo quanto riporta l’Iet, Institution of engeneering and technology, la previsione è che i consumi raddoppino da oggi al 2025. Da un lato ci sono i consumi generati dalla manifattura dei dispositivi come smartphone, computer e gli stessi server, dall’altro l’energia che consumano.

Secondo il sito web site carbon, a sprecare la maggior quantità di energia è l’utilizzo della funzione di ricerca, dal momento che questa mette in funzione più di un server. La ricerca web, ad esempio, emette 1,7 grammi di CO2 per pagina consultata, mentre un sito web con 10.000 pagine viste al mese emette 211 kg di CO2 all’anno.

Il progetto Zed per un digitale sostenibile

A prescindere dalle informazioni statistiche, vista la digitalizzazione accelerata, considerata la questione delle emissioni, è possibile ridurre la nostra impronta inquinante digitale, sensibilizzare su utilizzo più consapevole ed agire in modo più sostenibile sui social e in rete.

Come fa IAB Italia, che lancia la piattaforma “Zed – Zero emission digital”, con l’obiettivo di far convergere digitale e transizione ecologica. Un progetto di sostenibilità tecnologica articolato in tre fasi: la presentazione del Manifesto per un digitale sostenibile, un vademecum delle regole e comportamenti corretti da adottare come singoli e come aziende; un sistema di metriche validato che vada a misurare il digital carbon footprint di siti web, app, e-mail, video; e per ultimo l’avvio di una campagna di sensibilizzazione per rendere il mondo digitale più sostenibile.

Il progetto ZED IAB Italia fonde linee guida di comportamento e strumenti concreti di misurazione e comunicazione, sia per le aziende che per le persone e si rivolge infatti con priorità ai propri associati, provando a farli diventare parte del cambiamento, come recita la call to action sul sito dell’iniziativa.

Il manifesto Zed è suddiviso in due sezioni (privati e aziende) e riporta alcune semplici regole da seguire e far seguire per ridurre l’impronta carbonica digitale:

Per i privati:

IAB

“Se non sai quanto consumi su internet, non sai quanto inquini – ha affermato il presidente Carlo Noseda – siamo partiti da questo presupposto nel progettare il Manifesto un digitale sostenibile che enumera le regole d’oro su come essere Zed. Stiamo lavorando poi su un sistema per misurare il digital carbon footprint e che possa diventare una vera e propria certificazione per le aziende”.

Tra le linee guida del manifesto Zed alcune sono davvero semplici da seguire per ridurre l’inquinamento digitale: chiudere le tab che non si utilizzano mentre si naviga, cancellare dai propri dispositivi i file obsoleti o duplicati, disinstallare le app inutilizzate, disiscriversi dalle newsletter che non si leggono mai. Ognuna di queste azioni richiede scambio di dati, oltre che consumo di energia, che si traduce in concreto in una grande quantità di emissioni di CO2.

Misurare, agire e diffondere il messaggio

Perché nel momento in cui tutti noi acquisiamo consapevolezza di quello che è il potenziale danno ambientale legato alla nostra presenza social, sarà più facile fare pulizia. Liberarci dei rifiuti digitali.
Con la buona notizia che sono al momento più facilmente smaltibili rispetto ad altri tipi di rifiuti.

social inquinamento


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