(English translation below)
È il punto zero del viaggio. Al cospetto di queste tele, il viaggiatore avverte il suo opposto: la natura morta, la vita immobile (still life), tutto ciò che contraddice il travaglio del traveller, quel peregrinare in costante movimento.

Anziché paesaggi, aria aperta, incontri, voci, folle, lo specchio della natura morta rovescia tutto in una piccola rappresentazione di poche cose cristallizzate. La luce è fissa, magica. Il mondo è pervaso dal silenzio assoluto, non si muove una foglia.

Alter ego del nomadismo, la natura morta è più di un genere pittorico che con la sua quietudine inquieta l’anima irrequieta, è soprattutto il rovesciamento del ritmo del viaggiatore nella stasi, la sfida a tutto ciò che con la sua ansia il pellegrino cerca nel mondo, il suo specchio finale.

È il punto di partenza, o il ritorno. Così, viaggio e natura morta sono il calco l’uno dell’altra, parenti stretti in quanto figli della stessa madre: il rifiuto della vanità e l’accettazione della precarietà, due antidoti alla vanità, due strade della melanconia e del suo superamento. 

Disciplina spesso relegata a un genere secondario, questo fissare l’oggetto in una sua algida esistenza che ha del metafisico ha invece impegnato innumerevoli grandi maestri. Dagli affreschi di Pompei al barocco, da Matisse a van Gogh, da Morandi (un Beckett della natura morta) a De Chirico (uno che dipingeva città fermate nel tempo, nello spazio, metafisiche appunto, e animate nello sfondo dal  contrappasso di un segno di treno, di nave, del viaggio).

Le nature morte raffigurano cose,
ma ospitano pensieri

Tutto questo rivive nella grande mostra del Louvre in scena fino al 23 gennaio 2023 – Les choses, che oltre a presentare una lunga sequenza di nature morte, cerca di spiegare il mistero di questi quadri enigmatici e ipnotici, quintessenza, appunto, delle cose, degli oggetti, ovvero di ciò che spesso ci sopravvive e ci tramanda.

Figlia della solita e nobile ambizione francese per una visione enciclopedica, la mostra si perde un po’ nel suo percorso, confonde e si confonde (e il catalogo, inevitabilmente, ne è riflesso), ma ha comunque il merito di investigare lo sguardo fisso sulle cose fisse, in un lungo viaggio per secoli e per continenti, da Pompei e Plinio il Vecchio fino all’esplosione finale degli oggetti del consumismo in Zabriskie Point di Antonioni. 

Anche in quel film, la storia di un viaggio approda a quella contemplazione dinamica e al suono dei Pink Floyd, ma pur sempre di oggetti inanimati. Si resta fermi, sul ciglio della strada come la protagonista del film, al cospetto delle cose di tutti i giorni. Natura morta è infatti la fotografia con lavatrice di Camilla Del Vecchio, i contenitori di plastica di Mariano Chelo che li ricicla non nella differenziata, ma in nature morte alla Morandi del XXI secolo. 

Sono tutte opere che ospitano soltanto pensieri, distillati da una mistica contemplativa, in cui il realismo sconfina nella sublime astrazione, dove ciò che è dato per morto appare vivo con una presenza come definitiva, ciò che oscuro diventa chiaro.

È davvero l’ideale del viaggiatore, sempre alla ricerca di luoghi che siano soltanto se stessi e niente di più, sempre alla ricerca di ciò che non finisce, perché le cose appaiono finalmente sotto una luce indiscutibile, che trasforma lo sguardo sulla vita ordinaria in  uno sguardo al di fuori del tempo, sub specie aeternitatis.

ENGLISH VERSION

The exhibition “Things” at the Louvre
and the landing of silent immobility:
until 23 January

When the traveller stops in front of the still life he rests his gaze on fixed things. The Louvre exhibition intends to investigate the mystery of these enigmatic and hypnotic paintings.

It is the zero point of the journey. In the presence of these paintings, the traveller faces his opposite: the “still life”, the natura morta (dead nature), everything that contradicts the traveller’s “troubles”, that wandering in constant movement. Instead of landscapes, open air, encounters, voices, and crowds, the still-life mirror overturns everything in a small representation of a few crystallized objects. The light is fixed, magical. The world is pervaded by absolute silence, not a leaf moves.

Alter ego of nomadism, still-life is more than a pictorial genre that with its restless calmness disturbs the restless soul, it is above all the reversal of the traveller’s rhythm in stasis, the challenge to everything that with his anxiety the pilgrim seeks in the world, its final mirror. It is the starting point, or the return. Thus, travel and still-life mirror each other and are close relatives as children of the same mother: the rejection of vanity and the acceptance of precariousness, two antidotes to vanity, two paths of Melancholy and its overcoming.

A kind of painting often relegated to a less important kind, the very watching an object in its icy existence of a metaphysical nature has instead engaged countless great masters. From the frescoes of Pompeii to the Baroque, from Matisse and van Gogh, from Morandi (a Beckett of the still life) to De Chirico (one who painted cities “stopped” in time in space, metaphysical in fact, and animated in the background by the appearance of a sign by train, by ship, by travel). The great Louvre exhibition on stage until 23 January 2023 – Les choses,  is about all this. In addition to presenting a long sequence of still lifes, the show tries to explain the mystery of these enigmatic and hypnotic paintings, the quintessence of “things”, of objects, which often survive us and handed down to us. 

Based on the usual and noble French ambition for an encyclopedic vision, the exhibition gets a bit lost in its path and confused (and the catalogue, inevitably, is a reflection of it). Still, it has the merit of investigating the “gaze” fixed on fixed things, in a long journey for centuries and continents, from Pompeii and Pliny the Elder to the final explosion of objects of consumerism in Antonioni’s Zabriskie Point.

Even in that film, a journey ends at that dynamic contemplation of inanimate objects – with the sound of Pink Floyd music. We remain still, on the side of the road as the protagonist of the movie, in the presence of everyday “things”. “Natura morta” is in fact the photograph with washing machine by Camilla Del Vecchio, the plastic containers by Mariano Chelo who recycles them not in the recycling, but in Morandi-style still lifes of the 21st century.

They are all works that house only thoughts, distilled by a contemplative mysticism, in which realism borders with sublime abstraction, where what is given up for dead appears alive with a definitive and conclusive presence, what is obscure becomes clear. This is the ideal of the traveller, who is always looking for places that are only themselves and nothing more, who is always looking for what does not end because things finally appear in an indisputable light, which transforms the gaze on ordinary life into a look outside of time, sub specie aeternitatis.

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