Fino al 29 Ottobre, a Cellatica in provincia di Brescia, la Casa Museo Fondazione Paolo e Carolina Zani ospita, in un spazio all’interno dell’edificio che custodisce la propria collezione, una selezione di quattro dipinti a olio su tela e un bronzo di piccolo formato realizzati da Gian Lorenzo Bernini (Napoli, 7 Dicembre 1598 – Roma 28 Novembre 1680), provenienti dalla Collezione Forti Bernini di Roma di Fabiano Forti Bernini discendente ed erede del maestro.

Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto
Gian Lorenzo Bernini, Autoritratto, 1630 circa, olio su tela, Al. 43 x La. 34,2 cm. Collezione Privata
Immagine di pubblico dominio.

Un progetto ideato e coordinato da Massimiliano Capella con Steven F. Ostrow e Francesco Petrucci con l’intento di rinnovare l’interesse ad approfondire le ricerche relative alla produzione pittorica di Gian Lorenzo Bernini nell’ambito della ritrattistica e della pittura di figura attraverso l’analisi e le adeguate riflessioni sui dipinti ritenuti autografi.

L’opportunità di accogliere in un contesto privato, qual è quello della Casa Museo sede della Fondazione Zani, un aspetto per così dire analogamente privato del grande Gian Lorenzo Bernini ha determinato la scelta del titolo: Bernini privato. La forza e l’inquietudine.

Le quattro tele esposte che raffigurano San Sebastiano, Sansone e il Leone, l’Allegoria dell’Amore Divino e Martino Martini, gravitano attorno al fulcro del David di bronzo che offre al pubblico l’occasione dell’osservazione diretta e ravvicinata di un’opera di piccolo formato.

Gian Lorenzo Bernini produsse raramente sculture di piccole dimensioni in metallo, intenzione significativamente testimoniata da una dichiarazione datata 7 Settembre 1665 registrata da Paul Fréart de Chantelou nel Journal de voyage du Cavalier Bernin en France, edito a Parigi nel 1885, in cui riporta un’affermazione del maestro rivelatrice della propensione alla grandiosità:

Non mi si parli di niente che sia piccolo”.

Dalla mano di Gian Lorenzo Bernini possediamo opere assolutamente spontanee e d’incomparabile forza espressiva. Il maestro ha saputo dare unità alla pittura, alla scultura e all’architettura in una sintesi stilistica nell’audacia del tocco creativo che ha generato esecuzioni straordinarie partendo proprio da quel disegno definito caricatura, o di colpi caricati, con cui portava a deformazione l’aspetto altrui, solitamente per scherzo ma a volte anche con troppa forza espressiva, senza per questo sottrarre ai volti l’effettiva somiglianza.

Gian Lorenzo Bernini (attrib.), Sansone ed il leone
Gian Lorenzo Bernini (attrib.), Sansone ed il leone (o Davide uccide il leone), 1630-35, olio su tela, Al. 87 x La 70 cm. Collezione Forti Bernini, Roma

L’Accademia di Francia e
Gian Lorenzo Bernini

Nel 1648 a Parigi venne fondata l’Accademia a cui si aggiunse, nel 1665, l’Accademia di Francia a Roma per indicare agli artisti francesi l’esempio da seguire: Nicolas Poussin (Les Andelys, Francia, 15 Giugno 1594 – Roma, 19 Novembre 1665).

Gli accademici dichiararono fosse necessario diventare romani, anzi i più classicisti tra i classicisti romani, per contrastare quella pittura dai colori piacevoli ma priva di geometria, prospettiva, anatomia, dichiarata eretica e materialista; quella stessa pittura denigrata in un Trattato del 1662 di Roland Fréart de Chambray (Le Mans, Francia, 13 Luglio 1606 – Le Mans, Francia, 11 Dicembre 1676).

Gian Lorenzo Bernini, David
Gian Lorenzo Bernini, David, XVII secolo, bronzo a patina scura, Al. 48 x La. 29 x P. 21 cm. Collezione Forti Bernini, Roma

Sempre nell’anno in cui fu fondata l’Accademia di Francia, Luigi XIV di Borbone, detto Re Sole (Saint- Germain-en-Laye, Francia, 5 Settembre 1638 – Versailles, Francia, 1° Settembre 1715), convocò Gian Lorenzo Bernini a Parigi per la ristrutturazione del Louvre.

