Come previsto nel piano d’azione per l’agricoltura biologica dell’Unione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio dell’UE e la Commissione europea hanno avviato la prima giornata annuale dell’UE sulla produzione biologica il 23 settembre 2021. Quindi, da quest’anno e per ogni anno, la data del 23 settembre sarà dedicata all’organic farming.

Conosciamo tutti questa tendenza a istituire delle giornate dedicate a un tema specifico. Ormai è quasi una moda. A volte sono mondiali, altre volte europee o nazionali. L’utilità di tale prassi può non convincere i più, ma di sicuro ha una buona funzione divulgativa, di informazione e sensibilizzazione, perché spinge addetti ai lavori e giornalisti a parlare del tema celebrato e stimola i cittadini a interessarsene.

In attesa che il biologico possa essere rilanciato e sviluppato ulteriormente, magari anche grazie alla proposta di legge italiana ancora in attesa di approvazione in Parlamento, nonostante il largo consenso e pur a fronte delle numerose polemiche (ne abbiamo parlato qui), riprendiamo il discorso su questo modo di fare agricoltura.

Che cosa è l’agricoltura biologica?

Perché è importante? E a cosa serve? È interessante notare la forzatura compresa nel sintagma agricoltura biologica perché l’agricoltura è (o dovrebbe essere) naturalmente biologica. L’agricoltura è la trasformazione della natura, si basa sulla lavorazione e il miglioramento, finalizzato all’alimentazione e non solo, di processi naturali. Non ci dovrebbe essere bisogno di specificarlo. Ed è assurdo che essa sia una nicchia – un’eccezione – rispetto ad un’agricoltura che, evidentemente, non è biologica e che non si basa – se non in misura minoritaria – su processi biologici. Ossia l’agricoltura industriale e intensiva.

Perché il biologico è l’eccezione?

Perché si è verificato invece il processo contrario, per cui il biologico è l’eccezione e non la regola? Perché oggi – e ormai da un po’ – l’agricoltura è prevalentemente industriale. Si basa su processi meccanici, è arricchita da prodotti artificiali, ottenuti con la chimica di sintesi, si discosta, quindi, da quel processo di lavorazione che utilizza le leggi della natura (esemplificando: pianto un seme, cresce un albero, mi dà i frutti, pianto nuovamente i semi di quei frutti e così via) per produrre beni per gli animali e per l’uomo. Ecco perché oggi c’è bisogno di differenziare i due tipi di agricoltura.

I costi occulti dell’agricoltura industriale

Ed ecco perché i prodotti da agricoltura biologica costano di più. Non perché chi li commercia è un furbone esperto di marketing e di pubblicità, ma perché i processi produttivi dell’agricoltura industriale hanno rese più alte e costi minori. Ma con uno scotto da pagare: maggiori costi occulti; inquinamento della natura; perdita della biodiversità; incremento di alcuni rischi per la salute; standardizzazione dei cibi e dei sapori. A fronte di ciò, inevitabilmente, si è sviluppato un mercato alternativo, che chiede prodotti diversi. E poiché questi ultimi – per meccanismi prevalentemente economici – risultano di nicchia e dato che richiedono una lavorazione più complessa e hanno costi (di produzione e burocratici) più alti, finiscono anche per avere prezzi più alti.

Eppure l’agricoltura biologica è importante perché più rispettosa dell’ambiente, del clima, della biodiversità e del benessere degli animali, più vicina alle produzioni tradizionali, più salutare sia nel momento della produzione (meno o nessuna sostanza inquinante utilizzata) sia in quello del consumo (meno sostanze nocive residue negli alimenti).

Biologico per tutti

Per queste ragioni va incentivata, va supportata dalla regolazione pubblica, va difesa dai suoi detrattori. Che è quello che è accaduto in Germania, ormai già dal lontano 2001. In quell’anno, il Ministero dell’agricoltura del governo tedesco allora in carica promosse – con lo slogan Biologico per tuttiuna campagna di incentivi pubblici per sostenere un tipo di produzione agricola naturale e sostenibile, così che questa uscisse dalla nicchia in cui era stata relegata. In seguito, il governo tedesco fissò l’obiettivo che, entro il 2010, il 20 per cento dei terreni agricoli del paese sarebbe stato coltivato biologicamente. Il Ministero si avvalse di politiche pubbliche, tramite incentivi, piani e programmi, introduzione di nuove regole e di divieti, attuazione di ispezioni e controlli. Ad esempio, avviò un programma di sviluppo, introducendo il marchio bio obbligatorio e finanziando una campagna d’immagine costata milioni. L’intervento di regolazione, quindi, era molto invasivo nei confronti degli operatori privati. Tuttavia, l’iniziativa governativa si è rivelata molto positiva. Infatti, come riporta Der Spiegel, in poco tempo i prodotti bio sono usciti dalla nicchia:

“il settore si è dato strutture professionali: i produttori hanno creato associazioni, hanno aperto nuovi canali di vendita, hanno introdotto nuove modalità di gestione e strategie di marketing. Nelle città tedesche sono spuntati come funghi catene di negozi e supermercati biologici. Alcune catene della grande distribuzione hanno creato proprie linee di prodotti biologici. A un certo punto hanno cominciato a venderli perfino i discount”.

L’articolo è stato tradotto in Italiano con il titolo Il biologico tradito, in Internazionale, 5 dicembre 2014, p. 46 ss.

Si torna quindi a un tema centrale di questo blog: l’importanza dell’intervento pubblico nell’economia, segnatamente nel settore agroalimentare. Tale intervento non deve limitarsi a vietare, punire e informare, ma deve anche incentivare, indirizzare e a volte anche dirigere le scelte economiche. E il caso del biologico – oggi – è ancor più emblematico, perché all’interno delle politiche che compongono il Green New Deal, che riguardano anche l’agro-alimentare, si promuove in modo significativo il ruolo di istituzioni pubbliche che indirizzino le scelte e le attività economiche verso obiettivi più ambiziosi e con effetti benefici per la società tutta (come la tutela dell’ambiente, il rispetto della biodiversità, la riduzione di emissione climalterante).

Questo approccio, oltre ad appartenere di diritto all’agricoltura biologica, è anche coerente con la legge fondamentale del nostro ordinamento, giacché promuove quei fini sociali di cui all’art. 41 della Costituzione: “la legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

E se è vero che le giornate mondiali o europee sono importanti per la funzione divulgativa che svolgono, prepariamoci a vivere quella del prossimo 16 ottobre, dedicata all’alimentazione.

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