Oggi parleremo di Bossa nova. Vi piacerebbe, eh?!
Purtroppo in questa rubrica non si parla di cose belle. Parleremo quindi del lato brutto della Bossa. Non quella di Jobim e di Gilberto, per intenderci, ma del discount della musica brasiliana.

Cercheremo di capire come certa sottospecie di pseudo lounge sia riuscita ad infilarsi nelle feritoie incustodite della normativa sui diritti d’autore e a tirar fuori alcune reinterpretazioni che i più magnanimi definiscono cover ma io che io preferisco chiamare cacofonia da apericena.

Per affrontare questo argomento, apparentemente innocuo ma che, in realtà, mi squassa la capacità di discernimento fra il bene ed il malissimo di tutte quelle persone che, non per colpa ma per condizione, non fanno ricerca musicale ma subiscono quella altrui, bisognerebbe avere un’infarinatura sulle prassi di pubblicazioni di questi crimini artistici.

Per dire: un giorno mi sveglio e sento l’esigenza incontrollabile di dover rielaborare Sympathy for the devil in chiave chiringuito: voglio rallentarne il ritmo, inserirci delle percussioni fatte con le spazzole, quelle bacchette speciali che danno la sensazione che il batterista si sia addormentato sullo strumento e stia graffiandoci sopra con la barba, poi voglio aggiungere qualche cinguettio ed infine, se sopravvivo al fulmine del Dio della musica, voglio far cantare il pezzo da una cantante jazz appena scesa da una crociera, ancora col moto ondulante che non le consente di rimanere ferma mentre canta.

Cosa devo fare?

Qual è il procedimento da seguire per compiere questo scempio in assoluta legalità?

Immagino si debba contattare la casa discografica dell’autore del pezzo originale e quindi, in questo caso, dei Rolling Stones.

La legge in Italia dice che purtroppo la cover è un’opera musicale consentita e composta da altri che diventa nostra interpretazione, nello schifoso caso in cui scegliamo di suonare ed incidere ex novo ma senza modificare melodia, testo e struttura del pezzo originale.

Se invece interveniamo sul pezzo, modificando melodia, testo e struttura non stiamo suonando una cover, ma abbiamo rielaborato un brano ed in questo caso, per stare in regola, si dovrà contattare direttamente l’editore o in sua assenza gli autori ed i compositori.

In entrambi i casi nasce quindi una vera e propria associazione a delinquere.

Non è soltanto il tizio che si sveglia e desidera musica da lounge-bar a macchiarsi di peccato, ma anche il padre o la madre di quel brano che consente lo stupro diffuso in una bella terrazza vista mare.

Come può l’autore di un qualsiasi pezzo musicale consentire che vi si passi sopra con lo schiacciasassi della bossa e che il proprio componimento si ritrovi in certe playlist degli stabilimenti balneari, fatte partire dalle 17 alle 19, appena prima della selezione house che metta definitivamente in fuga la fauna marina, oltre che la sottoscritta?

Quanto è disposto ad incassare un autore per vedere il proprio brano portato al patibolo da gente vestita col pantapareo bianco?

A volte, mentre cedo al piacere effimero e me ne sto con le chiappe su qualche cuscino indiano, con gli amici, a bermi uno di quei drink velenosi, carioca anche loro, giochiamo ad indovinare di che brano si tratti e ad intuirne la versione originale, in mezzo a tanto chill-out.

Restiamo in silenzio ma non per rilassarci, bensì per vedere sino a che punto si debba arrivare per far ascoltare a tutti certi pezzi leggendari, e discutiamo su quanto a volte non sia giusto tradurre in volgare le cose preziose, e che ci chiamino snob, ma certa musica non dovrebbe aver dentro le maracas!
E guardiamo il tramonto chiedendoci cosa ci sia davvero dentro alle maracas, una volta scassate sul cranio dei produttori di cover chill-out. Sassi? Ghiaia? Ceneri di pappagallini? L’anima di João Gilberto che vuole esser liberata, come i nani da giardino, ma più arrabbiata?
Sogniamo di scassare maracas ma poi nessuno fa niente perché ci si abitua a tutto purché ci sia dentro un po’ di sonaglio: la vita stessa è tutto un prendere sonagli nei vari orifizi cercando di tenere il ritmo.

Di questo filosofiamo io ed i miei amici, mentre subiamo i cugini brutti dei Nouvelle Vague pur di vedere il tramonto al mare.
Ma per fortuna, alle 19 arriva la house: il giusto nome per un tipo di musica che invita ad andare alla casa, ad ascoltare qualcosa di buono.

La casa non è forse dove si ascolta qualcosa di buono?

Ho fatto una playlist su Spotify con qualcosa di buono

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