Il Re destinò all’accoglienza e all’accompagnamento del maestro, durante il suo soggiorno parigino durato cinque mesi, un collezionista d’arte e ingegnere militare francese, Paul Fréart de Chantelou (Le Mans, Francia, 25 Marzo 1609 – Parigi, Francia, 10 Marzo 1694), fratello di R. F. de Chambray.

Gian Lorenzo Bernini, Ritratto di Padre Martino Martini
Gian Lorenzo Bernini, Ritratto di Padre Martino Martini (?), 1655 ca., olio su tela, Al. 39 x La. 29,5 cm.
Collezione Forti Bernini, Roma

Da questo contatto quasi quotidiano tra Bernini e Chantelou, compagno e interprete del maestro a Parigi, Chantelou redasse un diario quasi giornaliero che divenne un documento artistico e storico in grado di fornire informazioni sulla personalità dell’artista, sulla sua idea di arte ma anche sulla vita che si svolgeva alla corte del Re Sole. Di Gian Lorenzo Bernini egli poté riportare pensieri, gesti e azioni offrendoci descrizioni della fisionomia e del carattere molto dettagliati.

«Vi dirò, dunque, che il Cavaliere Bernini è un uomo di statura media, ma ben proporzionata, più magro che grasso, con un temperamento tutto fuoco. Il suo viso ha qualcosa dell’aquila, in particolare negli occhi. Ha i sopraccigli molto lunghi, la fronte ampia, un poco incavata al centro e lievemente rilevata sopra gli occhi. È calvo e i capelli che gli restano sono crespi e completamente bianchi. Come lui stesso dichiara, ha sessantacinque anni. Tuttavia per tale età è vigoroso e vuole camminare a piedi, come se ne avesse trenta o quaranta. Si può dire che il suo temperamento è tra i migliori che la natura abbia mai formato perché, senza aver studiato, ha quasi tutte le doti che il sapere può donare a un uomo … inoltre, ha una bella memoria, un’immaginazione veloce e vivace [e] un talento tutto particolare nell’esprimere le cose con la parola, con l’atteggiamento del viso e con il gesto, e di farle apparire tanto piacevolmente quanto i più grandi pittori hanno saputo fare con i pennelli». (Bernardini M. G., Gian Lorenzo Bernini. Regista del Barocco, Torino, Skira 1999)

Journal du voyage du cavalier Bernin en France par M de Chantelou
Journal du voyage du cavalier Bernin en France par M de Chantelou (Lalanne, 1885)
Ashmolean Museum copy at Internet Archive – Immagine di Pubblico Dominio

Di fronte a Chantelou Bernini giudica la maniera degli artisti francesi triste e meschina e per questo ritenne fosse indispensabile sollecitare l’apprendimento e la comprensione del senso della grandezza; lo stesso espresso da Nicolas Poussin nella maniera magnifica.

icolas Poussin, Autoritratto
Nicolas Poussin, Autoritratto, 1650, olio su tela, Al. 98 x 74 La. cm., Museo del Louvre, Parigi, Francia – Immagine di Pubblico Dominio

Parigi, la carriera, la fortuna, il genio

In un vortice di adulazioni, fortuna, favore e genio, che sembrano crescere uno sull’altro, l’artista se lascia un papa è per un cardinale o un principe, ma l’abbandono fisico avvenne soltanto per il viaggio a Parigi finalizzato al progetto del Louvre in un ambiente che si dimostrò inadeguato alla sua invenzione.

La carriera del Bernini è costruita dalle opere, nella necessaria catena dei pontificati, nel contesto di un gioco di potere tra gratificazioni e riconoscimenti:

nella bambagia, tra coccolamenti e pie soddisfazioni, con i potenti che si fanno umili di fronte al genio che li esalta (tópos, si sa, ma qui particolarmente parruccoso e cortigiano), la fioritura dell’artista è miracol che si rinnova. Prodigi della giovinezza estrema, prodigi dell’età matura, fino alla sbalorditiva vecchiaia.”

