Intrecci queer e multispecie nell’era del Chthulucene: le “Storie delle Camille” di Donna Haraway
Intrecci queer e multispecie nell'era del Chthulucene: le "Storie delle Camille" di Donna Haraway. Una nuova discendenza umana e non umana.
Intrecci queer e multispecie nell'era del Chthulucene: le "Storie delle Camille" di Donna Haraway. Una nuova discendenza umana e non umana.
Come costruire famiglie, reti e intrecci queer nell’Antropo-Capitalocene? Una formulazione intrigante emerge dalle pagine di Staying with the Trouble: Making Kin in the Chthulucene (2016), tradotto in italiano con il titolo piuttosto fuorviante di Chthulucene. Sopravvivere su un pianeta infetto (2019). Questa traduzione, purtroppo, lascia in ombra l’idea di making kin nelle rovine del presente, ovvero il suggerimento di creare parentele postumane per la rigenerazione del pianeta nel post-Antropocene e post-Capitalocene.
Nel panorama intellettuale contemporaneo, poche autrici hanno avuto un impatto tanto profondo e trasformativo quanto Donna Haraway, la cui riflessione critica sui rapporti tra animali umani, animali non umani e ambiente ha gettato le basi per un nuovo paradigma di pensiero.
Nel suo saggio del 2016, Haraway introduce un concetto rivoluzionario: i Children of Compost o figli* del compost.
Ma prima una premessa…
Questa idea è inserita nel contesto del Chthulucene, un concetto con cui la filosofa propone un’alternativa all’Antropo-Capitalocene come orizzonte-mondo. L’intento è di restituire agency ai non-umani e alla comunità multispecie, di cui l’umanità è solo un frammento. Infatti, il Chthulucene fa riferimento alle creature ctonie, entità terrestri con le quali dobbiamo urgentemente imparare a coabitare. Tutto ciò per enfatizzare una visione della storia terrestre più interconnessa e meno antropocentrica.
Il Chthulucene, termine coniato da Haraway, è un’epoca in cui gli umani non dominano la comunità multispecie ma ne fanno parte integrante, interagendo in un intreccio complesso di relazioni con altre forme di vita. Si tratta di un periodo caratterizzato dalla necessità di cooperazione reciproca tra specie diverse per affrontare le crisi ambientali globali che affliggono la biosfera.
In questo auspicabile contesto, i Children of Compost emergono come una metafora potente: una nuova discendenza umana e non umana che prende le mosse da una visione interspecie del mondo.
I Children of Compost rappresentano una concezione radicalmente diversa della discendenza, che si discosta dalla tradizionale genealogia lineare per abbracciare la complessità delle reti ecologiche. Non sono definiti dalle categorie tradizionali di parentela, ma piuttosto dalla loro partecipazione attiva in reti intricate e simbiotiche in costante mutamento e apertura verso l’altro.
Come il compost, in cui diverse forme di vita si degradano e si ricompongono, creando qualcosa di nuovo e vitale, i Children of Compost incarnano una visione di continuità non lineare, ma circolare e interconnessa.
Le caratteristiche fondamentali dei Children of Compost riflettono la loro natura multispecie e post-umana. Innanzi tutto, enfatizzano l’interconnettività e la dipendenza reciproca tra diverse specie, riconoscendo che la sopravvivenza e il benessere di una specie sono intrinsecamente legati a quelli delle altre.
Questa consapevolezza spinge verso una responsabilità multispecie, un impegno condiviso per il benessere dell’intero ecosistema. I Children of Compost si distanziano dalla centralità dell’umano nella narrazione ecologica, promuovendo un’etica che valorizza tutte le forme di vita e riconosce la loro sostanziale comunanza.
Contrariamente alla narrazione egemonica di dominio e sfruttamento della natura, i Children of Compost simboleggiano la possibilità di un futuro in cui gli esseri umani lavorano insieme ad altre specie per il mutuo beneficio. Questa prospettiva incoraggia un’etica del fare e del diventare, una pratica continua di creazione e rinnovamento che contrasta con la stagnazione o il fatalismo.
Per andare oltre l’Antropo-Capitalocene, il fatalismo e il tecno-ottimismo non sono opzioni percorribili.
L’idea piuttosto speculativa dei Children of Compost assume connotati molto più materiali e stimolanti attraverso lo storytelling nelle Camille Stories, una serie di narrazioni fantascientifiche che esplorano legami affettivi e responsabili tra specie diverse.
