Per capire le guerre bisogna tornare indietro nel passato facendo dei salti tra vari cerchi temporali e ritrovare i nostri antenati. Ma prima di partire per questo viaggio bisogna staccarsi dalla realtà, seguendo un percorso di ambivalenza, contraddittorietà che Italo Calvino ci propone seguendo i suoi impulsi, ma anche come una macchina da presa che inquadra la società in cui sta vivendo.

Sono gli anni del dopoguerra e Calvino attraversa, con le sue esperienze esistenziali, la storia intellettuale di questo periodo che punta essenzialmente alla ricostruzione del Paese, ma anche all’analisi della cultura nazionale e internazionale  per capire i diversi aspetti della realtà circostante.

Un punto fermo e certo per fare un’analisi del prima e dopo è la Resistenza, che vuole mirare anche a recuperare una tradizione culturale e in questo periodo di euforia, di ottimismo, si scrive molto.

Ogni scrittura testimonia una storia privata da raccontare, che dalle colline scende verso la città per dare inizio al Neorealismo in netta contrapposizione con l’ermetismo delle due guerre. Una città come Torino sembra essere il centro in cui si può iniziare il confronto per proporre una nuova cultura: crocevia e polo di attrazione  per artisti, intellettuali poeti è rappresentato dalla Einaudi e qui Italo Calvino conosce Cesare Pavese e successivamente (leggendo il Politecnico) entra in contatto con Vittorini.

Il confronto politico all’interno della Einaudi con altri intellettuali non soddisfa Calvino che vorrebbe estraniarsi, ma non isolarsi dallo scenario politico, per vivere di scrittura fatta con immagini letterarie che più si avvicinavano al suo mondo espressivo. Parallelamente ai testi che mettono in evidenza l’attenzione alla società contemporanea, emergono testi di ambientazione fantastico-allegorica.

Nasce una trilogia di racconti che diventerà un tratto essenziale della scrittura di Italo Calvino con il titolo de I nostri antenati , ambientati in paesi immaginari tra la fine del Seicento per poi arrivare a ricadere all’età di Carlo Magno.

I romanzi che compongono la trilogia: Il visconte dimezzato, Il barone rampante, Il cavaliere inesistente possono essere rappresentati come un mare limpido in superficie, ma anche tutto quello che ti porta nelle profondità più oscure dove nuotano indisturbati diversi personaggi, figure umane di un mondo inesistente ma proprio per questo così  vicino alla nostra realtà.

Il visconte dimezzato meglio conosciuto come Medardo di Terralba, durante le guerre austro-russe viene diviso a metà da una palla di cannone che divide la sua parte buona da quella cattiva: la parte buona scomparirà (il bene) mentre la parte cattiva (il male) sopravvivrà seminando scenari distruttivi, facendo in modo di ricomporsi in un unico corpo alla fine del racconto.

Il barone rampante nelle vesti di Cosimo Piovasco di Rondò, che non volendo mangiare un piatto di lumache alzerà un muro di incomprensioni generazionali, fino a prendere la decisione drastica di salire su un albero per poi prendere una mongolfiera inglese che passava da quelle parti e scomparire in mare: luogo non precisato e dalla dubbia conoscenza geografica che ci precipita nei fondali oscuri di un altro mondo, forse ancora troppo inesplorato. Un rifiuto, una discussione che in quel momento possiamo visualizzare come una guerra tra generazioni, ma che per Calvino è uno spunto per tenere Cosimo al di fuori dalla realtà (prossima sarà la Rivoluzione Francese) pur seguendo tutta la vicenda della famiglia.

“Sempre sapendo che per essere con gli altri veramente, la sola via era essere separato dagli altri” . (Italo Calvino)

Il cavaliere inesistente, in un’armatura che cammina, prende le sembianza di Agilulfo, dentro uno scenario che richiama i poemi cavallereschi tanto cari ad Ariosto, ma allo stesso tempo anche nel dovere morale di esistere in altri personaggi per poi sparire alla fine, proprio perché non esiste.

La non- esistenza, porta a vivere guerre in scenari inesistenti che possono diventare realistici, se vissuti nelle sembianze di personaggi che incarnano l’umanità. Non tanto diversamente dal periodo storico che stiamo vivendo, che riproduce in chiave moderna quello che i nostri antenati cercano di farci capire forse da troppo tempo.

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