(English translation below)
I disturbi mentali possono sfociare in tentazioni suicide che talvolta, purtroppo, non si fermano all’intenzione e diventano realtà. Non è la trama di un film né la storia di un romanzo, bensì il frutto degli studi condotti dalle diverse branche europee di EURACTIV del Sudest europeo sulle condizioni mentali dei giovani dai quali emergono importanti elementi. Primo tra tutti l’aumento dei casi nell’ultimo decennio nella fascia tra i 15 e i 29 anni, in particolare nell’ultimo biennio.

La tutela della salute mentale giovanile: paesi diversi, problemi comuni

Assistenza alla salute mentale gratuita sì ma viziata da mancanza di risorse, lunghe attese per un appuntamento medico (che in oltre il 30% dei casi arrivano fino a 6 mesi) carenza di strutture e di personale specializzato sono tra i principali problemi che accomunano i paesi nella gestione di cui soffre il settore in Europa. A cui si aggiunge un’impennata dei problemi mentali e suicidi tra i giovani.

Il suicidio costituisce la seconda causa di morte nella fascia di età compresa tra i 15 e i 24 anni e l’autolesionismo colpisce nel continente circa 1 adolescente su 5.

In Spagna la branca nazionale di Save the Children, ONG che da oltre 100 anni difende i diritti dei minori, indica che nel paese i casi di disagi mentali sono triplicati nel periodo di diffusione della pandemia di SARS COVID-19. E che nel 3% dei casi sono sfociati in idee suicidiarie. Il tema ha scatenato un serio dibattito pubblico nel paese iberico che ha spinto il governo ad approvare 100 milioni di euro per una nuova strategia di salute mentale che include una hotline dedicata proprio alla prevenzione del suicidio.

In Croazia dove seppure le principali vittime di suicidi siano gli over 65 (che rappresentano circa il 40% del totale), nel 2020 quelli nella fascia di età 15-25 sono cresciuti del 57,1% , il  paese ha promosso servizi telefonici e di consulenza online sui siti web governativi, che hanno avuto successo in particolare tra gli adolescenti.

In Bulgaria la situazione è ancora più preoccupante. Sebbene nel complesso il numero medio di suicidi sia diminuito dal 2013, la stragrande maggioranza dei casi (il 70% su circa 500 persone all’anno)  sono giovani. Qui, a differenza che negli altri due paesi europei, il governo non ha predisposto alcun supporto, esiste solo una hotline gestita dalla Croce Rossa bulgara.

Uno scenario simile in Polonia dove oltre alla domanda di cure psichiatriche, insoddisfatta dalla scarsità di professionisti, crescono i sucidi tra bambini e giovani. Durante il primo anno della pandemia una parte del budget statale è stata indirizzata al trattamento della salute mentale e poi l’anno seguente altri fondi sono stati destinati nello specifico a quella dei giovani, ma ancora non distribuiti. A questo si aggiunge la presenza di linee telefoniche dedicate alla prevenzione dei suicidi finanziate per lo più da donatori privati e un’assistenza sanitaria mentale gratuita ma difficilmente accessibile che rende le strutture private, a pagamento, l’unica alternativa disponibile.

In Romania dati riportati dall’Associazione Happy Minds mostrano che le chiamate dei giovani con tendenze suicide sono aumentate dal 2% prima della pandemia al 16% di oggi. Anche qui, i servizi di salute mentale pubblici sono limitati e inefficaci: tra i servizi proposti una linea di assistenza anti-ansia e una telefonica antisuicidio aperte solo nei fine settimana. Altre iniziative sono rimesse alla buona volontà  di alcune organizzazioni di volontariato, alcune delle quali svolgono un’importante quanto difficile opera di sensibilizzazione.

In Slovacchia il numero di suicidi denunciati nel 2020 è stato il più basso mai registrato, probabilmente grazie alle misure adottate dal governo. Nel febbraio dello scorso anno il governo ha infatti istituito un Comitato per la salute mentale, che si affianca a un sistema di linee telefoniche statali e private, chat di testo con gli specialisti e videochiamate con cui si è venuto incontro all’aumento delle richieste di aiuto, soprattutto da parte dei giovani. Ma anche in questo paese la possibilità di usufruire di cure gratuite è limitato dalle lunghe liste di attesa e dallo stigma nei confronti di chi è affetto da disturbi mentali.

