Quante volte ci siamo rifugiati nel verde per ritrovare un po’ di equilibrio e di serenità o, semplicemente, per cercare un po’ di benessere e di pace? Passeggiare nel verde, stare a contatto con alberi, piante e fiori fa senz’altro bene alla nostra salute, ma le proprietà terapeutiche che il mondo vegetale è in grado di offrirci sono molto più numerose di quello che pensiamo.

Ce lo spiega molto bene lo scienziato e noto botanico Stefano Mancuso, docente all’Università di Firenze, fondatore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), nei suoi numerosi saggi. Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale, scritto insieme ad Alessandra Viola, per citarne uno.

Sensibilità e intelligenza: attributi che possiamo pensare riferibili agli esseri umani, i più arditi li pensano riferibili anche al mondo animale, ma le piante? Lo chiediamo al dott. Gaspare Armato, psicologo, psicoterapeuta cognitivista che lavora anche nell’ambito della Psicologia Ambientale e futuro esperto facilitatore in Medicina Forestale presso A.I.Me.F (Associazione Italiana di Medicina Forestale), impegnato a ridisegnare l’idea curativa che la natura e gli ambienti indoor hanno se vissuti in modalità interattiva attraverso lo scambio consapevole tra l’essere umano e i suoi stessi habitat.

Siamo tra Palermo e Montevago, nella Valle del Belice, percorso sul quale viaggia idealmente il suo progetto, scaturito dal master universitario in Futuro Vegetale condotto proprio da Stefano Mancuso, che, insieme allo psichiatra Gianni Liotti, fondatore della Psicoterapia Cognitivo-Evoluzionista, rappresentano i pilastri fondamentali della sua formazione.

Dottor Gaspare Armato, è davvero possibile pensare al mondo vegetale come dotato di sensibilità e intelligenza?
Non solo è possibile, ritengo sia doveroso aprire ad una maggiore divulgazione su questi temi, i temi di ricerca di una nuova disciplina fondata nel 2005 dallo scienziato Stefano Mancuso ovvero la Neurobiologia Vegetale. Aver scoperto che le piante comunicano fra di loro attraverso le radici e attraverso molecole volatili organiche, i famosi B-VOC, (composti organici volatili di origine biogenica) è stata una scoperta che ha aperto un mondo in termini di ricerca scientifica su quella che è il 97,5% della biomassa sul pianeta.

Il fatto che le piante siano sessili, ovvero ‘radicate’, le ha necessariamente condotte a trovare strategie per la sopravvivenza particolarmente raffinate ed articolate. Basterebbe prendere ad esempio il modo straordinariamente sensibile di intercettare i nutrienti nel sottosuolo, o l’acqua, con un grande apparato di apici radicali, che funzionano come dei sensori che esplorano il sottosuolo, in grado di intercettare i nutrienti a distanze significative.

La modalità con cui questo avviene stupisce e desta meraviglia in noi esseri umani e credo possa già farci comprendere la portata di una diversa declinazione di concetti quali sopravvivenza, adattamento, intelligenza. In quest’ottica, a mio avviso, l’umanità avrà fatto un passo significativo verso una sua evoluzione il giorno in cui sarà in grado, in modo ampio e diffuso, di riconoscere alle piante gli attributi di intelligenza e sensibilità.

Sappiamo che le piante ci fanno bene, ma perché accade questo?
Sono diversi gli aspetti salutogenici derivanti dal nostro rapporto con le piante. Come amano ripetere i miei colleghi di A.I.ME.F. (Associazione Italiana di Medicina Forestale), il nostro è ancora un DNA forestale. Homo Sapiens ha 300.000 anni e per 298.000 anni ha vissuto immerso nelle foreste e negli ambienti naturali. I nostri recettori si sono co-evoluti con i B-VOC, con le molecole ed i composti organici volatili prodotti dalle piante e dagli alberi e c’è una corrispondenza perfetta tra molecole volatili e recettori.

