Qualche giorno fa è stata pubblicata una nuova versione, director’s cut (Joel Gallen), rimasterizzata, di un brano di George Harrison che venne suonato durante un tributo al Beatle, presente suo figlio Dhani, nel lontano 2004, in occasione della cerimonia d’induzione nella Rock and Roll Hall of Fame. Quella era una allstar band, formata da Tom Petty, Jeff Lynne e Dhani Harrison frontline di chitarre, Prince al lato, Steve Winwood alle tastiere, più altri musicisti. Rivedere questo grande classico, le voci (tutte beatlesiane, di Petty e Lynne) e soprattutto il lungo assolo di Prince, che inizia piano e poi cresce, cresce, sembra salire sempre più su, con Dhani Harrison e gli altri sul palco che sorridono, si divertono e si emozionano, è lancinante, un’emozione gigantesca, da urlo! Ecco il dono: chiaro, appare, suona, potente, live, solo in quel momento, irripetibile. Un musicista come Prince, scomparso da 5 anni, ha un talento e una classe divini, quasi soprannaturali, che anche in sua assenza lo farà ricordare per secoli.

Questo dono per intercessione divina viene dato a bianchi e neri, non è razzista. Anzi, se vogliamo essere onesti, è stato concesso in dosi enormi ad artisti neri, che negli anni del boom della discografia (tra gli anni Cinquanta e Sessanta del XX secolo) sono stati ripagati dall’industria della musica (prevalentemente bianca) con bassissime o nulle royalties, scarsi diritti. Nulla di strano sotto il sole di quegli anni. Poi sono apparsi anche discografici neri e ad esempio con l’etichetta Tamla Motown è nato il fenomeno Stevie Wonder; prima da piccolo, come Little Stevie, debutto discografico a 12 anni, primo in classifica l’anno successivo, fino ad essere considerato uno dei musicisti più influenti del secolo. Siamo sempre in presenza del dono, immenso, di un musicista che suona di tutto, voce strepitosa, armonicista inarrivabile, autore di alcuni brani della grande canzone del Novecento, al pari di Cole Porter, George Gershwin e altri grandi americani. Una sorta di Duke Ellington del soul e del pop, circondato dal vivo da bande piuttosto numerose, ricche, davanti alle quali è impossibile resistere stando fermi, come in questo piccolo assaggio live che risale al 2016, in un grande concerto (Hyde Park, Londra): volevo andarci, memore di un altro suo concerto in Italia durante il quale rimasi letteralmente scosso dalla potenza inarrivabile di quel suono, ma non potei…

Il tempo passa, e il dono, in tono leggermente minore ma sempre significativo, si rinnova: pochi giorni fa Arlo Parks (giovane cantautrice e poetessa britannica, d’origini africane e francesi, non ha ancora compiuto 21 anni) è stata premiata come Breakthrough Artist (Artista Rivelazione) ai Brit Awards 2021, che si sono tenuti dal vivo, in presenza di pubblico a Londra, O2 Arena. Qui la potete vedere e sentire in concerto per KEXP, una radio americana, affiliata all’Università di Washington, gestita da un’associazione no profit, che ha anche un canale YouTube dove presenta una serie di concerti, “Live on KEXP at Home”, diffusi anche via radio, molto ben realizzati, con artisti sempre interessanti. Arlo Parks è un piccolo dono, al cospetto di giganti come Stevie Wonder e Prince, ma l’essenza è la stessa. E in un mondo radiofonico globale troppo omogeneizzato, anche una realtà come KEXP è un dono, per chi ha voglia di ascoltare e scendere un pochino più in profondità, arrivando a sentire, con tutti i sensi.

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