Nella vicina Slovenia nel 2020 è stato osservato un aumento di suicidi nella fascia di età tra i 15 e i 24 anni. Sin dai primi giorni della pandemia, la segnalazione da parte dei reparti psichiatrici dell’ aumento dei ricoveri ha dato il via a una campagna governativa e alla predisposizione di quattro linee di assistenza per problemi di salute mentale e prevenzione del suicidio che non compensano la carenza di posti letto e personale qualificato.

La situazione dei suicidi in Italia: tra vecchi problemi ed esempi virtuosi

Nel nostro paese non va meglio anche se alle soliti questioni irrisolte, si affianca qualche buona iniziativa. L’Italia non aggiorna i dati sui suicidi dal 2017, e nel 2019 le autorità sanitarie pubbliche hanno annunciato la creazione di un Osservatorio sui suicidi e sui tentativi di suicidio, ad oggi non ancora funzionante. Deludente inoltre il no del governo alla proposta di modifica del bilancio per introdurre un bonus psicologico così come la mancata distribuzione dei circa 10 milioni di euro stanziati nel maggio 2021 stanziati per le categorie più vulnerabili, compresi i minori.

 Pur con un regime gratuito di assistenza mentale, circa il 5% dei professionisti lavora in strutture pubbliche, il costo delle cure private, per alcuni pazienti è insostenibile, tali da costringerli a un’interruzione delle stesse, mentre altri, sempre per ragioni economiche, hanno deciso di rinunciare a intraprendere un percorso terapeutico. Inoltre, i dati raccolti dall’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma indicano che il numero dei ricoveri per suicidio e autolesionismo è raddoppiato nella fascia di età 15-24 anni durante la pandemia.

Dato l’aumento delle richieste di aiuto e degli episodi di autolesionismo e comportamento suicidario dei giovani l’ospedale romano ha predisposto un servizio di assistenza in materia di autolesionismo e prevenzione del suicidio in età evolutiva in collaborazione con alcune ASL del Lazio. Nell’ultimo biennio le consulenze specialistiche sono continuamente aumentate come le ospedalizzazioni sia per tentativi suicidio che atti di autolesionismo.

Una risposta al sovraccarico dei servizi d’urgenza, dei reparti di neuropsichiatria e alle difficoltà delle famiglie offerta tramite un percorso clinico di alta assistenza per l’autolesionismo e la prevenzione del suicidio in età evolutiva.

Nonostante le difficoltà e le inefficienze di cui è vittima tra gli altri anche l’Italia, possiamo andar fieri di quest’iniziativa. Un punto di riferimento per pazienti e famiglie e un percorso di accompagnamento quanto mai necessario. Che sia da esempio per altri paesi e a sfatare il mito, anche nel nostro, che la sanità pubblica non sa e non può dare il buon esempio.

E per reagire con un approccio positivo e costruttivo a questo dramma, possono essere d’aiuto due libri: il primo, L’enigma del suicidio in adolescenza, a cura di Annie Birraux e Didier Lauru, indaga sul suicidio in età giovanile con l’auspicio di comprendere. Perché questo atto? Quale tipo di sofferenza rivela? Attraverso vari percorsi psicopatologici l’autore tenta di risalire alle origini di questo desiderio di morte. L’altro è Il suicidio. Non ci siamo mai detti addio. Lo strazio di chi resta, di Arnaldo Pangrazzi, un testo che affronta il dramma di chi resta, perché quando si compie una scelta così drammatica e definitiva si trascina con sé un po’ della vita dei propri cari, che rimangono a convivere con troppi quesiti irrisolti.

ENGLISH VERSION

The broken lives of young Europeans: data on juvenile suicides and two books to try to understand

The data relating to the suicide rate among young people on our continent is worrying. The pandemic has exacerbated the phenomenon and national authorities, grappling with similar problems, are unable to offer an adequate response.

Psychological disorders can lead to suicidal temptations that sometimes, unfortunately, do not stop at the intention and become reality. It is not the plot of a film or the story of a novel, but the result of studies conducted by the various European branches of EURACTIV in South and Southeastern Europe on the mental conditions of young people from which important elements emerge. First of all, the increase in cases in the last decade in the range between 15 and 29 years, especially in the last two years.

Youth mental health protection: different countries, common problems

Free mental health assistance yes but tainted by lack of resources, long waits for a medical appointment (which, in more than 30% of cases, reach up to 6 months) lack of facilities and specialized personnel are among the main problems shared by countries in the management of the sector in Europe. To which is added a spike in mental problems and suicides among young people.
Suicide is the second leading cause of death in the age group between 15 and 24 and self-harm affects about 1 in 5 adolescents on the continent.


