“Che cos’è la nostra innocenza? Che cosa la nostra colpa?” recita la poeta Marianne Moore in esergo all’ultimo romanzo di Lidia Ravera, Avanti, parla (Bompiani, 2021). Su queste domande, su queste due precise istanze (l’innocenza, la colpa), indugia la storia di Giovanna, operaia in pensione con una vita sciatta e solitaria, che consuma senza allegria nella bella casa che guarda il fiume, al centro di Roma.

La sua è un’esistenza silenziosa: Giovanna è schiva, non parla, sa schermirsi dalle insidie, dai rigiri, dalle domande. Alla gente preferisce i libri, oppure la musica: i suoi unici appuntamenti col piacere. Del resto, ha già preso dalla vita la passione, il tormento altissimo, il tremore che danno solo i grandi sentimenti, i grandi ideali. Ma questo era prima, quando Giovanna era giovane e non sapeva ancora difendersi dai sogni.

Adesso no. A sessantasei anni, Giovanna sa che i sogni di gioventù portano solo guai. Lo sa, ne è certa. Almeno finché non incontra loro, la famiglia rumorosa che si trasferisce nell’appartamento di fianco al suo: Michele e Maria, due ragazzi innamorati che giocano a fare i grandi senza riuscirci e i loro figli, Malcolm, tredicenne col vezzo di salvare il pianeta, e Malvina, adorabile treenne alla ricerca continua di attenzioni.

Dopo il primo incontro, Giovanna rimane a guardare, ad ascoltare. La parete in cartongesso che separa le loro case è effimera e sottile. Il chiasso dei nuovi vicini, il loro mormorio esuberante, diventa presto la traccia sonora di una nuova vita. Da quel momento, Giovanna non fa che pensare a loro: al primo rumore tende l’orecchio, si mette in ascolto, ritrova l’entusiasmo della scoperta, l’antica invidia per le voglie altrui, per le vite desideranti, libere, allegre.

È in questo continuo addentrarsi nelle vite degli altri, che Giovanna trova lo spazio per tornare indietro. Per attraversare di nuovo il dolore più grande, la colpa che non lascia scampo e incoraggia solo azioni minuscole, misere come la storia di una donna che è scomparsa da sé stessa.

Con una voce calda, intima, politica e una penna alta che solleva tutti i personaggi di questa storia, Lidia Ravera racconta la colpa, la vergogna degli errori inconfessati e l’arma potentissima della scrittura, dove tutto (anche i segreti, anche gli sbagli) può essere offerto, esposto, per trovare finalmente tregua.  

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