Le parole giuste: i media e la salute mentale. Video intervista con Maruska Albertazzi
Video intervista con Maruska Albertazzi. Le parole e le immagini sui media cercano spesso l'effetto a scapito del rispetto della persona.
Video intervista con Maruska Albertazzi. Le parole e le immagini sui media cercano spesso l'effetto a scapito del rispetto della persona.
Cosa c’è che non va nel modo in cui i media raccontano i temi legati alla salute mentale? Più o meno tutto secondo Maruska Albertazzi, che conosce bene questa realtà, così come quella delle persone neurodivergenti (che non sono malate, anche se in tanti non lo hanno ancora capito) e di quelle affette da disturbi del comportamento alimentare, a cui ha dedicato un documentario.
Le parole e le immagini che vengono usate per descrivere una condizione mentale, spiega, troppo spesso vanno a caccia dell’effetto, del dramma, di ciò che stuzzica la curiosità morbosa del pubblico, anche a scapito della precisione e del rispetto della persona. Oppure si sbaglia per ignoranza, per la fretta con cui si scrive senza prima informarsi sull’argomento.
Così ad esempio la persona malata di anoressia diventa tout court anoressica, come se la sua identità coincidesse con la malattia; o viceversa la persona autistica viene definita affetta da autismo, come se si trattasse di una patologia e non di una caratteristica specifica e permanente del suo cervello. Così, di parola sbagliata in parola sbagliata, si consolida il pregiudizio negativo o, quanto meno, una percezione distorta della realtà.
Eppure non è difficile capire quali sono le parole giuste:
“è sufficiente andarsi ad informare”,
conclude la nostra blogger, un compito che può non essere obbligatorio per l’utente medio ma certo lo è per i professionisti della comunicazione in qualsiasi forma, anche se le condizioni del mercato del lavoro pongono ostacoli e spingono a compromessi. Essere sempre consapevoli e responsabili di ciò che si comunica, questo è il primo passo verso una comunicazione inclusiva.