In Spain, the national branch of Save the Children, an NGO that has defended children’s rights for over 100 years, indicates that cases of mental illness in the country have tripled in the period of spread of the SARS COVID-19 pandemic. And that in 3% of cases resulted in suicidal ideas. The issue sparked a serious public debate in the Iberian country that prompted the government to approve 100 million euros for a new mental health strategy that includes a hotline dedicated to suicide prevention.


In Croatia, where although the main victims of suicides are the over 65s (representing about 40% of the total), in 2020 those in the 15-25 age group grew by 57.1%, the country has promoted telephone and online counseling on government websites, which have been particularly successful among teenagers.

In Bulgaria, the situation is even more worrying. Although overall the average number of suicides has decreased since 2013, the vast majority of cases (70% out of around 500 people per year) are young. Here, unlike in the other two European countries, the government has not prepared any support, guaranteed only by a hotline run by the Bulgarian Red Cross.

A similar scenario in Poland where, in addition to the demand for psychiatric care, unsatisfied by the scarcity of professionals, the deaths among children and young people are growing. During the first year of the pandemic, part of the state budget was earmarked for mental health treatment and then the following year other funds were specifically earmarked for that of young people, but not yet distributed. Added to this is the presence of telephone lines dedicated to suicide prevention financed mostly by private donors and free but difficult to access mental health care that makes private, paid facilities the only available alternative.

In Romania, data reported by the Happy Minds Association shows that calls from suicidal youths have increased from 2% before the pandemic to 16% today. Here, too, public mental health services are limited and ineffective: among the services offered an anti-anxiety helpline and an anti-suicide telephone line open only on weekends. Other initiatives are left to the goodwill of some voluntary organizations, some of which carry out an important and difficult work of raising awareness.

In Slovakia, the number of suicides reported in 2020 was the lowest ever recorded, probably thanks to the measures taken by the government. In February last year, the government established a Mental Health Committee, which works alongside a system of telephone lines state and private, text chats with specialists, and video calls with which the increase in requests for help has been met, especially from young people. But even in this country, the possibility of free treatment is limited by long waiting lists and the stigma towards those with mental disorders.

In neighboring Slovenia, an increase in suicides was observed in the 15-24 age group in 2020. Since the early days of the pandemic, psychiatric wards’ reporting of increased hospitalizations has sparked a government campaign and four lines of help for mental health problems and suicide prevention that do not compensate for the lack of beds and qualified personnel.

The defense of mental health in Italy: between old problems and virtuous examples

In our country, it is no better even if the usual unresolved issues are accompanied by some good initiatives. Italy has not updated the data on suicides since 2017 and in 2019 the public health authorities announced the creation of an Observatory on suicides and suicide attempts, which is not yet functional.
The government’s “no” to the budget modification proposal to introduce a “psychological bonus” is also disappointing, as is the failure to distribute the approximately 10 million euros allocated in May 2021 allocated to the most vulnerable categories, including minors.
Even with a free mental assistance regime, about 5% of professionals work in public facilities, the cost of private care is unsustainable for some patients, such as to force them to interrupt them, while others, again for economic reasons, have decided to give up on a therapeutic path. Furthermore, data collected by the Bambino Gesù Children’s Hospital in Rome indicate that the number of hospitalizations for suicide and self-harm doubled in the 15-24 age group during the pandemic.


Given the increase in requests for help and episodes of self-harm and suicidal behavior of young people, the Roman hospital has set up an assistance service in the field of self-harm and prevention of suicide in childhood in collaboration with some ASLs of Lazio. In the last two years, specialist consultations have continually increased as well as hospitalizations for both suicide attempts and acts of self-harm. A response to the overload of emergency services, of the departments of Neuropsychiatry and the difficulties of families offered through a clinical course of high assistance for self-harm and the prevention of suicide in developmental age.

Despite the difficulties and inefficiencies of which Italy is a victim, among others, we can be proud of this initiative. A point of reference for patients and families and a very necessary accompaniment path. May it be an example for other countries and dispel the myth, even in ours, that public health does not know and cannot set a good example.

And to react with a positive and constructive approach to this drama, two books can help: the first, The Enigma of Suicide in Adolescence, edited by Annie Birraux and Didier Lauru, investigates suicide at a young age with the hope of comprehending. Why this act? What kind of suffering does it reveal? Through various psychopathological paths, the authors try to trace the origins of this death wish. The other is Suicide. We never said goodbye. The agony of those who remain, by Arnaldo Pangrazzi, is a text that addresses the drama of those who remain, because when you make such a dramatic and definitive choice, you take with you a little of the life of your loved ones, who remain living with too many unresolved questions.

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