Le Camille, simbionti umani-insetto, emergono come risposta alle crisi ambientali, rappresentando un tentativo di riformulare e riorganizzare le relazioni interspecie. In queste storie, Haraway sfida e amplia le nozioni convenzionali di identità, inclusi genere e specie, enfatizzando la fluidità e il continuo divenire piuttosto che l’essere fissi o stabili.
All’inizio del XXI secolo, le condizioni per gli esseri viventi sulla Terra erano tutt’altro che favorevoli. La popolazione umana era eccessiva, e le altre forme di vita erano in rapido declino. In questo contesto, sorsero piccole comunità che si autodefinivano Children of Compost.
Queste comunità nascevano in aree devastate, rovinate dall’industrializzazione e dal capitalismo dei due secoli precedenti. Questi individui, legati profondamente alla Terra e ai suoi abitanti, umani e non, si proponevano di restaurare questi ambienti degradati. Credevano fosse essenziale per la guarigione del pianeta ridurre il numero degli esseri umani e incrementare quello degli esseri non umani.
I nuovi nati erano eventi rari e preziosi all’interno delle comunità del Compost. La decisione di dare vita a un nuovo essere umano era collettiva, coinvolgendo l’intera comunità nell’educazione del bambino. Le famiglie erano composte da molteplici genitori di ogni genere, orientamento sessuale e legame affettivo.
Le persone incinte sceglievano un animale simbionte appartenente a specie minacciate dall’estinzione, con cui il loro bambino avrebbe formato un legame. Man mano che crescevano, i bambini contribuivano alla sopravvivenza della loro specie simbionte, apprendendo su di essa e sulle dinamiche ecologiche vitali per la sua esistenza.
Questo legame unico influenzava fino a cinque generazioni umane, dando vita alla saga delle generazioni dei Camille in Virginia Occidentale, un’area devastata dalle attività minerarie del carbone. Nonostante il degrado ambientale, questa regione rimaneva cruciale per la migrazione annuale delle farfalle monarca.
Nel 2025 nacque la prima Camille, il cui legame scelto fu con la farfalla monarca. Camille e le generazioni successive si dedicarono a comprendere e a sostenere la sopravvivenza di questa specie. Con l’andare delle generazioni, i legami interspecie crescevano in profondità e complessità.
Il mondo in cui viveva la prima Camille era segnato da estinzioni di massa, violenti cambiamenti climatici e conflitti. Altri bambini, nati nel suo stesso periodo, furono legati a specie diverse come anguille, gheppi, gamberi e salamandre. Camille e il suo amico Kess, legato a un gheppio, condivisero un legame speciale, dato che i gheppi si nutrivano delle monarca.
Col passare degli anni, Camille approfondì la sua comprensione e connessione con il mondo naturale studiando con le comunità dei nativi americani, preparandosi a passare il suo sapere alla Camille successiva.
La seconda Camille, nata nel 2085, proseguì l’opera iniziata, viaggiando fino in Messico per approfondire la sua conoscenza delle monarca, studiando con gruppi di donne rivoluzionarie e partecipando a tradizioni locali come il Dia de los Muertos, che le rivelò una nuova dimensione spirituale delle monarca come anime dei defunti.
Con il nascere della terza Camille nel 2170, il mondo aveva già subito perdite devastanti, ma l’umanità cominciava a diminuire, dando spazio a specie vulnerabili come le monarca.
La quarta Camille, nata nel 2255, si trovò di fronte alla dolorosa realtà dell’estinzione imminente delle monarca, preparando la quinta Camille a un ruolo unico come Portavoce dei Morti, per preservare la memoria delle specie estinte e delle loro storie, sottolineando l’importanza di non dimenticare le lezioni impartite dalla natura.
Attraverso queste narrazioni, Haraway esplora la fluidità di genere e la queerness, oltre a decostruire le tradizionali categorie di genere e specie, promuovendo un’etica del legame che trascende le definizioni biologiche e legali.
Inoltre, concetti come il poliamore e l’ecosessualità riconsiderano radicalmente la parentela e il legame non-normativo, proponendo un modello di relazioni basato su intimità multiple, consenso e interdipendenza ecologica, enfatizzando un approccio inclusivo e responsabile verso la biosfera.
Con questo, intendo dire che concepire una parentela multispecie si realizza e deve avvenire in parallelo con la trasformazione queer del concetto di parentela, abbracciando la multigenitorialità e forme di cura che superano i legami di sangue e i limiti legali di riconoscimento esistenti al momento della redazione di questa riflessione.
Oltre a consigliare il testo di Haraway, ti invito a guardare questo video del meraviglioso canale filosofico Just Wondering…