Il canone della bellezza e dell’eleganza, che regna nei saloni pontifici, è fatto di solenne imponenza, o di espedienti minuti, tutti comunque improntati a gratuità aristocratica ma lo stupore ha uno spessore più psicologico e artificioso che veramente intellettuale”.

Gian Lorenzo Bernini, Carlo Pellegrini, Allegoria dell’Amore Divino
Gian Lorenzo Bernini, Carlo Pellegrini, Allegoria dell’Amore Divino, ca. 1635-40, olio su tela, Al. 75,5 x La 55 cm. Collezione Forti Bernini, Roma

I suoi contemporanei lo hanno riconosciuto e celebrato come il genio indiscusso del secolo in quell’eclettismo che gli permise d’interpretare ed essere strumento della restaurazione cattolica che rivalutò la cultura come storia del riscatto ideale dell’umanità.

E’ il momento in cui l’universale si realizza ed entra nella vita e dove l’immaginazione concepisce e diviene immediatamente realtà attraverso la tecnica in grado di realizzare tutto ciò che si immagina, tanto da credere che il pensiero possa divenire realtà visibile nell’arte quale fondamento di quella fase della civiltà della tecnica che giunse sino al XX Secolo.

Gian Lorenzo Bernini concepisce il sentimento come un impulso proveniente dall’interno, senza un confine tra l’amore terreno e l’amore verso Dio, e lo sviluppa dalla sua propria origine: la teorica leonardesca degli affetti e dei moti mentali che suscitano i moti del corpo.

Gian Lorenzo Bernini, San Sebastiano
Gian Lorenzo Bernini, San Sebastiano, 1635-40, olio su tela, Al. 96 x La. 72 cm. Collezione Forti Bernini, Roma

A questo proposito credo che la sola osservazione della figura di San Sebastiano, possa rappresentare la summa della poetica berniniana scevra da collegamenti politici o civili e sia sufficiente per concludere.

Un dipinto presentato per la prima volta, nel 2017, da Luigi Ficacci nel Catalogo a cura di Andrea Bacchi e Anna Coliva pubblicato in occasione della mostra dedicata a Gian Lorenzo Bernini allestita alla Galleria Borghese.

L’opera venne successivamente ripresentata nel Catalogo curato da Francesco Petrucci per quella a Palazzo Chigi ad Ariccia del 2020-2021. Una tela che sia per Ficacci che per Petrucci sia riconducibile all’opera citata nell’inventario del 1649 relativo ai beni attribuiti al Cardinale Francesco Barberini; provenienza confermata dal sigillo dell’alto prelato apposto sul retro della tela originale e successivamente applicato alla nuova intelaiatura del restauro eseguito nel 2016.

Lo splendido corpo muscoloso del San Sebastiano, illuminato da destra e rappresentato a mezzobusto lievemente allungato, si staglia sullo sfondo scuro. La torsione del volto abbassato verso sinistra e della parte alta del busto, si contrappone a quella delle braccia sollevate che innescano il dinamismo.

Colpito al costato dalle frecce che si conficcano nella carne, mantiene ancora uno sguardo vigile mentre le labbra si serrano nello sforzo di trattenere le grida e cedere al dolore solo nei movimenti che occupano lo spazio in più direzioni ed offrono a chi guarda un moto aperto alla continuità prospettica e all’amplificazione del tormento. In un crescendo fluido di pennellate sicure con cui costruisce il vortice dei moti, i capelli divengono preda dell’aria nel tentativo di divincolarsi per liberarsi dal destino della morte.

Un appassionato amore verso la vita è raccontato dal solido volume che affiora dal fondo e si illumina e che, pur nell’evidente poderosa mole, vibra e scuote psicologicamente muovendo l’immaginazione di chi guarda.

Le rotazioni di San Sebastiano mettono improvvisamente in vibrazione il vuoto che lo circonda ponendo al centro l’azione in se stessa e che raccoglie completamente il valore dell’opera in quella straordinaria capacità di un genio di catturare e agitare lo spazio, attivando la forza trascinante di un movimento che è il ritmo della trasformazione.

Le immagini fotografiche delle opere di Gian Lorenzo Bernini pubblicate in questo articolo su ReWriters sono state autorizzate dall’ufficio stampa Bianca Martinelli.


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