Approfondire la conoscenza dell’opera di Enrica Berselli, che crea con la cera d’api, è stata una bella esperienza che oggi mi permette di svelarvi, con una breve intervista, le direzioni delle connessioni nel suo lavoro.

Coloro che creano opere di scultura figurativa utilizzano l’anatomia artistica per studiare le proporzioni e i rapporti tra le varie parti del corpo umano, prendendone in esame sia la struttura esterna che quella interna per una rappresentazione, quanto più possibile, realistica.

Come ti sei avvicinata alla scultura e alla ceroplastica?
Ho visitato decine di musei anatomici italiani ed esteri osservando sia i preparati naturali che le cere, senza inizialmente pensare di accogliere la tridimensionalità di quelle opere nel mio lavoro artistico. La passione sempiterna per l’anatomia si limitava a influenzare ciò che prendeva forma nelle due dimensioni della carta e della tela.

Fu una visita all’ennesimo museo di quel genere, il Moulagenmuseum di Zurigo, che mi fece per la prima volta vedere una terza dimensione possibile per le mie creazioni e come declinare e giocare con il format della cera anatomica. Alla finalità didattica e universalizzante delle antiche cere museali i miei lavori rispondono illustrando reazioni parossistiche e trasformazioni fantasiose con il focus sul sull’individuo: niente vale al di fuori dell’isola-persona.


Enrica Berselli, Anafilassi da stasi, cera, pigmenti, ferro, 2020

Nelle mie sculture all’iperrealismo degli esempi museali fa da contraltare quello che definirei un iper-irrealismo: alcuni pattern propri della cute originaria persistono, mentre si deforma l’anatomia sottostante. La pelle in cera sembra in alcuni punti un guanto rilassato, i colori carnicini virano nella direzione di una palette cromatica innaturale, vicina al tono di fondo del terra d’ombra verdastra comune ai miei dipinti ad olio.

Enrica Berselli,Reich Gottes Autopoiesi, cera pigmenti, Bibbia tedesca

Quale’è il collegamento tra la tua scultura e la cera d’api?
Penso che la scultura in cera sia una delle forme, oltre al disegno e alla pittura, attraverso cui possa esprimersi il mio pensiero artistico. Vedo come le diverse tecniche che utilizzo si influenzino e mutuino alcune caratteristiche proprie delle altre. Per quanto concerne i contenuti l’elemento unificante del mio lavoro, il filo rosso di collegamento, è quello della pelle eletta a luogo simbolico di scambio, portale di comunicazione, origine di una ritualità cutanea che è come le impronte digitali, unica e irripetibile. Non a caso il Moulagenmuseum, che segnò l’inizio di questa fase del mio percorso artistico, è uno dei pochi o forse l’unico museo dedicato esclusivamente alle cere anatomiche dermatologiche.

La cera ha una storia affascinante che tocca mondi molto diversi fra loro come quello degli amuleti pagani, degli ex voto, dei presepi cristiani, della stregoneria, delle maschere mortuarie, dei bozzetti per sculture in materiali più nobili, e viene celebrata definitivamente nella ceroplastica per fini didattici. Davide Stefanacci in The Vision of Death: Wax Sculpture in the Seventeenth Century studia le connessioni fra la scultura in cera e l’ossessione per la morte, in un mondo in cui l’arte più che imitare la vita evocava la caducità.

Ritieni vi sia un rapporto tra l’opera in cera e la morte?
La cera d’api trovo sia molto legata alla morte, al corpo defunto, alla religione che si è costruita sulla paura della fine della vita, ma allo stesso tempo trovo che sia il più vivo fra i materiali che uso, una materia organica viva frutto di secrezioni di corpi minuscoli. Il suo sottrarsi al controllo e alla purezza di una formula chimica e il suo mutare a seconda di luoghi, periodi e impurità contenute, lo ascriverei all’ambito della vita e a quello di un disordine vitale. Utilizzata in natura per costruire pattern perfetti, può rendere la texture della pelle umana, la sua irregolarità e il suo calore meglio di materiali più nobili e puri. Mi affascina sia considerata dai più un materiale fragile destinato inevitabilmente a sciogliersi, mentre invece è necessaria una certa forza o l’ausilio di strumenti caldi per spaccare la cera tanto che testimoni silenziosi della sua resistenza sono proprio le cere conservate spesso nell’incuria che (r)esistono da secoli.

Chi vuole seguire i progetti di Enrica Berselli qui trova il suo sito.

Enrica Berselli è una delle protagoniste dell’Esposizione Figlie del fuoco fino al 18 Settembre 2022 nel Complesso di San Paolo di Modena.

Il titolo Figlie del fuoco fa riferimento all’opera che sigilla la breve esistenza terrena dello scrittore romantico Gérard de Nerval, il primo a eleggere il sogno ponte tra la realtà e il soprannaturale (übernatürlich).

Per la nona edizione del Festival della Fiaba 2022 Enrica Berselli ha realizzato un’opera intitolata La resa. Ogni anno il Festival della Fiaba si concentra sulla fiaba per un pubblico adulto e affida il compito di realizzare l’immagine simbolo dell’edizione a un artista, declinando il tema scelto.

Per il FestivalFilosofia 2022 presenterà un’opera che si muove fra il mito platonico dell’androgino e l’identità di genere non binaria.

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