Se un amico o una persona a noi familiare guarda il suo smartphone, noi tendiamo ad imitare inconsciamente il suo comportamento, e finiamo per guardarlo anche noi. E da questo scaturisce una dipendenza dallo smartphone.
E’ quanto emerge da un recente studio condotto da un gruppo di etologi del Dipartimento di Biologia dell‘Università di Pisa e pubblicato sulla rivista Human Nature edita da Springer.

Infatti, secondo questo studio, siamo più portati ad imitare la mimica delle persone che ci sono familiari quando hanno in mano uno smartphone, un fenomeno inconscio e noto come effetto camaleonte.

Nel corso dei mesi della pandemia Covid-19, il gruppo di ricercatori guidato dalla professoressa Palagi, ha svolto un primo esperimento per valutare le conseguenze del lockdown sulla risposta mimica nell’utilizzo degli smartphone.

I primi risultati hanno confermato l’esistenza di questo fenomeno e hanno dimostrato che le ridotte interazioni e relazioni sociali dal vivo possono cambiare il modo in cui interagiamo con gli altri rendendoci più predisposti ad impegnarci in interazioni sociali virtuali.
Dopo un anno è stato fatto un nuovo esperimento i cui risultati, secondo la prof.ssa Palagi, sono stati davvero sorprendenti:

“Non solo, infatti, questo fenomeno non scompare nel tempo, come era invece lecito attendersi, ma sembra essere strettamente legato al gradiente di familiarità. Come avviene con la risata o lo sbadiglio, anche la risposta mimica nell’uso dello smartphone è più evidente quando si è insieme a persone che si conoscono”.

Perché “effetto camaleonte”

In pratica, come lo sbadiglio o la risata, è contagioso anche guardare il cellulare.
La dipendenza da cellulare ha un nome, nomofobia, ed indica una condizione psicologica in cui la perdita o impossibilità di utilizzo dello smartphone genera nella persona una reazione di panico, paura e ansia: sensazioni che portano spesso ad associare la nomofobia alla Fear of Missing Out.

Si tratta, in parte, di un fenomeno strettamente collegato con l’uso eccessivo e compulsivo dei social network. Secondo l’ente di ricerca britannico Yougov, più di 6 ragazzi su 10 tra i 18 e i 29 anni vanno a dormire con lo smartphone al seguito, e oltre la metà degli utenti di telefonia mobile (53%) tendono a manifestare stati d’ansia quando rimangono a corto di batteria, di credito o senza copertura di rete.

Veronica Maglieri, ricercatrice del team di ricerca, ritiene che tutto dipende dallo sguardo di chi, in un gruppo o comunità, usa lo smartphone per primo. Ed è proprio qui che si innesca ciò che la scienza definisce effetto camaleonte, ossia l’imitazione inconsapevole dei comportamenti altrui.

Lo sguardo è, tra gli animali sociali, un elemento fondamentale di comunicazione, che guida il loro comportamento anche in condizioni di pericolo. Per la prima volta il gaze-following, meccanismo in base al quale bambini nei primi 6 mesi di vita guardano più spesso nella direzione in cui si volta la testa di un adulto, emerge in relazione ad oggetti manipolati dagli individui che interagiscono.

Contagiosità dello smartphone:
le fasi della ricerca

Sono state due le fasi della ricerca. In un primo caso gli sperimentatori prendevano il loro smartphone e lo manipolavano per almeno 5 secondi guardando direttamente lo schermo illuminato. Nell’altro eseguivano esattamente le stesse azioni, fatta eccezione per lo sguardo (e quindi l’attenzione), che non era diretto verso lo schermo illuminato, ma da altre parti.

Nel primo caso, con elevata frequenza, le persone prendevano i propri smartphone e li guardavano entro i 30 secondi. Pertanto, ciò che produce il contagio è l’attenzione, mentre la semplice manipolazione del mobile non basta ad evocare e dare vita ad un fenomeno di mimica spontanea.

Etologia della comunicazione

Secondo le ultime statistiche Auditel Censis, il numero di smartphone nelle famiglie italiane ha superato quello dei televisori. Ne dispongono il 95,9% di italiani per circa 43 milioni di unità. L’uso degli smartphone con display sempre più grandi e connessioni mobili sempre più veloci é perfetto per accedere ad internet.

Il 77% degli italiani naviga col telefonino che rappresenta l’86% degli accessi online per una media di 2 ore e 22 minuti. Se è vero che questi device permettono una connessione in mobilità aumentando le relazioni virtuali, dall’altra si rischia un maggior isolamento sociale.

Proprio un approccio etologico alla comunicazione social e digitale, che riconosce il ruolo cruciale dell’imitazione nell’interazione sociale, potrebbe permetterci di leggere in modo diverso questi fenomeni e aiutare anche a comprendere come i diversi contesti sociali influenzano i comportamenti individuali e possono favorire situazioni di dipendenza e distacco dalla realtà.
In particolare, proprio l’effetto camaleonte può essere una sorta di “collante sociale” che promuove comportamenti affiliativi così come l’identificazione all’interno di un gruppo sociale.
Una imitazione che fa sentire le persone più vicine agli altri, anche solo virtualmente.

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