É notizia di questi giorni l’uscita sul mercato di un nuovo giocattolo Mattel, quello che viene definito in modo un pò sbrigativo il Ken sirenetto; praticamente una versione di Ken mezzo uomo mezzo pesce che ha spinto quasi tutti a parlare di giochi inclusivi, dai tratti fluidi che possano far avvicinare i giovanissimi ad un’idea di umanità e di generi un pò più varia e non così netta come sono stati abituati quelli della mia generazione, costretti già dalla tenera età ad utilizzare i colori per distinguersi: rosa (femminucce) e azzurro (maschietti). Ma su questa ultima trovata della Mattel c’è da fare un pò di chiarezza. Innanzitutto, la nascita di questo Ken sirenetto è il risultato di una votazione che l’azienda ha chiesto di esprimere ai suoi consumatori che hanno scelto tra diverse figure, tra le quali ha vinto quella di cui parliamo. Tornando al termine usato da molti giornali, sirenetto, non è del tutto esatto, i sireni non esistono, non esiste il maschio della sirena, esiste il Tritone, mezzo uomo e mezzo pesce, figura mitologica, Dio marino degli antichi greci, figlio di Poseidone e Anfitrite quindi in sintesi è una figura a sé. Tornando alla notizia, si è puntato a parlare di cosa rappresenti un giocattolo di questo tipo, che messaggio voglia dare e come possa esser recepito dai piccoli utilizzatori. 

Da un pò di tempo diverse case di produzioni di giocattoli hanno puntato su giochi diversi, che hanno sempre più rappresentato la realtà, e non solo figure legate ai soliti stereotipi; dalla disabilità alle varie etnie, passando per Barbie che ritraggono SAMANTHA CRISTOFORETTI o BEBE VIO, questi giocattoli permettono ai bambini di identificarsi con figure fino a poco tempo fa inesistenti nel loro immaginario e li educano a pensare che possono esser tutto ciò che desiderano e, come capita spesso alle bambine, di aspirare a ruoli, e non solo attendere il principe azzurro sul cavallo bianco. Tecnicamente parlando, il Ken tritone potrebbe esser preso solo come tale, quindi potremmo fermarci qui e non attribuirgli alcuna funzione educativa; ma è anche vero che guardandolo attentamente forse una visione allargata in tema di identità di genere può trasmetterla; si tratta di un Ken che ha tra i capelli dei fermagli color oro e rosa, conchiglie dello stesso colore sulle spalle e sul petto ed una pinna iridescente rosa… diciamo che se avessero voluto un Tritone al 100% avrebbero potuto sicuramente utilizzare altri ornamenti o colori, quindi alla fine dei conti, visivamente parlando, è sicuramente una figura piacevolmente fluida.

L’interesse delle aziende produttrici che vanno in questa direzione è negli ultimi anni sempre più forte, e nella ricerca per scrivere questo articolo mi son imbattuto in altri giocattoli che ho trovato ancor più interessanti, la cui linea si chiama CREATABLE WORLD; si tratta di bambole che si possono smontare, o meglio spogliare completamente, lasciando solo il corpo; i bambini stessi, montando e smontando capelli, abbigliamento e accessori, cambiano il genere della bambola di volta in volta.
Si potrebbe pensare che in questo modo, considerato che l’elemento di partenza sia un unico corpo, i bambini  siano costretti a scegliere comunque un genere ben definito, maschile o femminile, ma non è difficile immaginare che i bambini siano molto più avanti di noi adulti, e che nulla gli impedisca di attribuire un genere e al tempo stesso giocare con queste bambole dandogli identità e orientamenti più fluidi. Il nostro Ken tritone, o sirenetto, che dir si voglia, con i lineamenti delicati, i capelli raccolti e la pinna rosa, sembra più pronto per un PRIDE che per una traversata oceanica ma che ben venga; si allarga sempre più la forbice della varietà di giocattoli tra cui scegliere, giocattoli che possono concretamente educare all’inclusione i bambini di tutte le età.

Purtroppo la mia generazione, quella che oggi ha dei figli, è la stessa che invece è stata condizionata, educata in modo limitato con modelli legati a stereotipi di genere che ci siamo portati fino all’età adulta e oggi, anche involontariamente, trasferiamo alle nuove generazioni; bisogna sperare che questi giocattoli moderni arrivino ai bambini di oggi nonostante gli adulti di vecchio stampo, perché ancora troppo spesso vediamo distinzioni che ormai sanno di medioevo e fanno davvero rabbrividire, codici che sanno di prigione per la natura di quei bambini che non viene considerata e che dovranno adeguarsi

La rivoluzione però inizia dall’educazione, dagli esempi, e quando si è bambini non è necessario ricevere spiegazioni, quello che si vede lo si considera naturale, quello che si ha tra le mani si immagina sia una raffigurazione in piccolo di qualcosa di reale; un’educazione anche nei giochi, che trasmette dei messaggi e degli esempi inclusivi, permetterà di avere un giorno degli adulti che non si faranno domande, che non dovranno accettare i propri figli o le persone intorno a loro. Non sono l’unico a ricordare che da bambino avrei voluto la casa di Barbie, il Dolce Forno o chissà che altro, e non li ho avuti non perché i miei genitori non me li avrebbero comprati ma perché già sentivo sulla mia pelle il condizionamento sociale che mi impediva di esprimere quel desiderio; per fortuna molti di noi avevano una varietà di interessi e le alternative non erano mai una seconda scelta, ma mi chiedo “quel bambino che invece desiderava solo la BARBIE e solo quella?”. Saranno stati più soddisfatti gli adulti a regalare il giocattolo idoneo più che il bambino a riceverlo.

Le generazioni future saranno migliori di quelle precedenti, saranno abituate a considerare anche le sfumature, le aziende continueranno a produrre prodotti non riconducibili a generi così distinti come ancora oggi si vede; che sia per strategia commerciale o per buon senso poca importa, questo è uno è dei pochi casi in cui il fine giustifica i mezzi, se i mezzi passano attraverso un Ken sirenetto che si inizi presto a giocare, a capire e a crescere.

In tema con il messaggio di inclusione segnalo questo corto, il primo della Walt Disney, rivolto ai bambini, il cui protagonista è omosessuale.

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