Noi in un bosco assorbiamo i B-VOC o terpeni emanati dagli alberi attraverso la respirazione ma anche attraverso il contatto con gli alberi; i nostri processi psicofisiologici, immunitari, neuroendocrini e cardiovascolari, in un’esperienza di immersione forestale, ad esempio, si regolarizzano aumentando il loro potere protettivo a favore dell’essere umano.

Anche la semplice vista delle piante, degli alberi, di paesaggi naturali, specie se hanno caratteristiche di leggibilità, coerenza, complessità e fascinazione, attiva il sistema parasimpatico, rigenerando la funzione cognitiva dell’attenzione, disinnescando processi infiammatori, i quali sappiamo che rappresentano tra i principali pericoli per la salute umana, specie se persistenti e prolungati nel tempo.

Ci possiamo spingere sino a pensare che abbiano delle valenze terapeutiche al di là del loro impiego come integratori della nostra alimentazione? O del loro impiego come dei veri e propri farmaci?
Vista la vasta letteratura scientifica internazionale, dico di sì. E’ la fruizione attraverso i 5 sensi del contatto con le piante, con gli alberi e con gli ambienti naturali, che ne esalta la funzione curativa. In sostanza le immersioni forestali, o le esplorazioni in ambienti naturali specie se ricchi di biodiverstà e paesaggisticamente rigenerativi, attivano il sistema parasimpatico e contribuiscono ad abbassare l’arousal, che coinvolge il sistema nervoso centrale, periferico e vegetativo. 

Che cosa possono insegnare agli esseri umani che siano pronti ad accogliere il loro messaggio?
La conoscenza approfondita ed aggiornata dei funzionamenti delle piante, della loro neurobiologia ma anche dei funzionamenti sistemici ed ecologici che li riguardano, ci può insegnare cosa voglia dire realmente la ‘complessità’ e questo non è di poco conto, visto che siamo cresciuti e viviamo in un mondo dove impera il riduzionismo ed il determinismo. Le modalità di problem solving delle piante sono diverse dalle nostre, direi che in quanto processi cognitivi, come dice il professor Mancuso, sono di gran lunga più affinati ed articolati dei nostri. Le piante sono evoluzionisticamente molto più antiche di noi ed è come se avessero sviluppato un sapere molto potente, sono degli organismi empowered.

Io mi definisco uno psicoterapeuta che lavora sull’ecologia del Sé (un terapeuta ecologicamente orientato). Mai come oggi abbiamo bisogno di avere chiare le nostre umane priorità ed anche la psicoterapia, per quanto possa cercare di essere asettica, trasmette le inclinazioni, umane e culturali, del terapeuta. Supervisioni e monitoraggi del terapeuta servono a contenerne l’amplificazione, in una circolarità che fa parte del processo terapeutico. 

Nel nostro lavoro di cura in psicoterapia ci concentriamo certamente sulla rappresentazione delle relazioni umane delle persone che curiamo, ma non andrebbe trascurata anche la rappresentazione delle relazioni degli esseri umani con l’ambiente, con gli spazi, coi contesti, e non li sto trattando come sinonimi ma come risorse ineludibili della condizione di salute psicofisica degli esseri umani.

I fatti mentali avvengono in luoghi, spazi e ambienti, maturare la consapevolezza degli esiti di questa interazione/rapporto/relazione, aiuterà le persone a vivere una vita con maggiore equilibrio e sostenibilità. Del resto, oggi, abbiamo bisogno tutti di costruire e vivere dimensioni psicologiche maggiormente orientate all’ecologia delle relazioni con ‘Sé’, con gli altri e con la realtà.

Sappiamo tutti quanto sia importante investire enormemente sulla costruzione di una cultura pro-ambientale. Mens sana, corpore sano in ambiens sano. Diversi dati scientifici ci dicono che non solo gli ambienti inquinati sono dannosi per la salute umana ma persino gli ambienti alterati lo sono, non possiamo più trascurare queste acquisizioni. Viviamo l’era dell’Antropocene, il nostro impatto sul pianeta potrà danneggiare prima di tutti noi stessi.

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